Carrozzina per pesci

Carrozzina per pesci vuole essere un articolo per confermare che anche nel mondo acquatico alcuni progetti sono realizzati per migliorare la vita dei nostri amici pinnuti.

Prima di spiegare di cosa si tratta penso che una premessa sul perchè questa realizzazione e da cosa nasce sia d’obbligo:
– I pesci sono dotati di un organo fondamentale per il loro sostentamento chiamato “Vescica natatoria” che rappresenta una sacca che viene riempita o svuotata di aria per potersi muovere più agevolmente e quindi andare in superfice o scendere sul fondo senza un grosso dispendio di energia.

Purtroppo come tutti gli organi l’insorgere di una malattia in genere una infiammazione creano non pochi problemi in questo caso proprio alla deambulazione e quindi impedendo una normale vita quotidiana e le necessità che vanno dal cibarsi al nascondersi al giocare con altri inquilini e non solo.

Quando questa infiammazione è molto forte e incisiva e sopratutto si protrae per diversi mesi potrebbe risultare incurabile non reagendo a nessun medicinale ,a questo punto si dice che è diventata cronica.

Carrozzina per pesci

L’amore umano spinge a cercare una soluzione per dare un aiuto ed ecco che grazie a delle ricerche effettuate su internet la nostra utente Irene Tommasi decide di cimentarsi nella costruzione di una sedia a rotelle o carrozzina che permetta al pesce di stare in asse e con poco dispendio di energie potersi muovere agevolmente e quindi di cibarsi.

Vedendo il suo pesciolino che ormai stazionava 24 ore su 24 a pancia in su si decide a fare qualcosa e ha pensato ad una Carrozzina per pesci :

Carrozzina per pesci

Su internet si è imbattuta su diversi articoli che spiegano come fare ma dapprima si dovevano recuperare i materiale per la costruzione che ovviamente dovevano avere alcuni requisiti e cioè :

  • Essere morbidi per evitare che il contatto con la cute provocasse ferite
  • Essere duttili in modo da poterli adattare al corpo del pesciolino
  • Essere in grado di collegarli tra loto agevolmente
  • Essere manegevoli per eventuali modifiche di migliorie

a questo punto si è imbattuta nel seguente Kit acquistato su internet ,dove riportava tutto il materiale necessario.

Carrozzina per pesci

Pezzo dopo pezzo ,prova dopo prova si è arrivati a questa realizzazione

Carrozzina per pesci

Il nostro amato pesciolino con la Carrozzina per pesci potrà nuotare in forma eretta e riosservare il mondo dal lato corretto,questo gli permetterà di muoversi più agevolmente con un piccolissimo dispendio di energia ma soprattutto di cibarsi nel modo corretto.

[pullquote-right]Non esagerare con la somministrazione del cibo perchè la vescica natatoria vede impiegare l’intestino in forma attiva e quindi si potrebbe peggiorare le cose , alimentare sempre con parsimonia.[/pullquote-right]

Ovviamente questo progetto dovrà essere, sopratutto ai primi periodi sottoposto a calibrazioni sul peso che gli permetterà di stazionare ad una determinata superfice della colonna d’acqua ,si consiglia di calibrarlo per renderlo stabile pochi cm sotto il livello dell’acqua.

Con un po’ di inventiva si potrà trovare la soluzione giusta per i pesi da adottare e quindi anche la stabilizzazione eretta della struttura.

Ovviamente si sconsiglia di costruire questo sistema a soggetti ai quali è insorta da poco la patologia sopra accennata ma farlo solo nel caso in cui non reagisce neanche minimamente alle cure indicate da specialisti del settore.

Per maggiori dettagli e informazioni sulla vescica natatoria si consiglia di leggere QUI

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario,si ringrazia Irene Tommasi per aver concesso le foto e testimonianza del suo operato.

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impianto osmosi

Acqua osmotica e impianto osmosi

Acqua osmotica e impianto osmosi


Acqua osmotica e impianto osmosi ,una buona acqua è la base per ogni acquario, qualsiasi sia la sua tipologia: di acqua marina o dolce, con piante o senza.

L’acqua osmotica, abbreviata anche RO (dall’inglese Reversed Osmosis) da cui prende il nome dal processo di filtrazione a cui viene sottoposta, è un elemento fondamentale che non deve mai mancare ad un acquariofilo.

Vediamola di seguito nello specifico.

 

In cosa differisce dall’acqua di rubinetto?

L’acqua che circola nei nostri impianti domestici è composta da H2O più svariati elementi disciolti in essa (Ca2+, Mg2+, Na+, K+, SiO2, NO3) e poiché deve poter essere potabile viene trattata con disinfettanti come l’ipoclorito di sodio. Tutti questi elementi, entro una quantità stabilita per legge (Dlgs 31/2001 e direttiva 98/83/CE), sono necessari per l’utilizzo umano e stabiliscono la conducibilità dell’acqua (o TDS, Total Dissolved Solids).

A differenza dell’acqua di rubinetto, questi elementi sono assenti ed avremo quindi una conducibilità teorica pari a 0µs/cm, sinonimo di ottima qualità della stessa.

 

Come si usa l’acqua osmotica in acquario?

L’acqua osmotica non deve essere mai utilizzata pura, fatta eccezione per due soli casi: rabbocchi e diluizioni.

Per essere introdotta nel nostro acquario l’acqua RO deve subire un processo di remineralizzazione ovvero dovremo aggiungere i sali (gli elementi chimici) che sono stati rimossi durante il processo di filtrazione per l’ottenimento della stessa.

Qui la domanda sorge spontanea: perché rimuoviamo questi sali se poi dobbiamo reintegrarli?

