Vasca Di Giuseppe De Rito

Vasca Di Giuseppe De Rito

Vasca Di Giuseppe De Rito : Nasco acquariofilo nel 2000 quando in visita ad un centro giardinaggio della provincia di Bergamo mi imbatto in un betta, non uno qualunque, un betta splendens da esposizione che lasciava senza fiato tutti i presenti.

È stato amore a prima vista e da quel momento un escalation.

Acquisto una vaschetta da 20 litri inserendo il betta che non ero riuscito a lasciare in negozio

Nel giro di qualche mese passo ad un acquario Juwell 180  per poi arrivare dopo qualche anno all’attuale da 350 litri circa di costruzione artigianale aperto con vetro frontale stondato per una visione ottimale anche da diverse angolazioni.

Con quest’ultimo, mi evolvo passando al marino.

Sono stati 5 anni di impegno assoluto e intenso che mi ha regalato immense soddisfazioni e cocenti delusioni dovute esclusivamente ad errori iniziali di gestione e conduzione.

Il metodo che poi mi ha dato le maggiori soddisfazioni è stato un  DSB puro, senza filtro, con la sump dedicata a vasca di refugium. Ciò ha dato come risultato dei pesci in perfetta forma, coralli duri ottimamente estroflessi dai colori spettacolari e in crescita continua tanto da dover taleare con frequenza quasi come fosse un giardino fiorito, una vastità coralli duri SPs, LPS,molli e Spugne spettacolari tanto che il mio negoziante ogni volta che andavo a fargli visita voleva vedere le foto della mia barriera.Vasca Di Giuseppe De Rito

Di quel periodo mi rimane soltanto una foto che non rende giustizia alla spettacolarità dei colori dei coralli

Che tempi.

Ometto di ricordare il tragico momento in cui tutto è finito. Il solo pensiero mi fa male ancora adesso.

Un disastro.Una catastrofe.Una tragedia.

 

 

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impianto osmosi

Acqua osmotica e impianto osmosi

Acqua osmotica e impianto osmosi


Acqua osmotica e impianto osmosi ,una buona acqua è la base per ogni acquario, qualsiasi sia la sua tipologia: di acqua marina o dolce, con piante o senza.

L’acqua osmotica, abbreviata anche RO (dall’inglese Reversed Osmosis) da cui prende il nome dal processo di filtrazione a cui viene sottoposta, è un elemento fondamentale che non deve mai mancare ad un acquariofilo.

Vediamola di seguito nello specifico.

 

In cosa differisce dall’acqua di rubinetto?

L’acqua che circola nei nostri impianti domestici è composta da H2O più svariati elementi disciolti in essa (Ca2+, Mg2+, Na+, K+, SiO2, NO3) e poiché deve poter essere potabile viene trattata con disinfettanti come l’ipoclorito di sodio. Tutti questi elementi, entro una quantità stabilita per legge (Dlgs 31/2001 e direttiva 98/83/CE), sono necessari per l’utilizzo umano e stabiliscono la conducibilità dell’acqua (o TDS, Total Dissolved Solids).

A differenza dell’acqua di rubinetto, questi elementi sono assenti ed avremo quindi una conducibilità teorica pari a 0µs/cm, sinonimo di ottima qualità della stessa.

 

Come si usa l’acqua osmotica in acquario?

L’acqua osmotica non deve essere mai utilizzata pura, fatta eccezione per due soli casi: rabbocchi e diluizioni.

Per essere introdotta nel nostro acquario l’acqua RO deve subire un processo di remineralizzazione ovvero dovremo aggiungere i sali (gli elementi chimici) che sono stati rimossi durante il processo di filtrazione per l’ottenimento della stessa.

Qui la domanda sorge spontanea: perché rimuoviamo questi sali se poi dobbiamo reintegrarli?

