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Allestimento per caridine Davidi

Allestimento per caridine Davidi

Capita spesso di avere a disposizione una piccola vasca (dai 20 ai 40 L) e ci chiediamo cosa poter mettere all’interno.
Una buona scelta può essere utilizzarlo per ospitare delle caridine, con questo articolo, mi piacerebbe indicare quelle che secondo me sono le principali linee guida per Allestimento per caridine Davidi.

Anche se caratterizzate da dimensioni ridotte questi simpatici animaletti possono comunque dare delle belle soddisfazioni, pur essendo caratterizzate da una gestione relativamente semplice.

 

Allestimento

Partiamo con ordine… cosa ci serve per poterle ospitare.

per l’ Allestimento per caridine Davidi sono sicuramente da prediligere VASCHE RETTANGOLARI in quanto a questi animaletti piace più zampettare piuttosto che nuotare in giro. Come dimensioni si legge di tutto da pochi litri a grandi vasche, mi concentrerò sul limite inferiore della dimensione, che secondo la mia opinione, non dovrebbe scendere sotto i 20 L netti. Personalmente sconsiglio di andare sotto tale volume per l’impatto sempre maggiori che l’evaporazione può avere sui valori e per il fatto che vasche molto piccole mal sopportano eventuali errori di gestione.

Altra questione che su cui possiamo trovare pareri molto discordanti è la questione FILTRO. Personalmente non sono amante dei filtri ad aria (specialmente quando non sono accompagnati da un supporto biologico). Rimarrei su un piccolo filtro interno (in genere sono di piccole dimensioni ed eventualmente angolari per recuperare spazio) o un filtro a zainetto in cui non devono mancare i canolicchi. Date le esigue dimensioni di tali filtri i mini-Siphorax della Sera sono un supporto consigliato. In entrambi i casi l’aspirazione deve essere schermata (si può usare una calza di nylon per esempio).

Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi

Passando ora all’allestimento non sono necessarie cose particolari. possiamo impiegare un qualsiasi FONDO INERTE possibilmente di colori scuri (fanno risaltare i colori della livrea e riflettono meno la luce) possibilmente di granulometria medio piccola (1-5 mm). Come arredo vanno bene sia legni che rocce (purchè inerti, come ad esempio le Dargonstone). Si sconsiglia l’uso di fondi fertili, in quanto le caridine potrebbero essere sensibili ad essi.

Allestimento per caridine Davidi

Nell’ Allestimento per caridine Davidi anche per le PIANTE la scelta è estremamente ampia (valutatele in base al tipo di luce che avete a disposizione) e può quindi adattarsi a nostro gusto, ma ci sono alcune “regole” che sarebbe meglio seguire:

  • Devono essere estremamente abbondanti i MUSCHI. Essi infatti sono estremamente importanti per le caridine: gli esemplari adulti passano moltissimo tempo a “spulciarli” per potersi cibare di micro-alghe e le baby invece lo sfruttano anche come nascondiglio.Ci si può sbizzarrire con muschi del genere Taxiphillum, Vesicularia, Riccia, Fissidens fontinalis, etc.
  • Evitare PIANTE ROSSE E/O ESTREMAMENTE ESIGENTI e “PRATINI” in quanto richiedono fertilizzazione e illuminazione molto spinte, scarsamente gradite ai gamberetti. In generale le piante ghiotte di ferro le eviterei (si possono mettere, però bisogna essere consapevoli del fatto che con una fertilizzazione molto blanda, potrebbero risentirne).
  • È caldamente consigliato l’inserimento di CLADOPHORE, comunemente chiamate “alghe palla” (vale lo stesso discorso dei muschi)Io trovo poi molto utili anche piante come il Ceratophillum lasciato galleggiante (pianta veloce che aiuta molto anche il filtro a smaltire gli inquinanti), ma non è fondamentale se non piace.

Allestimento per caridine DavidiIl RISCALDATORE può essere presente, come non esserlo. Se riuscite a mantenere la temperatura sui 21/22 °C senza, potete tranquillamente evitarlo tenendo presente che non bisogna scendere sotto i 19°C.

 

 

 

Nota: l’aeratore, in presenza di piante, lo ritengo piuttosto superfluo, si può quindi omettere fatto salvo l’uso di filtri interni ad aria.