La risposta è semplicissima: con il processo di osmosi inversa si ha la rimozione dei sali disciolti ma anche della filtrazione di altri elementi potenzialmente tossici quali metalli pesanti, composti organici e pesticidi e con la successiva remineralizzazione si va ad aggiungere una miscela di sali bilanciati secondo le nostre esigenze per ottenere acqua di elevata qualità.

Questa operazione va eseguita durante la preparazione dell’acqua che servirà nei nostri cambi: rimuovo acqua con X valori ed aggiungo acqua con gli stessi per non alterare nulla, o con valori più alti per aumentare la concentrazione in acquario.

Come precedentemente accennato, andremo ad utilizzare l’acqua RO pura solo ed esclusivamente in due casi:

  • Rabbocchi: durante il processo di evaporazione diminuisce il volume all’interno del nostro acquario ma nel contempo aumenta la concentrazione salina, motivo per cui si noterà un innalzamento dei valori. Andando a rabboccare con acqua RO andremo a ripristinare il volume originario e la concentrazione di sali senza nessuna alterazione, diversamente se invece aggiungessimo acqua di rete, e quindi ricca di sali, andremmo ad aumentare la concentrazione.
  • Diluizione: se il nostro interesse è quello di ridurre la concentrazione dei sali disciolti nel nostro acquario, andremo ad effettuare un cambio rimuovendo parte del volume presente e sostituendola con acqua RO. Così facendo si avrà una riduzione di tutti i valori.

Questa operazione non sostituisce il normale processo per i cambi d’acqua.

Effettuare cambi con osmosi pura non significa introdurre acqua di qualità migliore: l’utilizzo di acqua RO riduce i carbonati KH (e GH in acquario dolce) presenti nel nostro acquario, i quali come noto influenzano anche il pH. Sbalzi eccessivi possono rivelarsi mortali, quindi non dovremo mai aumentare o diminuire il valore di KH di mezzo punto al giorno (massimo 2 punti in acquario dolce).

Dopo queste piccole premesse e dopo aver capito come e quando utilizzarla vediamo nello specifico il processo per la sua produzione.

 

In cosa consiste un impianto osmosi?

In un impianto per osmosi inversa l’acqua viene convogliata in una serie di prefiltri e successivamente ne viene forzato il passaggio in una membrana la quale, sfruttando la pressione indotta su di essa dal liquido, si libera di tutti i sali e/o sostanze organiche, batteri in essa contenuta e successivamente può essere ulteriormente convogliata in altri contenitori che mediante l’uso di apposite resine filtrano ulteriormente l’acqua.

 

Quante tipologie di impianto esistono?

Soltanto due. Esistono impianti in linea ed impianti a bicchieri la cui differenza consiste solo nella disposizione dei contenitori e delle prestazioni ma il procedimento di filtrazione è il medesimo.

impianto osmosi

 

 

Com’è costituito e come funziona un impianto osmosi?

Un impianto osmosi è un insieme totalmente personalizzabile ed ampliabile di diversi contenitori (detti stadi) dove sono contenuti materiali filtranti, membrana osmotica e resine post osmosi.

 

Vediamo di seguito nello specifico un impianto a bicchieri a 4 stadi:

  • Durante il primo step l’acqua scorre all’interno del filtro per i sedimenti dove viene trattenuto il particolato più grosso, solitamente questo filtro ha capacità filtrante di 10, 5, 3 o 1 µm.
  • Il secondo step avviene nel secondo stadio dove l’acqua viene filtrata in una cartuccia ai carboni attivi dove vengono adsorbiti ulteriori elementi. Fino a questo momento non si parla ancora di acqua osmotica poiché viene effettuata solo una sgrossatura delle scorie più grossolane
  • Il terzo step avviene nel vessel, ovvero il contenitore che ospita la membrana osmotica. Questa membrana è composta da un insieme di strati di pellicole che, sfruttando una determinata pressione di esercizio (solitamente compresa tra i 3,5bar minimi ai 10bar massimi), hanno il compito di filtrare ulteriormente l’acqua trattenendo scorie, pesticidi e metalli pesanti e lasciando passare solo l’acqua depurata. Da questo stadio l’acqua non depurata viene espulsa e scaricata dall’impianto, mentre la parte buona viene erogata o prosegue il processo di filtrazione.

Le membrane osmotiche non sono tutte uguali, oltre alle varie specifiche di esercizio e prestazioni dei vari costruttori, differiscono nella capacità produttiva. Le tipologie di membrana più diffuse per l’acquariofilia sono tre: 50, 70 o 100 GPD (Gallons Per Day) ovvero quanti litri di acqua osmotica riesce a produrre una membrana nell’arco delle 24h (1 gallone equivale a 3,785 litri).

  • Il quarto step avviene nelle resine post osmosi dove l’acqua filtrata dalla membrana subisce un ulteriore trattamento nelle resine prima di essere erogata. Le resine solitamente impiegate si dividono nelle seguenti tipologie:
    • Deionizzanti: attraverso l’uso di resine cationiche vengono prima scambiati ioni Ca2+ e Mg2+ presenti nell’acqua con gli ioni Na+ della resina e successivamente le resine anioniche per abbattere totalmente la salinità.
    • Antisilicati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i silicati (SiO2) presenti nell’acqua post filtrazione.
    • Antinitrati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i nitrati (NO3) presenti nell’acqua post filtrazione.
    • Antifosfati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i fosfati (PO4) presenti nell’acqua post filtrazione.

Come abbiamo precedentemente detto, ogni impianto osmosi è totalmente personalizzabile, infatti è possibile aggiungere un numero infinito di stadi, filtri e prefiltri ed inoltre è possibile anche collegare più membrane in parallelo.