La risposta è semplicissima: con il processo di osmosi inversa si ha la rimozione dei sali disciolti ma anche della filtrazione di altri elementi potenzialmente tossici quali metalli pesanti, composti organici e pesticidi e con la successiva remineralizzazione si va ad aggiungere una miscela di sali bilanciati secondo le nostre esigenze per ottenere acqua di elevata qualità.

Questa operazione va eseguita durante la preparazione dell’acqua che servirà nei nostri cambi: rimuovo acqua con X valori ed aggiungo acqua con gli stessi per non alterare nulla, o con valori più alti per aumentare la concentrazione in acquario.

Come precedentemente accennato, andremo ad utilizzare l’acqua RO pura solo ed esclusivamente in due casi:

  • Rabbocchi: durante il processo di evaporazione diminuisce il volume all’interno del nostro acquario ma nel contempo aumenta la concentrazione salina, motivo per cui si noterà un innalzamento dei valori. Andando a rabboccare con acqua RO andremo a ripristinare il volume originario e la concentrazione di sali senza nessuna alterazione, diversamente se invece aggiungessimo acqua di rete, e quindi ricca di sali, andremmo ad aumentare la concentrazione.
  • Diluizione: se il nostro interesse è quello di ridurre la concentrazione dei sali disciolti nel nostro acquario, andremo ad effettuare un cambio rimuovendo parte del volume presente e sostituendola con acqua RO. Così facendo si avrà una riduzione di tutti i valori.

Questa operazione non sostituisce il normale processo per i cambi d’acqua.

Effettuare cambi con osmosi pura non significa introdurre acqua di qualità migliore: l’utilizzo di acqua RO riduce i carbonati KH (e GH in acquario dolce) presenti nel nostro acquario, i quali come noto influenzano anche il pH. Sbalzi eccessivi possono rivelarsi mortali, quindi non dovremo mai aumentare o diminuire il valore di KH di mezzo punto al giorno (massimo 2 punti in acquario dolce).

Dopo queste piccole premesse e dopo aver capito come e quando utilizzarla vediamo nello specifico il processo per la sua produzione.

 

In cosa consiste un impianto osmosi?

In un impianto per osmosi inversa l’acqua viene convogliata in una serie di prefiltri e successivamente ne viene forzato il passaggio in una membrana la quale, sfruttando la pressione indotta su di essa dal liquido, si libera di tutti i sali e/o sostanze organiche, batteri in essa contenuta e successivamente può essere ulteriormente convogliata in altri contenitori che mediante l’uso di apposite resine filtrano ulteriormente l’acqua.

 

Quante tipologie di impianto esistono?

Soltanto due. Esistono impianti in linea ed impianti a bicchieri la cui differenza consiste solo nella disposizione dei contenitori e delle prestazioni ma il procedimento di filtrazione è il medesimo.

impianto osmosi

 

 

Com’è costituito e come funziona un impianto osmosi?

Un impianto osmosi è un insieme totalmente personalizzabile ed ampliabile di diversi contenitori (detti stadi) dove sono contenuti materiali filtranti, membrana osmotica e resine post osmosi.

 

Vediamo di seguito nello specifico un impianto a bicchieri a 4 stadi:

  • Durante il primo step l’acqua scorre all’interno del filtro per i sedimenti dove viene trattenuto il particolato più grosso, solitamente questo filtro ha capacità filtrante di 10, 5, 3 o 1 µm.
  • Il secondo step avviene nel secondo stadio dove l’acqua viene filtrata in una cartuccia ai carboni attivi dove vengono adsorbiti ulteriori elementi. Fino a questo momento non si parla ancora di acqua osmotica poiché viene effettuata solo una sgrossatura delle scorie più grossolane
  • Il terzo step avviene nel vessel, ovvero il contenitore che ospita la membrana osmotica. Questa membrana è composta da un insieme di strati di pellicole che, sfruttando una determinata pressione di esercizio (solitamente compresa tra i 3,5bar minimi ai 10bar massimi), hanno il compito di filtrare ulteriormente l’acqua trattenendo scorie, pesticidi e metalli pesanti e lasciando passare solo l’acqua depurata. Da questo stadio l’acqua non depurata viene espulsa e scaricata dall’impianto, mentre la parte buona viene erogata o prosegue il processo di filtrazione.