 

 

Valori e Gestione

Partiamo con il dire una cosa che può essere anche abbastanza scontata, però molto importante, l’acqua deve essere “pulita”. Con ciò intendo che le caridine tollerano poco vasche con alte concentrazioni di inquinanti e metalli pesanti (possono portare anche alla morte della colonia stessa).

Per questo motivo consiglio caldamente l’utilizzo di ACQUA DI OSMOSI per la gestione dei caridinai, chiaramente ricostruita con sali appositi per ottenere KH e GH adeguati, indipendentemente dalle caratteristiche dell’acqua di rubinetto. L’acqua di osmosi elimina tutte le componenti dannose, che benché siano contenute in bassa %, con il tempo possono accumularsi.

A livello pratico come valori abbiamo:

  • pH: 7-8
  • KH: 3-5
  • GH: 7-9
  • NO3: massimo 5 mg/l (consigliato)
  • PO4: massimo 0.5 mg/l (consigliato)
  • Fe: massimo 0.2 mg/l
  • Conduttività: 400-500 µS/cm
  • Temperatura 19-23 °C (ottimale a 21-22°C)

È quindi possibile mantenere una blanda fertilizzazione, senza arrecare danno ai gamberetti. Per quanto riguarda il ferro però bisogna avere cura di inserirlo in forma CHELATA, in modo che rimanga stabile in vasca, senza però creare problemi alle caridine stesse. Se non ve la sentite di fertilizzare “normalmente” o avete piante tutto sommato molto poco esigenti consiglio comunque di inserire un po’ di potassio. Potete usare prodotti commerciali come Kalium della Easy Life o Potassium della Seachem o per gli amanti del DYI il solfato di potassio K2SO4, partendo possibilmente da sali puri (è meglio però evitare di superare i 10 mg/L.).

Per i cambi d’acqua è possibile effettuare dei cambi del 15% ogni due settimane, ma non è una regola ferrea, dipende dalla gestione che preferite seguire. La cosa importante è fare il cambio con dell’acqua alla STESSA TEMPERATURA della vasca (oltre ovviamente a valori quanto più possibile simili). Ricordo inoltre che i cambi di acqua possono stimolare la muta, è quindi frequente trovare dei “fantasmi” in vasca (non toglieteli, non creano nessun problema in vasca).

Allestimento per caridine Davidi

 

Consiglio: Nella gestione di un caridinaio è raccomandabile l’uso di un conduttimetro con il quale possiamo ricostruire facilmente e rapidamente l’acqua osmotica per portarla agli stessi valori di KH e GH di quelli in vasca usando appositi sali e per controllare la qualità dell’acqua osmotica (che non deve superare i 20 µS/cm per essere di buona qualità

 

 

 

Parlando di problematiche relative alla uno dei problemi principali è la comparsa di PLANARIE. Sono dei vermetti che spesso possiamo trovare sul vetro (ma anche su tutti gli arredi), di colore bianco/marroncino in genere. Hanno dimensioni estremamente variabili da qualche mm a oltre 1 cm. Sono facilmente riconoscibili poiché la loro testa ha la tipica forma triangolare. La loro presenza se da un lato indica una buona qualità dell’acqua, dall’altro può essere un problema non solo estetico, ma anche per le baby stesse in quanto possono essere predate.

Allestimento per caridine DavidiEsse possono arrivare in vasca con l’inserimento di nuove piante per esempio (anche se non le vedete al momento le piante possono trasportare le uova di tali micro-organismi che sono molto resistenti). Per eliminarle in modo efficace bisogna ricorrere al No-Planaria della Ghenchem (un estratto naturale a base di foglie di banano). Le trappole possono aiutare a ridurre il numero di planarie in vasca per evitare una formazione eccessiva di materiale organico in vasca che andrà a decomporsi. Evitavate l’inserimento di pesci, anche di piccole dimensioni, come predano le planarie possono predare anche le baby. Non utilizzerei inoltre metodi che portano all’utilizzo di farmaci, in quanto le caridine sono sensibili a molti principi attivi (possono portare, soprattutto se dosati in modo non corretto, a morte o danni alle caridine stesse).

Nota: evitate di tagliuzzare o schiacciare le planarie in vasca, hanno delle grandissime capacità rigenerative, che gli permettono di sostituire le parti amputate (quindi non solo non eliminerete la planaria, ma ne andrete a ottenere 2).