 

Quale impianto devo acquistare?

Prima di procedere all’acquisto di un impianto osmosi vanno valutati 3 aspetti: conducibilità in ingresso, pressione, richiesta d’acqua.

  • La conducibilità in ingresso della nostra acqua è l’elemento più importante da valutare poiché da questo fattore si determina il numero minimo di stadi che il nostro impianto dovrà avere. Questo dato è fornito per legge ed è possibile ritrovarlo nella bolletta della società incaricata della fornitura idrica o sul sito della stessa (di seguito un esempio) o del nostro comune di residenza.

  • Una volta in possesso di questo dato il calcolo è molto semplice:Omettendo i primi due stadi (sedimenti e carboni attivi) dove si effettua una prima filtrazione rimuovendo il particolato più grosso, la filtrazione vera e propria come detto precedentemente avviene nella membrana dove questa trattiene circa il 98% dei sali disciolti:

 

Esempio: Ipotizziamo di avere in ingresso acqua con una conducibilità di 520µs/cm (se il dato è fornito in come TDS, per la conversione basta dividere questo numero per 1,56 rispetto allo standard europeo, dividere per 2,00 per lo standard USA).

Come detto sopra, la membrana tratterrà circa il 98% del materiale disciolto (corrispondente in questo caso a 509,6µs/cm). Ciò significa che in uscita dalla membrana osmotica avremo una conducibilità pari a 10,4µs/cm.

Per l’uso in acqua dolce se il valore in uscita dalla membrana è compreso tra 0 e 20µs/cm avremo a disposizione acqua adatta per essere impiegata, mentre per valori superiori e per l’impiego per acqua marina dovremo procedere con la filtrazione aggiungendo stadi e resine post filtrazione.

Andremo quindi a calcolare almeno uno stadio caricato con resine deionizzanti tenendo conto che ogni stadio post filtrazione riesce ad abbattere valori massimi di 10/12µs/cm (valore che dipende dalla qualità e dalle specifiche delle resine).

Eventuali altri stadi vanno riempiti con resine mirate alle nostre esigenze: potrebbero essere sufficienti altre resine deionizzanti o potrebbe rivelarsi necessario l’impiego di antisilicati ad esempio.

    • La pressione è un altro dato fondamentale da valutare per il nostro impianto. Come accennato, le membrane hanno una pressione di esercizio che oscilla tra 3 ÷ 10 bar ed è fondamentale garantire questo valore poiché valori inferiori e/o superiori portano ad un danneggiamento della membrana da cui ne consegue una riduzione della qualità dell’acqua prodotta e ad una sensibile riduzione della sua vita, nel caso di pressione elevata anche ad esplosione della stessa.

 

Come comportarsi quando la pressione non è adeguata?

Se la pressione in ingresso non è sufficiente bisognerà installare una pompa booster collegandola dopo i prefiltri prima dell’ingresso nella membrana. Questa pompa si occuperà di garantire una pressione sufficiente per il nostro impianto e qualora la pressione fosse eccessiva, si procederà ad installare un pressostato di massima che limiterà la pressione evitando rotture.

  • La quantità di acqua a noi necessaria determina la membrana che dovremo andare ad installare nel nostro impianto tenendo conto che ad esempio una membrana da 100GPD produce più acqua di una 50GPD ma la conducibilità in uscita da quest’ultima sarà più bassa.

 

 

Quando devo sostituire i materiali filtranti?

Ogni casa produttrice di Acqua osmotica e impianto osmosi fornisce la durata media presunta dei propri materiali, in linea teorica solitamente filtro sedimenti, carboni attivi ed eventuali altri prefiltri hanno durata massima di 6 mesi, mentre la membrana osmotica ha un decadimento determinato dai litri prodotti (indicata dal produttore), mentre per le resine post osmosi è possibile verificarne l’usura mediante la misurazione con conduttivimetro direttamente sull’acqua prodotta oppure tramite il cambiamento cromatico qualora vengano impiegate resine a viraggio di colore.

È buona norma sostituire i materiali filtranti prima della loro completa usura al fine di avere sempre un’acqua di ottima qualità.

 

Come conservo il mio impianto quando non lo utilizzo?

Quando avremo terminato la nostra produzione andremo ad effettuare il lavaggio della membrana per qualche minuto aprendo l’apposita valvola e richiudendola una volta terminato il lavaggio. È importante svolgere questa operazione per preservare la nostra membrana ed è buona norma non lasciare MAI la membrana all’asciutto e ferma per più di due settimane poiché le sostanze contenute nell’acqua di rete potrebbero corroderla e quindi danneggiarla.

 

Per approfondimenti si consigliano anche i seguenti articoli:

 

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo riguardante Acqua osmotica e impianto osmosi e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Articolo Acqua osmotica e impianto osmosi impaginato da Marco Ferrara

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cianobatteri

Cianobatteri

Cianobatteri

Uno dei problemi che angoscia l’ acquariofilio è scoprire la presenza dei cianobatteri che di solito sono trattati insieme alle alghe ma che in realtà alghe non sono.

Dopo la Cladophora crispata, i cianobatteri rappresentano in assoluto la seconda battaglia epocale che un acquariofilo potrebbe trovarsi ad affrontare sia per la difficoltà a debellarli, sia per l’ impegno a sostenere questa battaglia in termini di energie e tanta pazienza .

Il modo migliore per combattere i cianobatteri è conoscerli.