Le membrane osmotiche non sono tutte uguali, oltre alle varie specifiche di esercizio e prestazioni dei vari costruttori, differiscono nella capacità produttiva. Le tipologie di membrana più diffuse per l’acquariofilia sono tre: 50, 70 o 100 GPD (Gallons Per Day) ovvero quanti litri di acqua osmotica riesce a produrre una membrana nell’arco delle 24h (1 gallone equivale a 3,785 litri).

  • Il quarto step avviene nelle resine post osmosi dove l’acqua filtrata dalla membrana subisce un ulteriore trattamento nelle resine prima di essere erogata. Le resine solitamente impiegate si dividono nelle seguenti tipologie:
    • Deionizzanti: attraverso l’uso di resine cationiche vengono prima scambiati ioni Ca2+ e Mg2+ presenti nell’acqua con gli ioni Na+ della resina e successivamente le resine anioniche per abbattere totalmente la salinità.
    • Antisilicati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i silicati (SiO2) presenti nell’acqua post filtrazione.
    • Antinitrati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i nitrati (NO3) presenti nell’acqua post filtrazione.
    • Antifosfati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i fosfati (PO4) presenti nell’acqua post filtrazione.

Come abbiamo precedentemente detto, ogni impianto osmosi è totalmente personalizzabile, infatti è possibile aggiungere un numero infinito di stadi, filtri e prefiltri ed inoltre è possibile anche collegare più membrane in parallelo.

 

Quale impianto devo acquistare?

Prima di procedere all’acquisto di un impianto osmosi vanno valutati 3 aspetti: conducibilità in ingresso, pressione, richiesta d’acqua.

  • La conducibilità in ingresso della nostra acqua è l’elemento più importante da valutare poiché da questo fattore si determina il numero minimo di stadi che il nostro impianto dovrà avere. Questo dato è fornito per legge ed è possibile ritrovarlo nella bolletta della società incaricata della fornitura idrica o sul sito della stessa (di seguito un esempio) o del nostro comune di residenza.

  • Una volta in possesso di questo dato il calcolo è molto semplice:Omettendo i primi due stadi (sedimenti e carboni attivi) dove si effettua una prima filtrazione rimuovendo il particolato più grosso, la filtrazione vera e propria come detto precedentemente avviene nella membrana dove questa trattiene circa il 98% dei sali disciolti:

 

Esempio: Ipotizziamo di avere in ingresso acqua con una conducibilità di 520µs/cm (se il dato è fornito in come TDS, per la conversione basta dividere questo numero per 1,56 rispetto allo standard europeo, dividere per 2,00 per lo standard USA).

Come detto sopra, la membrana tratterrà circa il 98% del materiale disciolto (corrispondente in questo caso a 509,6µs/cm). Ciò significa che in uscita dalla membrana osmotica avremo una conducibilità pari a 10,4µs/cm.

Per l’uso in acqua dolce se il valore in uscita dalla membrana è compreso tra 0 e 20µs/cm avremo a disposizione acqua adatta per essere impiegata, mentre per valori superiori e per l’impiego per acqua marina dovremo procedere con la filtrazione aggiungendo stadi e resine post filtrazione.

Andremo quindi a calcolare almeno uno stadio caricato con resine deionizzanti tenendo conto che ogni stadio post filtrazione riesce ad abbattere valori massimi di 10/12µs/cm (valore che dipende dalla qualità e dalle specifiche delle resine).

Eventuali altri stadi vanno riempiti con resine mirate alle nostre esigenze: potrebbero essere sufficienti altre resine deionizzanti o potrebbe rivelarsi necessario l’impiego di antisilicati ad esempio.