Allestimento per caridine Davidi

Le C. davidii prediligono temperature che oscillano tra i 19°C e i 23°C quindi anche nel periodo invernale si potrebbe omettere il riscaldatore se nelle vostre case le temperature non scendono oltre la minima richiesta. Il periodo critico per questi piccoli crostacei e per chi le alleva è l’estate. I gamberetti mal sopportano le temperature alte soprattutto se per lunghi periodi. L’ esito è fatale! Quindi è necessario provvedere a montare le ventoline per raffreddare l’acqua. Dotate di un termostato e di una sonda termica queste andranno in funzione appena la temperatura supera i 23°C o quella impostata da voi. La circolazione forzata dell’aria sulla superficie della vasca faciliterà l’evaporazione e quindi il raffreddamento. In questo periodo preparatevi a fare frequenti rabbocchi con RO. Questa operazione può essere semplificata con un piccolo impianto di ripristino.

 

Popolazione

Dopo aver fatto maturare la vasca arriva il momento di inserire finalmente le caridine. Indipendentemente dal tipo inserirei non meno di 10 esemplari. Questi gamberetti infatti sono estremamente timidi e con una certa socialità, per cui inserire un certo numero di individui le renderà meno timorose, oltre ad assicurarvi con una buona probabilità la presenza di maschi e femmine.

Il dimorfismo, specialmente negli esemplari giovani non è spiccato. In generale in età adulta le femmine raggiungono una dimensione maggiore (anche 2.5 cm), hanno un corpo più tozzo ed è possibile notare la sacca ovarica sul dorso (anche se per alcune colorazioni è difficile). I maschi hanno un corpo più affusolato e in genere dimensioni minori.

Per quanto riguarda la riproduzione, quando le femmine sono pronte per la riproduzione emetteranno i feromoni che faranno impazzire i maschi Dopo la fecondazione le uova scenderanno tra i pleopodi sotto l’addome e li resteranno attaccate. Dopo 20-30 giorni nasceranno i piccoli già autonomi (dimensione circa 1 mm).

Non preoccupatevi troppo se per i primi tempi le vedrete poco in vasca, devono abituarsi al nuovo ambiente ed è quindi normale che passino buona parte del loro tempo nascoste.

NOTA IMPORTANTE:

inserite un solo tipo di caridina (intendo un unico colore) per vasca. Esemplari di colorazioni differenti infatti si incrociano tra loro. Ciò non vi farà ottenere colorazioni particolari, ma vi farà perdere entro poche generazioni il colore iniziale (avrete quindi in vasca delle caridine wild, trasparenti).

 

 

Allestimento per caridine DavidiArriviamo dunque a un altro punto dolente. La convivenza con i pesci. Personalmente non mi sento di consigliare NESSUN TIPO di CONVIVENZA con essi. Per quanto mi riguarda le caridine vanno allevate in vasca monospecifica. Le baby appena nate sono di dimensioni estremamente ridotte (circa 1 mm) e possono essere predate da qualsiasi pesce (ricordo inoltre che i piccoli crostacei sono alla base dell’alimentazione). Nella foto potete vedere una baby di poco più di due settimane, grande al massimo 4-5 mm.  Viene abbastanza da sé il fatto che un esemplare di queste dimensioni viene facilmente predato da moltissime specie di pesci (soprattutto nel periodo precedente).

 

Alimentazione

Partiamo dal presupposto che le caridine mangiano davvero qualsiasi cosa sia di loro interesse. Detto ciò è buona norma variare la loro dieta con diverse tipologie di cibo, in modo da fornire un’alimentazione bilanciata.

Oltre a un mangime “base” possiamo andare ad utilizzare (a titolo di esempio): integratori a base di ortica (molto consigliato): permettono di fornire sali minerali utili al sistema immunitario e per un corretto metabolismo; Verdure sbollentate; altri integratori specifici; bastoncini ricoperti con pastoni di vari gusti o pastoni home made… Insomma, le scelte non mancano.

Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi

Consiglio inoltre di mantenere in vasca delle FOGLIE DI CATAPPA sempre a disposizione delle caridine, anch’esso è un utile integratore alla loro dieta.

Allestimento per caridine Davidi

Per quanto riguarda la frequenza dei pasti suggerisco di darli a giorni alterni, alternando i vari alimenti.