[pullquote-right]Esistono circa 2.000 specie suddivise in  150 generi di cui 46 segnalati come produttori di tossine. Essi sono presenti sia in acque dolci che salate e capaci di vivere in ambienti estremi come i laghi ghiacciati, le sorgenti termali e le saline.[/pullquote-right]

I cianobatteri presentano una varietà di tipi di cellule, strutture cellulari e strategie fisiologiche da contribuire al successo ecologico del plancton metaphyton (libero in acqua) o periphyton (attaccato a rocce, piante e qualsiasi altro oggetto presente sopra al sedimento).

Molte specie di cianobatteri vengono raccolte o coltivate appositamente come fonti alimentari, alimenti per animali, fertilizzanti e prodotti sanitari. (W.F. Vincent, in Encyclopedia of Inland Waters, 2009)

Quindi ci sono anche quelli utili !

I cianobatteri sono cellule procariote quindi non hanno un nucleo morfologicamente distinto in quanto è assente la membrana nucleare e non si riproduce per mitosi (divisione del nucleo della cellula madre in due nuclei delle due cellule figlie con l’ identico numero di cromosomi a quello del nucleo della cellula originaria).

Tra le cellule procariote sono le uniche in grado di utilizzare la luce solare come energia, l’ acqua come donatore di elettroni e l’ aria come fonte di carbonio (Methods in Enzymology, 2011).

cianobatteriI cianobatteri sono costituiti da un’ unica cellula invisibile ad occhio nudo ma che possono aggregarsi facilmente in colonie talmente numerose da rendersi anche si troppo visibili.

Si stima che siano comparsi circa 3,5 milioni di anni fa e da allora non sono mai scomparsi.

Esistono ciano come cellule singole avvolte da una guaina simile alla mucillagine, altre che vivono in forma aggregata dall’ aspetto piatto, arrotondato o a filamenti.

I Cianobatteri vivono in acqua e sono organismi fotosintetici quindi in grado di prodursi il cibo (autotrofismo)  attraverso la fotosintesi così come fanno le piante e le alghe.

Praticamente sfruttando alcuni pigmenti, composti chimici che riflettono solo certe lunghezze d’ onda della luce visibile, riescono a prodursi autonomamente ciò di cui hanno bisogno per vivere.

Un pigmento reagisce ad una gamma ristretta dello spettro per cui per catturare la maggior energia della luce solare vengono prodotti diversi pigmenti.

Abbiamo la clorofilla (pigmento verde) presente nelle piante e nelle alghe che si divide in tre specie “A”, “B” e “C”; i carotenoidi, che costituiscono un gruppo di pigmenti che vanno dal giallo al rosso passando per l’ arancione.

Sono detti  pigmenti accessori perchè non fanno altro che trasferire l’ energia catturata dalla luce alla clorofilla, quindi non agiscono direttamente sul processo della fotosintesi.

La fucoxanthina è uno di questi e la cito perché è responsabile della colorazione marrone di diverse alghe comprese le diatomee (vi ricordano qualcosa?).

Altro pigmento è la ficobillina che troviamo espressa nei cianobatteri. Poteva mai essere tutto così semplice ? No.

A questo pigmento corrispondono  due classi ovvero la ficocianina presente nei CyanoBacteria e la ficoeritrina responsabile del colore rosso delle alghe ma anche dei ciano che colpiscono l’ acquario marino.

Il colore blu-verde dei ciano è dato da una miscela di clorofilla e ficocianina.

cianobatteri cianobatteri

I cianobatteri sono caratterizzati da un’ attività fotosintetica cosi potente da essere responsabili di aver modificato nel corso di milioni di anni la composizione dei gas dell ‘ atmosfera arricchendola di quell’ ossigeno che oggi ci permette di vivere.

I cianobatteri hanno dato anche un altro grosso contributo: l’ origine delle piante. Un vero scoop! Sempre milioni di anni fa questi batteri hanno deciso di elevare la loro residenza all’ interno di cellule vegetali producendo in cambio dell’ ospitalità il cibo ad esse necessario … i cloroplasti della pianta altro non sono che cianobatteri.

I cianobatteri vivono in acqua e sono fotosintetici ed è questo il motivo per cui vengono chiamati alghe blue-verdi. Essi non hanno nulla da condividere con organismi eucarioti come le alghe e anche se correlati ai cloroplasti delle piante restano e resteranno sempre dei batteri.

Nota: La luce è fondamentale per i ciano batteri in quanto organismi autotrofi. Senza la luce essi non possono sopravvivere e quindi privarli della luce può essere uno dei sistemi per combatterli in acquario.

Tossicità: molti studi hanno dimostrato che i cianobatteri producono un nutrito numero di molecole biologicamente attive e molte di queste si sono rilevate particolarmente tossiche da poter uccidere un animale. Vediamole:

  1. Microcistina: epatotossica
  2. Nodularina: epatotossica; fu pubblicato un report da George Francis su “Nature” nel 1878 dove la morte di diversi umani in Australia era riconducibile all’ acqua bevuta da un lago durante il periodo di sviluppo di una varietà di cianobatterio.
  3. Anatossina: alcaloide neurotossico.
  4. Saxitossina: alcaloide nurototossico che induce il blocco dei canali del sodio nelle cellule nervose.
  5. Cilindrospermopsina: epatotossica
  6. Lyngbiatossina A: responsabile di flogosi e formazione di vescicole (dermatite da alghe).
  7. Aplisiatossina: prodotta da cianobatteri marini è responsabile di dermatiti.