    • La pressione è un altro dato fondamentale da valutare per il nostro impianto. Come accennato, le membrane hanno una pressione di esercizio che oscilla tra 3 ÷ 10 bar ed è fondamentale garantire questo valore poiché valori inferiori e/o superiori portano ad un danneggiamento della membrana da cui ne consegue una riduzione della qualità dell’acqua prodotta e ad una sensibile riduzione della sua vita, nel caso di pressione elevata anche ad esplosione della stessa.

 

Come comportarsi quando la pressione non è adeguata?

Se la pressione in ingresso non è sufficiente bisognerà installare una pompa booster collegandola dopo i prefiltri prima dell’ingresso nella membrana. Questa pompa si occuperà di garantire una pressione sufficiente per il nostro impianto e qualora la pressione fosse eccessiva, si procederà ad installare un pressostato di massima che limiterà la pressione evitando rotture.

  • La quantità di acqua a noi necessaria determina la membrana che dovremo andare ad installare nel nostro impianto tenendo conto che ad esempio una membrana da 100GPD produce più acqua di una 50GPD ma la conducibilità in uscita da quest’ultima sarà più bassa.

 

 

Quando devo sostituire i materiali filtranti?

Ogni casa produttrice di Acqua osmotica e impianto osmosi fornisce la durata media presunta dei propri materiali, in linea teorica solitamente filtro sedimenti, carboni attivi ed eventuali altri prefiltri hanno durata massima di 6 mesi, mentre la membrana osmotica ha un decadimento determinato dai litri prodotti (indicata dal produttore), mentre per le resine post osmosi è possibile verificarne l’usura mediante la misurazione con conduttivimetro direttamente sull’acqua prodotta oppure tramite il cambiamento cromatico qualora vengano impiegate resine a viraggio di colore.

È buona norma sostituire i materiali filtranti prima della loro completa usura al fine di avere sempre un’acqua di ottima qualità.

 

Come conservo il mio impianto quando non lo utilizzo?

Quando avremo terminato la nostra produzione andremo ad effettuare il lavaggio della membrana per qualche minuto aprendo l’apposita valvola e richiudendola una volta terminato il lavaggio. È importante svolgere questa operazione per preservare la nostra membrana ed è buona norma non lasciare MAI la membrana all’asciutto e ferma per più di due settimane poiché le sostanze contenute nell’acqua di rete potrebbero corroderla e quindi danneggiarla.

 

Per approfondimenti si consigliano anche i seguenti articoli:

 

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo riguardante Acqua osmotica e impianto osmosi e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Articolo Acqua osmotica e impianto osmosi impaginato da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

cianobatteri

Cianobatteri

Cianobatteri

Uno dei problemi che angoscia l’ acquariofilio è scoprire la presenza dei cianobatteri che di solito sono trattati insieme alle alghe ma che in realtà alghe non sono.

Dopo la Cladophora crispata, i cianobatteri rappresentano in assoluto la seconda battaglia epocale che un acquariofilo potrebbe trovarsi ad affrontare sia per la difficoltà a debellarli, sia per l’ impegno a sostenere questa battaglia in termini di energie e tanta pazienza .

Il modo migliore per combattere i cianobatteri è conoscerli.

[pullquote-right]Esistono circa 2.000 specie suddivise in  150 generi di cui 46 segnalati come produttori di tossine. Essi sono presenti sia in acque dolci che salate e capaci di vivere in ambienti estremi come i laghi ghiacciati, le sorgenti termali e le saline.[/pullquote-right]

I cianobatteri presentano una varietà di tipi di cellule, strutture cellulari e strategie fisiologiche da contribuire al successo ecologico del plancton metaphyton (libero in acqua) o periphyton (attaccato a rocce, piante e qualsiasi altro oggetto presente sopra al sedimento).

Molte specie di cianobatteri vengono raccolte o coltivate appositamente come fonti alimentari, alimenti per animali, fertilizzanti e prodotti sanitari. (W.F. Vincent, in Encyclopedia of Inland Waters, 2009)

Quindi ci sono anche quelli utili !