 

 

Oltre a questa guida “Allestimento per caridine Davidi” si consiglia la lettura dei seguenti articoli per approfondimenti:
Caridine cantonensis
Caridine e neocaridine
Gradi di selezione della caridina cantonensis Red Crystal

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida Allestimento per caridine Davidi impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis Caridine cantonensis Caridine cantonensis

Caridina Japonica o multidentata o Amano, caridina davidii e caridine cantonensis. Questi piccoli crostacei stanno conquistando sempre più l’attenzione degli acquariofili.

Le japonica sono particolarmente apprezzate non per il loro colore ma per la loro capacità di nutrirsi di piccole alghe filamentose svolgendo un’ azione di prevenzione.

Le Davidii sono caratterizzate da colori unici molto sgargianti come il rosso delle red sakura, l’ intenso blu delle blue dream e le intensissime blue velvet, le yellow e le green.

Un discorso a parte meritano le cantonensis non solo per le loro colorazioni miste ma soprattutto perché richiedono rispetto alle davidii una particolare attenzione più che nell’ allestimento della vasca quanto nelle caratteristiche chimico fisiche dell’ acqua che condizioneranno parte dell’ allestimento.

[pullquote-left]Questi piccoli crostacei vivono allo stato naturale in piccoli ruscelli poco profondi caratterizzati da un lento movimento dell’ acqua e da un fondo non fangoso ricco di legni e foglie.[/pullquote-left]

La vasca ideale per tutte le caridine davidii e cantonensis non dovrebbero avere un litraggio inferiore ai 25 litri (due maschi e quattro femmine), sono da evitare quelle strette a alte preferendo forme leggermente rettangolari o quadrate e soprattutto devono essere basse infatti non sono consigliate alte colonne di acqua.

Le caridine non sono abili nuotatrici ed inoltre una colonna d’ acqua bassa facilita lo scambio gassoso e quindi una migliore ossigenazione dell’ acqua.

Vediamo subito le caratteristiche dell’ acqua per la maggior parte di esse (Taiwan bee e crystal) perché queste influenzeranno la scelta del fondo ma non solo quello.

Caridine cantonensis

pH: 6.0/6.5
KH: 0/1
GH: 4.0/6.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 250/350 mS

 

 

Caridine Cantonensis var. Tiger

Caridine cantonensispH: 7.0/8.0
KH: 3/5
GH: 6.0/8.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 400/500 mS

 

Per ulteriori info clicca QUI

 

Caridine Sulawesi

Caridine cantonensis

particolarmente difficili da tenere perché richiedono valori dell’ acqua molto stabili, materiale calcareo per l’ allestimento.
pH: 7.5/8.5
KH: 5.0
GH: 6.0/8.0
NO3: 10 mg/l,
Temperatura: 26/28 °C
Conducibilità: 350 mS

Per ulteriori informazione sull’allevamento clicca QUI

 

  Nome scientifico:Hygrophila corymbosa salicifolia Genere:Hygrophila Famiglia:Acanthaceae Luogo di provenienza: Sud-Est asiatico Dimensioni: altezza 25-60cm larghezza 20-35cm Temperatura: 15-30 ° C Ph:5.0-9.0 Luce:Media - Alta Posizione: laterale Crescita:Veloce Difficoltà:Media Riproduzione Per talea

Hygrophila Guianensis

Hygrophila Guianensis

Nome scientifico: Hygrophila Guianensis

Genere: Hygrophila

Famiglia: Acanthaceae

Luogo di provenienza: America meridionale

Dimensioni: altezza 15-50cm larghezza 20-35cm

Temperatura: 20-30 ° C

Ph: 6.0-8.0

Luce: Media – Alta

Posizione: Posteriore

Crescita:Veloce

Difficoltà: Facile

Riproduzione Per talea

Note: La Hygrophila Guianensis appartiene alla grande famiglia delle Acanthaceae, è una delle vaste specie appartenenti alle Hygrophila e proviene dal Sud America, la si può trovare infatti in Venezuela, Bolivia e Guyana.

È una pianta che non richiede moltissimo impegno nel coltivarla perché abbastanza facile da gestire.

Presenta una lamina fogliare dalla colorazione verde mediamente acceso, specie sulle nuove foglie germogliate. La forma lanceolata assegna alla pianta un fascino particolare, per dirla semplicemente ha una forma ellittica che si conclude a punta.

Gradisce acqua con un PH variabile tra i 6 e gli 8, una durezza totale (GH) tra 4 e 8 ed una temperatura tra i 20° e i 30° ma, da esperienza di coltivazione, già sui 23°/24° ha una buona crescita crescita.