cianobatteri

Note: la famiglia dei ciano batteri è caratterizzata da una numerosa varietà di specie. Una o piu specie produce una o più delle tossine sopra evidenziate. Molte di queste non sono presenti alle nostre latitudini per cui state tranquilli che qualora vi trovaste in vasca i ciano non avrete una bomba pronta ad esplodere per una guerra chimica biologica. La loro tossicità è comunque nota e quindi richiederà alcune attenzioni quando le combatteremo in acquario

cianobatteriCause:  Il poeta latino Lucrezio nel primo libro “De rerum natura” espresse il principio “nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam” ovvero nulla mai si genera dal nulla per volere divino. Quindi i ciano come le alghe che improvvisamente esplodono non nascono dal nulla perchè sono già presenti nei nostri acquari ma non li vediamo perchè sono dormienti. Alti livelli di rifiuti organici disciolti e/o di sostanze nutritive` possono scatenare i cianobatteri. Può capitare che questo possa succedere anche in acquari maturi e ben mantenuti ma vi assicuro che in questo caso la probabilità è davvero molto bassa…quasi una rarità. Anche una mancata o bassa circolazione dell’ acqua e l’ uso di vecchie lampade possono essere causa della loro comparsa come pure un fotoperiodo spinto ben oltre le 8 ore. Il denominatore comune resta lo sporco ed una vasca poco curata.

 

cianobatteriCome si presentano: I ciano hanno la capacità di tappezzare di tutto e di più (fondo sabbioso, rocce, radici, la parte bassa del cristallo anteriore a contatto con la sabbia). La sua crescita è maggiore nei punti di maggiore illuminazione e se siete arrivati sin qui dall’ inizio sapete già il perché. E’ difficile trovare colonie nelle parti più buie nonostante sia capace di sfruttare la luce come nessun essere vivente sa fare. La sua superficie blu verdastra sembra quella di un finissimo velluto, un tappeto di consistenza gelatinosa al tatto che cresce dal centro verso l’ esterno, che si ricopre di bollicine di ossigeno anche intrappolate nel suo spessore. Si, proprio quelle bollicine  facilitano la diagnosi in modo inequivocabile.  Il suo odore “puzzolente” come diceva mio figlio da bambino è un altro elemento che lo caratterizza. Unico, fastidioso, ripugnante oserei dire.  Questo tappeto avanza, ricopre tutto e quando tocca alle piante loro soccombono perché non sono più in grado di catturare la luce. Non so più cos’ altro dire per descriverle per cui fate riferimento anche alle foto. Spesso un’ immagine vale più di tante parole.

 

 

cianobatteri cianobatteri
cianobatteri cianobatteri

Nel marino vengono chiamate alghe rosse. La differenza di colore è data dalla differenza di pigmenti. Nel marino i cyanobacteria sono ricchi di ficoeritrina.

Lotta: E’ importante più che lottare prevenire. Quindi cerchiamo di tenere il nostro acquario in ordine e pulito. Sifoniamo il fondo per togliere gli eccessi di feci e foglie morte, tutto ciò che per catabolismo (degradazione di molecole organiche in altre più piccole – inquinamento da carbonio organico) porta ad un inquinamento organico. Fertilizzazione equilibrata (controlliamo i livelli di NO3 spesso bassi in tali situazioni per cui le piante possono andare in blocco – I ciano non assimilano i NO3). Piante e batteri “buoni” sono un baluardo allo sviluppo dei ciano.

Ma se nonostante le nostre attenzioni e soprattutto per colpa delle nostre disattenzioni i ciano compaiono non resta che armarci di strategia ed iniziare la partita di Risiko, la conquista del territorio. Abbiamo visto come la luce sia un fattore indispensabile per loro e quindi un modo di lottare è  quello di privare a loro questo elemento essenziale.

Se le colonie sono piccole e ben circoscritte usiamo tutto lo scibile della nostra cucina per togliere luce, tazzine di caffè, piattini tassativamente di ceramica, piccoli coperchi in acciaio o qualunque altra cosa che copra. Quanti giorni ? Io sono per le terapie a lungo termine quindi non meno di 6. Se dopo questo trattamento c’è ancora qualche colonia dovete ricoprire e attendere. Le rocce e le radici se possono essere rimosse fatelo e buttatele in acqua bollente per 10 minuti poi una bella spazzolata e di nuovo in vasca.

Se il layout non vi consente di operare in questo modo o se qualche pianta ne è vittima dobbiamo cambiare strategia. Passiamo alla chimica. Spruzziamo direttamente l’ acqua ossigenata a 3 volumi sulle colonie usando una siringa e sempre a filtro spento per 30 minuti.

Attenzione: non superare la dose di 20 ml di acqua ossigenata ogni 100 lt netti in vasca. Il trattamento può richiedere più interventi che vanno ripetuti non prima delle 24 ore dall’ ultimo quindi dovrete metterci tutta la vostra pazienza.

Invece quando le colonie sono ormai estese e hanno colpito anche le piante e non solo gli arredi la prima cosa da fare è chiedersi: ma come ho fatto a ridurre la vasca in questo stato ? Rispondo io per voi: NIENTE, non avete fatto niente. Prima riusciamo ad individuarle e ad intervenire più semplice sarà il compito per liberarsene. Quando la vasca è invasa, a fronte di questa sciagura diversi consigliano la terapia del buio totale. La vasca va ricoperta interamente con un telo di stoffa scura o una coperta spessa al punto tale che non deve passare neanche la benchè minima luce. La vasca va scoperta per il tempo necessario a dare un pizzichino di cibo ai pesci senza accendere le lampade e poi va subito ricoperta.

Attenzione: prima di questo trattamento occorre aspirare con un tubicino, quello dell’ aeratore, quante più colonie possibili con il filtro assolutamente spento per evitare che frammenti di ciano possano innescare nuove colonie. Ripristinare il livello con acqua nuova e coprire.