I cianobatteri sono cellule procariote quindi non hanno un nucleo morfologicamente distinto in quanto è assente la membrana nucleare e non si riproduce per mitosi (divisione del nucleo della cellula madre in due nuclei delle due cellule figlie con l’ identico numero di cromosomi a quello del nucleo della cellula originaria).

Tra le cellule procariote sono le uniche in grado di utilizzare la luce solare come energia, l’ acqua come donatore di elettroni e l’ aria come fonte di carbonio (Methods in Enzymology, 2011).

cianobatteriI cianobatteri sono costituiti da un’ unica cellula invisibile ad occhio nudo ma che possono aggregarsi facilmente in colonie talmente numerose da rendersi anche si troppo visibili.

Si stima che siano comparsi circa 3,5 milioni di anni fa e da allora non sono mai scomparsi.

Esistono ciano come cellule singole avvolte da una guaina simile alla mucillagine, altre che vivono in forma aggregata dall’ aspetto piatto, arrotondato o a filamenti.

I Cianobatteri vivono in acqua e sono organismi fotosintetici quindi in grado di prodursi il cibo (autotrofismo)  attraverso la fotosintesi così come fanno le piante e le alghe.

Praticamente sfruttando alcuni pigmenti, composti chimici che riflettono solo certe lunghezze d’ onda della luce visibile, riescono a prodursi autonomamente ciò di cui hanno bisogno per vivere.

Un pigmento reagisce ad una gamma ristretta dello spettro per cui per catturare la maggior energia della luce solare vengono prodotti diversi pigmenti.

Abbiamo la clorofilla (pigmento verde) presente nelle piante e nelle alghe che si divide in tre specie “A”, “B” e “C”; i carotenoidi, che costituiscono un gruppo di pigmenti che vanno dal giallo al rosso passando per l’ arancione.

Sono detti  pigmenti accessori perchè non fanno altro che trasferire l’ energia catturata dalla luce alla clorofilla, quindi non agiscono direttamente sul processo della fotosintesi.

La fucoxanthina è uno di questi e la cito perché è responsabile della colorazione marrone di diverse alghe comprese le diatomee (vi ricordano qualcosa?).

Altro pigmento è la ficobillina che troviamo espressa nei cianobatteri. Poteva mai essere tutto così semplice ? No.

A questo pigmento corrispondono  due classi ovvero la ficocianina presente nei CyanoBacteria e la ficoeritrina responsabile del colore rosso delle alghe ma anche dei ciano che colpiscono l’ acquario marino.

Il colore blu-verde dei ciano è dato da una miscela di clorofilla e ficocianina.

cianobatteri cianobatteri

I cianobatteri sono caratterizzati da un’ attività fotosintetica cosi potente da essere responsabili di aver modificato nel corso di milioni di anni la composizione dei gas dell ‘ atmosfera arricchendola di quell’ ossigeno che oggi ci permette di vivere.

I cianobatteri hanno dato anche un altro grosso contributo: l’ origine delle piante. Un vero scoop! Sempre milioni di anni fa questi batteri hanno deciso di elevare la loro residenza all’ interno di cellule vegetali producendo in cambio dell’ ospitalità il cibo ad esse necessario … i cloroplasti della pianta altro non sono che cianobatteri.

I cianobatteri vivono in acqua e sono fotosintetici ed è questo il motivo per cui vengono chiamati alghe blue-verdi. Essi non hanno nulla da condividere con organismi eucarioti come le alghe e anche se correlati ai cloroplasti delle piante restano e resteranno sempre dei batteri.

Nota: La luce è fondamentale per i ciano batteri in quanto organismi autotrofi. Senza la luce essi non possono sopravvivere e quindi privarli della luce può essere uno dei sistemi per combatterli in acquario.