Anche se la Hygrophila Guianensis è di facile gestione ha le proprie esigenze a livello di nutrienti e di illuminazione.

In presenza di una illuminazione intensa ,CO2 e una buona fertilizzazione crescerà in modo molto imponente con steli robusti e sviluppati in altezza,se a questo uniamo un buon fondo fertile e una buona concentrazione di potassio che non deve mai mancare altrimenti la pianta se ne andrà rapidamente in carenza.

Come tutte le Hygrophile presenta un apparato radicale imponente quindi si consiglia l’inserimento di almeno 5cm di substrato per farla ancorare bene e non scoprire le radici che in natura utilizza non solo all’assorbimento dei nutrienti mobili ma anche per ancorarsi essendo una pianta prevalentemente palustre.

Coltivata nelle giuste condizioni è una pianta molto imponente impiegata sopratutto per coprire scatole di filtri o il fondo della vasca creando dei muri verdi,inoltre in vasca aperta potrà emergere crenado una bellissima chioma.

La crescita rapida di questa pianta porta immancabilmente ad una frequente potatura che favorisce la riproduzione della stessa per talea.

Si consiglia di potare lo stelo tra gli internodi, ripiantando la parte apicale che continuerà a crescere mentre nello stelo tagliato madre darà vita a due o piu’ nuove gemme e a sua volta nuove piantine autosufficenti.

 

tabella co2

Co2 in acquario

Sentiamo spesso parlare dell’utilizzo della Co2 in acquario, ma altrettanto spesso le idee in merito sono piuttosto confuse e non si sa bene da dove partire. Questa vuole essere una guida che spiega in quali casi utilizzarla, come erogarla e in che quantità.

Sappiamo che in natura le piante all’aria aperta, anche se la co2 è praticamente prossima all’1 % del volume totale (400 ppm) durante il processo di fotosintesi, trasformano la co2 presente nell’aria, per produrre ciò di cui hanno bisogno per il loro metabolismo (glucosio e derivati) convertendola in ossigeno.

Nelle nostre vasche, in cui introduciamo piante che molte volte sono state adattate all’ambiente acquatico, la quantità di co2 disponibile non è sufficiente per supportare la loro crescita, soprattutto nel caso di alcune specie a crescita rapida, le quali presentano un metabolismo molto veloce.

 

Vi starete chiedendo allora perché in alcuni acquari senza CO2 le piante crescono comunque?

In acquario è possibile trovare una certa quantità di Co2 in acquario disciolta, in quanto essa proviene da diversi processi, in particolare:

  • All’interno del filtro e nello specifico, la co2 viene prodotta dai batteri durante il processo del ciclo azotato (qui potete trovare informazioni più dettagliate) trasformando ammonio e nitriti in NO3 nitrati catturando una molecola di ossigeno e rilasciando co2;
  • Viene prodotta durante il processo di respirazione cellulare della fauna presente;
  • Tramite lo scambio gassoso che avviene grazie al movimento di superficie dato dalla pompa che fa girare l’acqua.

Nonostante la presenza di questi fattori, per molte specie di piante, la quantità disciolta disponibile non è sufficiente e quindi si ricorre alla somministrazione forzata per mezzo di un impianto di concimazione carbonica.

Oltre al contributo alla fertilizzazione, la co2 erogata ha un effetto acidificante della nostra acqua proporzionale alla quantità disciolta, quindi in alcuni biotopi come quelli amazzonici o asiatici molto piantumati, viene impiegato come mezzo alternativo agli acidi umici o fulvici per mantenere un ph acido idoneo ad alcune specie di pesci che ospitiamo nelle nostre vasche senza dover essere costretti nell’utilizzo di catappa, pigne di ontano, foglie di quercia, torba per abbassare il ph che rilasciano in vasca grosse quantità di tanini rendendo l’acqua dal giallo all’ambrato.

 

Ma… quanta ne va erogata?

La Co2 in acquario apporta notevoli benefici alle piante e al ph ma un eccesso porta al decesso di tutta la fauna presente in vasca per anossia, quindi è necessario sapere come e quanta dosarne.

Sappiamo che il ph viene influenzato dal kh (qui potete trovare approfondimenti in merito a KH e pH) che svolge un’azione tampone su di esso, impedendo oscillazioni del valore del pH estremamente dannose per la fauna dell’acquario.