Personalmente questo metodo non lo consiglio. Spesso 5/6 giorni di buio totale non risolvono completamente il problema e nel contempo ve ne regalano un altro:

le piante. Delle piante a crescita veloce e di quelle che richiedono intensa illuminazione vi resterà solo il ricordo e la loro marcescenza. Insomma avrete capito che i ciano sono proprio degli abili giocatori a Risiko e con loro non si possono fare sconti perché lasceranno sempre altre vittime; come si dice venderanno cara la loro pelle a spese del nostro acquario e del nostro portafoglio. Per concludere questo argomento, quando ci troviamo in situazioni disperate  che colpisco anche le piante il rimedio migliore è fare una bella pulizia aspirandole con attenzione e ripeto a filtro spento per poi ingaggiare la madre di tutte le battaglie … la lotta chimica per eccellenza: CHEMICLEAN. 48 ore di trattamento ed il gioco è fatto senza problemi neanche per il vostro filtro biologico. Ordinabile su internet, un po’ costoso ma è un buon investimento.

 

Note riassuntive sulla lotta:

  1. Prima di ogni intervento aspirate quante più colonie possibili
  2. Tutte le operazioni vanno fatte a filtro spento (aspirazione delle colonie e trattamento con acqua ossigenata) da almeno 10 minuti per avere acqua ben ferma.
  3. Il trattamento con acqua ossigenata non da problemi a piante e pesci fatta eccezione per i muschi che sono abbastanza sensibili.
  4. Dopo ogni tipo di trattamento effettuare cambi consistenti di acqua, anche del 50% in caso di grosse zone colpite. Con la loro morte a seguito della lisi cellulare si liberano tossine pericolose per i pesci quindi è raccomandabile anche un trattamento settimanale con carbone attivo.
  5. Con la terapia del buio abbiate pazienza, gli sconti di durata del trattamento si ripagano amaramente.
  6. L’ acqua di aspirazione con le colonie andrebbero trattate con candeggina prima di buttarla via (non dimenticate che abbiamo a che fare con batteri!)
  7. Il tubicino usato per l’ aspirazione va anch’ esso sterilizzato riempiendolo con una soluzione di candeggina al 10%.

 

Per approfondire questi tipi di argomenti consiglio le seguenti letture :

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida impaginata da Marco Ferrara

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NB: alcune foto  sono state prese dal web , qualora il proprietario le riconoscesse come proprie e ne vuole la rimozione basta comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione.

faggio

Le foglie in acquario

Le foglie in acquario

La maggior parte dei pesci tropicali provengono da zone dove l’ acqua ha valori di durezza bassa, un pH debolmente acido o acido ed una colorazione ambrata più o meno intensa.

Questa magia è dovuta alle numerose foglie che cadendo dagli alberi rilasciano in acqua i tannini di cui sono ricche le foglie. A secondo delle piante di appartenenza, possono svolgere importanti azioni come la colorazione ambrata dell’ acqua, l’ acidificazione ed abbassamento della durezza, costituire un ottimo alimento vegetale per lumache e gamberetti, facilitare la formazione di infusori utilissimi per i piccoli avannotti di specie ovipare, creare nascondigli, svolgere un’ azione anti batterica ed anti micotica oltre a creare una decorazione ricercata nelle vasche amazzoniche (lettiere).

Non tutte Le foglie in acquario possono essere utilizzate in quanto alcune rilasciano sostanze tossiche. Potete utilizzare nei vostri acquari le foglie di catappa, quercia, faggio, acero, nocciola, noce, platano, ontano, gelso bianco, olmo e ciliegio. Possono essere impiegate anche tutte le foglie di albero da frutta non trattate con insetticidi. A proposito delle foglie di catappa tenete presente che queste in acqua di rubinetto danno una colorazione più marcata ma un effetto sul pH inferiore rispetto all’ acqua di osmosi dove la colorazione è meno intensa ma l’ attività acidificante è più marcata per l’ assenza dell’ effetto tampone dei carbonati. Una nota particolare va all’ ortica le cui foglie rappresentano un alimento eccezionale per i gamberetti per il contenuto di vitamine e sali minerali in esse contenute.

Anche per l’ ortica si suggerisce di farle seccare prima dell’ uso. Infine vorrei ricordare le pignette di ontano la cui attività acidificante non ha nulla da invidiare alle foglie di catappa e di quercia.

Vediamo un po’ di foglie e le loro “indicazioni d’ uso” in acquario

 

 

Le foglie in acquarioCatappa: Le foglie di catappa sono per le loro caratteristiche le migliori da utilizzare. La loro azione acidificante è la più marcata tra le foglie, seguita solo da quelle di quercia che di contro hanno il vantaggio di colorare in maniera quasi impercettibile l’ acqua . Le foglie di catappa riassumono in se tutte le caratteristiche prima esposte (acidificante,  cibo per caridine, antimicrobiche e anti micotiche) un vero regalo della natura. Facili da trovare nei negozi per acquari e ad un prezzo accessibile.

gelso

Gelso: sono tra i migliori alimenti per gamberetti e pleco per l’elevato valore nutrizionale delle foglie verdi. Se usate correttamente non modificano i valori dell’ acqua.

 

 

Foglie da raccogliere in autunno dopo caduta naturale dagli alberi 

 

querciaQuercia: le foglie di tutti i generi appartenenti a questa famiglia sono caratterizzate da un elevato contenuto di tannini e pertanto molto efficaci nell’ abbassare il pH. Colorazione media dell’ acqua.

 

 

 

faggioFaggio: piccole e sottili queste foglie hanno una scarsa attività sulla riduzione del pH e possono trovare impiego come lettiera nelle vasche con neocaridine davidii, particolarmente apprezzate dalle red cherry.