Tossicità: molti studi hanno dimostrato che i cianobatteri producono un nutrito numero di molecole biologicamente attive e molte di queste si sono rilevate particolarmente tossiche da poter uccidere un animale. Vediamole:

  1. Microcistina: epatotossica
  2. Nodularina: epatotossica; fu pubblicato un report da George Francis su “Nature” nel 1878 dove la morte di diversi umani in Australia era riconducibile all’ acqua bevuta da un lago durante il periodo di sviluppo di una varietà di cianobatterio.
  3. Anatossina: alcaloide neurotossico.
  4. Saxitossina: alcaloide nurototossico che induce il blocco dei canali del sodio nelle cellule nervose.
  5. Cilindrospermopsina: epatotossica
  6. Lyngbiatossina A: responsabile di flogosi e formazione di vescicole (dermatite da alghe).
  7. Aplisiatossina: prodotta da cianobatteri marini è responsabile di dermatiti.

cianobatteri

Note: la famiglia dei ciano batteri è caratterizzata da una numerosa varietà di specie. Una o piu specie produce una o più delle tossine sopra evidenziate. Molte di queste non sono presenti alle nostre latitudini per cui state tranquilli che qualora vi trovaste in vasca i ciano non avrete una bomba pronta ad esplodere per una guerra chimica biologica. La loro tossicità è comunque nota e quindi richiederà alcune attenzioni quando le combatteremo in acquario

cianobatteriCause:  Il poeta latino Lucrezio nel primo libro “De rerum natura” espresse il principio “nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam” ovvero nulla mai si genera dal nulla per volere divino. Quindi i ciano come le alghe che improvvisamente esplodono non nascono dal nulla perchè sono già presenti nei nostri acquari ma non li vediamo perchè sono dormienti. Alti livelli di rifiuti organici disciolti e/o di sostanze nutritive` possono scatenare i cianobatteri. Può capitare che questo possa succedere anche in acquari maturi e ben mantenuti ma vi assicuro che in questo caso la probabilità è davvero molto bassa…quasi una rarità. Anche una mancata o bassa circolazione dell’ acqua e l’ uso di vecchie lampade possono essere causa della loro comparsa come pure un fotoperiodo spinto ben oltre le 8 ore. Il denominatore comune resta lo sporco ed una vasca poco curata.

 

cianobatteriCome si presentano: I ciano hanno la capacità di tappezzare di tutto e di più (fondo sabbioso, rocce, radici, la parte bassa del cristallo anteriore a contatto con la sabbia). La sua crescita è maggiore nei punti di maggiore illuminazione e se siete arrivati sin qui dall’ inizio sapete già il perché. E’ difficile trovare colonie nelle parti più buie nonostante sia capace di sfruttare la luce come nessun essere vivente sa fare. La sua superficie blu verdastra sembra quella di un finissimo velluto, un tappeto di consistenza gelatinosa al tatto che cresce dal centro verso l’ esterno, che si ricopre di bollicine di ossigeno anche intrappolate nel suo spessore. Si, proprio quelle bollicine  facilitano la diagnosi in modo inequivocabile.  Il suo odore “puzzolente” come diceva mio figlio da bambino è un altro elemento che lo caratterizza. Unico, fastidioso, ripugnante oserei dire.  Questo tappeto avanza, ricopre tutto e quando tocca alle piante loro soccombono perché non sono più in grado di catturare la luce. Non so più cos’ altro dire per descriverle per cui fate riferimento anche alle foto. Spesso un’ immagine vale più di tante parole.

 

 

cianobatteri cianobatteri
cianobatteri cianobatteri

Nel marino vengono chiamate alghe rosse. La differenza di colore è data dalla differenza di pigmenti. Nel marino i cyanobacteria sono ricchi di ficoeritrina.