La co2 influisce su questo rapporto in proporzione alla quantità disciolta, quindi maggiore sarà l’erogazione e dissoluzione del gas in acqua, maggiormente potremo apprezzare la discesa del ph, ma c’è un LIMITE.

[pullquote-right]Questo limite varia in base al kh che avremo in vasca, in sostanza ad ogni punto di kh corrisponde un valore minimo di ph raggiungibile oltre il quale iniziano i problemi e decessi.[/pullquote-right]

Per darci un indicatore del giusto rapporto tra kh e ph abbiamo a disposizione la tabella che ottiene come risultante la concentrazione in ppm (parti per milione oppure mg/l) associato ad ogni valore kh/ph.

Per capirci, se abbiamo un kh 3, il limite minimo raggiungibile di ph sarà 6.5, a questo valore di ph avremo una concentrazione di Co2 in acquario pari a 33 ppm che è circa la concentrazione ottimale per la crescita rigogliosa delle piante senza compromettere il benessere dei pesci. Se alzassimo di qualche bolla la Co2 in acquario apprezzeremmo una ulteriore discesa del ph a 6.4 e otterremmo una concentrazione di co2 di 42ppm che inizia a dar fastidio alla fauna acquatica, un ulteriore aumento delle bolle erogate porterebbe al decesso.

Per semplificare potremmo affermare che ad ogni valore di kh esiste un giusto valore di ph ottenuto dalla concentrazione di co2, considerando il valore ideale tra 20-30 ppm fino ad massimo tollerabile di 39/40 ppm.

Co2 in acquario

 

Come leggere la tabella?

Partendo dal KH misurato in vasca con test a reagente, si segue la riga orizzontale (freccia 1) corrispondente fino a trovare le celle verdi che indicano il valore ottimale espresso in ppm o mg/l  (NON IN BOLLE DA EROGARE) in cui le piante traggono il maggior beneficio senza apportare danni alla fauna come invece accadrebbe per le celle da gialle a rosse.

A questo punto si segue la colonna perpendicolare al valore corretto (freccia 2) fino alla parte superiore della tabella dov’è indicato il valore di PH da raggiungere per ottenere la suddetta quantità di Co2. Nella zona azzurra troviamo di conseguenza le corrispondenti concentrazioni di co2, a livelli non sufficienti.

phmetro500x4002

PhMetro

[dropcap]P[/dropcap]hMetro una parola semplice qundo complessa infatti più di una volta ci è capitato di leggere vari post in merito alla misurazione del pH e l’eventuale utilizzo di phmetri digitali.

test Ph

Con questo articolo vorrei approfondire alcuni aspetti relativi a questo argomento e fornire qualche consiglio utile alla sua gestione.

[pullquote-left]Come sappiamo il pH è uno dei parametri fondamentali che dobbiamo monitorare all’interno delle nostre vasche.[/pullquote-left]

In genere vengono utilizzati dei test a reagente (che sfruttano delle reazioni colorimetriche con successiva comparazione con la scala apposita) per fornire un’indicazione sul valore.

Purtroppo, però questi test sono caratterizzati da una scala che cresce con incrementi di 0.5 punti (salvo qualche eccezione – ad esempio il test pH 6.0-7.6 della JBL che ha un incremento di 0.2 punti), il che dal mio punto di vista, li rende poco idonei per alcune applicazioni, come il dosaggio della CO2 in vasca.

phmetro

In questo caso anche “piccole” variazioni di pH possono portare a variazioni notevoli nella quantità di CO2 effettivamente disciolta (per fare un esempio in presenza di erogazione di CO2, considerando un KH 4 se il valore di pH è 6.5 otterremo, incrociando i dati con apposita tabella, una concentrazione di 45 ppm, mentre se ci troviamo a pH 7 il valore ottenuto è di 14 ppm, si passa dall’eccesso a una quantità non sufficiente).

 

tabella phmetro

Per questo motivo è possibile ricorrere all’utilizzo di un PhMetro elettronico. Quest’ultimi utilizzano un sistema differente per la quantificazione del pH, ricorrendo a misure potenziometriche (in breve misurano la differenza di potenziale che si forma a causa della differenza di concentrazione di ioni H+ rispetto a una membrana apposita).