 

 

carpinoCarpino: a parità di peso hanno lo stesso effetto acidificante delle foglie di Catappa. Si consiglia di aggiungere due foglie giornalmente sino a raggiungere il valore desiderato. Conferiscono all’ acqua anche una bella tonalità scura per chi ama questo genere di vasche (pesci amazzonici).

 

 

 

 

 

noceNoce: famose per il loro effetto benefico sulla salute di pesci e gamberetti. Utili per combattere malattie batteriche, fungine e contro lo stress come le foglie di catappa ma a differenza di queste non alterano il pH e la colorazione dell’ acqua ed inoltre sono gratis !

 

 

 

 

betullaBetulla: le sue foglie non alterano il pH e non conferiscono colorazione all’ acqua. La loro resistenza alla decomposizione ne fanno un elemento idoneo per creare nascondigli e decorazioni mantenendo l’ acqua cristallina.

 

 

nocciolo

 

Nocciolo: anche queste foglie trovano impiego nell’ arredo come quelle di Betulla.

 

 

 

aceroAcero: effetto colorante forte e rapido. Anche il pH cala velocemente ma la durata di questo effetto è breve per cui tende a risalire nel giro di poche ore. Ottimo cibo per lumache e gamberetti.

 

 

 

platanoPlatano: l’ attività trascurabile sul pH e sulla colorazione dell’ acqua permettono la realizzazione di ottime lettiere per pesci più grandi grazie alle dimensioni delle sue foglie.

 

 

Raccolta: Il periodo di raccolta è l’ autunno quando le foglie cadono naturalmente dopo che l’ albero ne ha assorbito la linfa, la clorofilla ed altre sostanze. Le foglie secche aumentano la loro concentrazione di tannini anche di 4 volte rispetto alla foglia verde. Prestiamo molta attenzione a dove raccogliamo le foglie. Evitiamo per motivi d’ inquinamento i bordi delle strade, alberi nelle vicinanze di terreni agricoli (pesticidi), piccoli parchi cittadini. Approfittate di una gita in zone aperte e boschive per la vostra raccolta. Le foglie devono avere un aspetto sano, non presentare zone di necrosi (buchi) o un aspetto ammuffito. Il momento migliore è quello dopo una pioggia che fa cadere le foglie. Questa vanno sciacquate e fatte asciugare su carta. Dopo tre o quattro giorni quando sono ben asciutte le foglie vanno conservate possibilmente in sacchetti di carta, vanno benissimo quelli per il pane. Se l’ ambiente non è umido le vostre foglie saranno utilizzabili anche sino a 4 anni dalla loro raccolta.

La raccolta delle foglie allo stato verde e successiva essiccazione immagazzinano una quantità maggiore di nutrienti e preziosi composti organici. Questo procedimento è indicato come fonte di cibo per gamberetti, lumache e pleco o per il trattamento antimicrobico e antimicotico. Le foglie verdi essiccate devono essere usate con attenzione, un loro eccesso porta al deterioramento della qualità dell’ acqua.

 

Suggerimento:

Inizialmente Le foglie in acquario tenderanno a galleggiare ma se vuoi che affondino subito immergile prima per qualche minuto in acqua bollente. Questo metodo è utile anche per ridurre la colorazione dell’ acqua.

 

Alcune tabelle: le tabelle a seguire sono state estrapolate dalla ricerca di Istvan Toma (Akvarium Magazin)

tap water

La tabella mostra la variazione del pH nel tempo indotta dalle foglie prese in esame nell’ acqua di rubinetto (Hardtapwater) come riferimento. Nell’ ordine abbiamo: quercia, faggio, carpino, nocciolo, acero, platano, noce e catappa. Il carpino mostra un potere acidificante maggiore e più stabile rispetto alla catappa e alla quercia.

rowater

La stessa tabella dove il riferimento è l’ acqua osmotica (RO water) mostra un maggior potere acidificante della catappa seguita dal carpino e dalla quercia.

leave color

La tabella mostra la capacità colorante delle foglie prese in esame sempre nello stesso ordine (quercia, faggio, carpino, nocciolo, acero, platano, noce e catappa) in acqua osmotica (RO) e in acqua di rubinetto (Hardtapwater).

 

Per chi volesse approfondire l’argomento segnaliamo un interessante articolo riguardo “le foglie di catappa

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

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afidi

Afidi

Anche se si trattano di un insetto raramente presente nelle nostre vasche, ritorna utile trattare l’argomento Afidi e farlo conoscere più da vicino all’utente che purtroppo si potrebbe trovare in difficoltà ad affrontare la situazione in vasca.

Partiamo subito nel dire che è un insetto parassita in quanto infestante, che vive in colonie sulla terra e predilige le zone molto umide. Sono comunemente conosciuti con il nome di “Pidocchi delle piante”.

afidiQuesti insetti costituiscono la famiglia delle Aphidae, che a loro volta appartengono ad una famiglia molto più estesa chiamata Aphidina.

Hanno riproduzione vivipera e ovipera e sono diffusi nel mondo intero con il loro svariato genere e le loro numerose specie, con forme alate o attere.

Generalizzando sulla morfologia e rimanendo molto vaghi, possiamo distinguere che gli esemplari maschi sono più piccoli degli esemplari femmine, se presenti possiedono delle ali molto sviluppate, in modo particolare quelle anteriori, ma sempre relativamente alla dimensione del loro corpo.

Gli Afidi possiedono un apparato boccale atto a pungere e succhiare la linfa delle piante, le quali successivamente tendono a morire, pertanto sono considerati sempre come insetti dannosi sia direttamente che indirettamente. Direttamente per il loro continuo sottrarre sostanze vitali alle piante e indirettamente con l’espulsione di una sostanza, la “melata”, che non è altro che un liquido ricco di contenuti zuccherini, sostanzialmente le loro feci, alimento molto gradito dalle formiche, le quali addirittura, solo alcune specie, allevano gli Afidi stessi e le loro uova (agli Afidi alati, le formiche, staccano le ali per non farli scappare e li trasportano all’interno del formicaio dove se ne prendono cura procurandogli del cibo), in quanto produttori del loro prelibato alimento.

La melata è una sostanza molto nociva per le piante perché oltre a chiudere gli stomi delle foglie, è fonte di nascita di diversi funghi, in particolare uno nero che con lo sviluppo delle proprie colonie viene soprannominato “fumaggine” ed invade l’apparato fogliare che sembra sia stata annerita dal fumo. Ma un altro fattore fondamentale da tenere in considerazione è che la melata può richiamare, a sua volta, anche dei virus che attaccano e portano la pianta alla morte.

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Le specie italiane più note sono quelle che vengono “combattute” in agricoltura, che poi possono prendere piede anche nei nostri laghetti, paludari e acquari, mirando prevalentemente le piante galleggianti e foglie di altre piante che sfiorano o superano la superficie della colonna d’acqua; sembrerà strano ma è proprio così. Non a caso, come già accennato in precedenza,  questi insetti sono molto diffusi in ambienti caldi e umidi.

Gli Afidi bianchi e quelli neri sono quelli più noti e anche più diffusi, ma possono presentarsi in diversi altri colori, tra cui grigio, verde e giallo.

Tra i più importanti troviamo: L’Afide del cavolo, della fava, degli agrumi, delle graminacee, dell’olmo, del pesco e il famoso “Pidocchio delle rose”. Tutti minuscoli insetti dalle dimensioni comprese tra i 2mm e i 5 mm o poco più, che causano il danneggiamento e la distruzione di intere coltivazioni.

Gli Afidi si dividono in “polifagi” e “monofagi”. I primi si nutrono da diverse piante, mentre gli altri attingono ad un solo tipo di pianta.

Le specie alate vengono soprannominate “migranti” poiché appunto migrano di pianta in pianta e spesso vengono ritrovati anche sulle foglie delle piante ornamentali all’interno delle abitazioni.

Eliminare la presenza di questi parassiti non è molto facile, esistono dei rimedi naturali e dei prodotti chimici per liberarsene, ma funzionali solo in ambito “terrestre” e non a livello di acquariologia, dove occorre particolare attenzione a non inquinare avvelenendo determinati sistemi in equilibrio biologico quali laghetti,acquari o stagni, ad ogni modo alcuni metodi hanno dato risultati soddisfacenti .Analizziamoli entrambi.

  • Nel primo caso, cioè in giardino (laghetti esclusi naturalmente), in orto ed in casa per rimediare a queste infestazioni si può utilizzare del cotone imbevuto di alcool per ripulire un po’ energicamente le foglie delle piante, oppure un altro sistema più funzionale è quello di spruzzare del sapone di Marsiglia che andrà a formare sulla pianta, una sorta di patina nociva per questi parassiti che li porterà alla morte. Oltre questi metodi non rimane altro che l’uso di sostanze chimiche specifiche per combattere tali invasioni che si possono reperire nei negozi di agraria oppure possono essere adoperati da ditte che svolgono i servizi di disinfestazione.

Tutti questi metodi appena descritti NON sono assolutamente applicabili nelle nostre vasche, laghetti e paludari.

  • Nel secondo caso invece, quando uno dei nostri piccoli mondi sommersi vengono invasi da questi insetti, la situazione è molto più delicata e difficile da affrontare poiché c’è tutto un sistema (soprattutto con fauna all’interno) ed un equilibrio da non danneggiare con diversi prodotti sopratutto chimici.

In tanti annuiscono che si tratta di cibo vivo per i pesci, ma in realtà non è proprio così in quanto il 99% delle volte, da pochissimi esemplari, ne spuntano fuori una miriade, ma i pesci stentano spesso a cibarsene. Così, con la tranquillità che vengono cibati dai pesci, molti acquariofili li lasciano all’interno dove velocemente si colonizzano.

Come già detto, poiché fortunatamente queste invasioni sono rarissime nelle vasche, non è ancora stato affermato un metodo definitivo e sicuro per sconfiggere questi parassiti. Al momento sono stati fatti degli esperimenti con degli infusi di acqua e tabacco da sigaretta e di aglio bollito in acqua. Tra i due parleremo del secondo metodo che risulta essere meno invasivo e più naturale.

Una cosa fondamentale da fare è potare le foglie delle piante che fuoriescono dall’acqua e mantenerle basse sempre immerse, dove gli insetti non andranno,  rimuovere completamente tutte le piante galleggianti e riporle in un contenitore con acqua dove verranno trattate a spruzzo (con un semplice spruzzino) con una soluzione concentrata di aglio decotto in acqua almeno due o tre volte al giorno.

Naturalmente se l’infestazione viene presa in tempo allora ci saranno buone possibilità che le piante galleggianti si salvino, in caso contrario non c’è da aspettarsi miracoli poiché molto probabilmente la “melata” avrà fatto già il suo cattivo effetto anche su di loro portandole alla morte.

All’interno della vasca, una volta rimosse tutte le piante galleggianti e potate le foglie lunghe questi insetti non avranno più appoggio e neanche nutrienti. Dovranno essere rimossi manualmente, o meglio con l’ausilio di un retino per pesci.  

Per ulteriori approfondimenti si consiglia la lettura dell’articolo “Microfauna in acquario”

 

 

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Guida impaginata da Marco Ferrara

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