Il cuore di questo tipo di strumento è composto da una particolare membrana in vetro speciale (è composta non solo da silice, ma sono presenti anche ossidi di calcio e sodio in varie percentuali) la cui composizione premette il funzionamento dell’elettrodo stesso.

phmetro2

Le membrane di questo tipo di PhMetro sono caratterizzate dalla capacità di “sentire” selettivamente lo ione H+ (in parole povere la membrana è in grado di fornire un segnale relativo solo a questo particolare ione, avendo interferenze minime dalle altre componenti presenti in soluzione a patto che la membrana sia in buone condizioni). L’elettrodo è genericamente sferico in quanto questa forma garantisce la massima superficie di contatto e la minima resistenza al passaggio di corrente, ma anche una certa fragilità.

 

 

 

Quindi come approcciarci nel modo migliore all’utilizzo di questo strumento?

Innanzitutto, questa famiglia di elettrodi fornisce potenziali stabili e riproducibili solo dopo averli lasciati in soluzione (nel nostro caso acqua) per un certo periodo di tempo, in modo da IDRATARLI. Al loro interno infatti è presente una soluzione a pH 7 e uno strato di gel che deve espandersi all’interno del vetro stesso per garantire il corretto funzionamento.

Lo step successivo prevede la TARATURA dello strumento stesso utilizzando delle soluzioni tampone caratterizzate da un titolo o concentrazione ben definita (in commercio esistono diversi buffer sia già pronti all’ uso o in bustine da disciogliere in acqua di osmosi in quantità definite dal produttore). Solitamente per la taratura di questo PhMetro si utilizza una taratura a due standard, poiché permette di minimizzare l’errore sulla lettura del valore rispetto a una taratura con un singolo standard (mi riferisco a phmetri di tipo commerciale, estremamente diffusi su vari tipi di piattaforme online). Nulla ci vieta comunque di utilizzare anche la terza soluzione tampone.

Si procede quindi alla (eventuale) preparazione delle soluzioni tampone a pH 6.86 e 4.01 (i phmetri meno costosi riescono a misurare valori con una cifra decimale, non mi affiderei più di tanto alla seconda cifra decimale se presente, a causa dell’errore che si ha intrinsecamente nella misura stessa).

phmetro3

Si procede con la misura del tampone a pH 6.86; agendo sull’apposita vite si modifica il valore (segnato sul display del PhMetro ) fino a ottenere quello del buffer. Si sciacqua l’elettrodo con acqua di osmosi e si elimina l’eccesso di acqua aiutandosi con della carta assorbente morbida (come quella di un fazzolettino. La stessa operazione va ripetuta con il secondo tampone a

pH 4.01. Consiglio questi due tamponi perché in genere nei nostri acquari, specialmente in presenza di erogazione di CO2, ci troviamo a pH neutro o debolmente acido (se invece abbiamo a che fare con biotopi tipo Malawi/Tanganika potrebbe essere conveniente usare il tampone a 9.81 – quindi l’ordine di taratura e prima con tampone a pH 6,86 e poi a pH 9,81). Fatto ciò dobbiamo procedere ad una verifica immergendo l’elettrodo sciacquato ed asciugato nuovamente nella soluzione tampone a pH 6.86; se la lettura coincide il pHmetro è pronto all’ uso. La taratura deve essere effettuata periodicamente, per evitare letture errate! (La taratura dovrebbe essere ripetuta) mediamente ogni 15 giorni per un uso intenso o 30 giorni se l’uso è sporadico)

[pullquote-left]CONSERVAZIONE. Bisogna ricordare che per conservare correttamente il nostro strumento PhMetro la membrana NON DEVE essere mantenuta asciutta, ma è preferibile mantenerla avvolta in uno strato di cotone imbevuto con una sostanza con adeguata forza ionica per ridurre la perdita di selettività. Nel nostro caso possiamo utilizzare il tampone a pH 4, in mancanza di quest’ultimo meglio un po’ di acqua piuttosto che niente. Bisogna evitare l’utilizzo di acqua distillata o RO per mantenere umida la membrana, perché l’assenza di forza ionica fa perdere in selettività e sensibilità nei tempi di risposta.[/pullquote-left]

Ultima nota: questo genere di strumenti necessita di sostituzione periodica (in base alla conservazione e all’utilizzo – ad esempio le sonde in continuo richiedono una sostituzione ogni 2 anni circa) in quanto con l’invecchiamento della membrana il pH letto si sposta verso valori più alcalini.

 

NB: le foto sono state prese dal web , qualora il proprietario le riconoscesse come proprie e ne vuole la rimozione basta comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione.

 

 

 

 

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida impaginata da Marco Ferrara

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