Lotta: E’ importante più che lottare prevenire. Quindi cerchiamo di tenere il nostro acquario in ordine e pulito. Sifoniamo il fondo per togliere gli eccessi di feci e foglie morte, tutto ciò che per catabolismo (degradazione di molecole organiche in altre più piccole – inquinamento da carbonio organico) porta ad un inquinamento organico. Fertilizzazione equilibrata (controlliamo i livelli di NO3 spesso bassi in tali situazioni per cui le piante possono andare in blocco – I ciano non assimilano i NO3). Piante e batteri “buoni” sono un baluardo allo sviluppo dei ciano.

Ma se nonostante le nostre attenzioni e soprattutto per colpa delle nostre disattenzioni i ciano compaiono non resta che armarci di strategia ed iniziare la partita di Risiko, la conquista del territorio. Abbiamo visto come la luce sia un fattore indispensabile per loro e quindi un modo di lottare è  quello di privare a loro questo elemento essenziale.

Se le colonie sono piccole e ben circoscritte usiamo tutto lo scibile della nostra cucina per togliere luce, tazzine di caffè, piattini tassativamente di ceramica, piccoli coperchi in acciaio o qualunque altra cosa che copra. Quanti giorni ? Io sono per le terapie a lungo termine quindi non meno di 6. Se dopo questo trattamento c’è ancora qualche colonia dovete ricoprire e attendere. Le rocce e le radici se possono essere rimosse fatelo e buttatele in acqua bollente per 10 minuti poi una bella spazzolata e di nuovo in vasca.

Se il layout non vi consente di operare in questo modo o se qualche pianta ne è vittima dobbiamo cambiare strategia. Passiamo alla chimica. Spruzziamo direttamente l’ acqua ossigenata a 3 volumi sulle colonie usando una siringa e sempre a filtro spento per 30 minuti.

Attenzione: non superare la dose di 20 ml di acqua ossigenata ogni 100 lt netti in vasca. Il trattamento può richiedere più interventi che vanno ripetuti non prima delle 24 ore dall’ ultimo quindi dovrete metterci tutta la vostra pazienza.

Invece quando le colonie sono ormai estese e hanno colpito anche le piante e non solo gli arredi la prima cosa da fare è chiedersi: ma come ho fatto a ridurre la vasca in questo stato ? Rispondo io per voi: NIENTE, non avete fatto niente. Prima riusciamo ad individuarle e ad intervenire più semplice sarà il compito per liberarsene. Quando la vasca è invasa, a fronte di questa sciagura diversi consigliano la terapia del buio totale. La vasca va ricoperta interamente con un telo di stoffa scura o una coperta spessa al punto tale che non deve passare neanche la benchè minima luce. La vasca va scoperta per il tempo necessario a dare un pizzichino di cibo ai pesci senza accendere le lampade e poi va subito ricoperta.

Attenzione: prima di questo trattamento occorre aspirare con un tubicino, quello dell’ aeratore, quante più colonie possibili con il filtro assolutamente spento per evitare che frammenti di ciano possano innescare nuove colonie. Ripristinare il livello con acqua nuova e coprire.

Personalmente questo metodo non lo consiglio. Spesso 5/6 giorni di buio totale non risolvono completamente il problema e nel contempo ve ne regalano un altro:

le piante. Delle piante a crescita veloce e di quelle che richiedono intensa illuminazione vi resterà solo il ricordo e la loro marcescenza. Insomma avrete capito che i ciano sono proprio degli abili giocatori a Risiko e con loro non si possono fare sconti perché lasceranno sempre altre vittime; come si dice venderanno cara la loro pelle a spese del nostro acquario e del nostro portafoglio. Per concludere questo argomento, quando ci troviamo in situazioni disperate  che colpisco anche le piante il rimedio migliore è fare una bella pulizia aspirandole con attenzione e ripeto a filtro spento per poi ingaggiare la madre di tutte le battaglie … la lotta chimica per eccellenza: CHEMICLEAN. 48 ore di trattamento ed il gioco è fatto senza problemi neanche per il vostro filtro biologico. Ordinabile su internet, un po’ costoso ma è un buon investimento.

 

Note riassuntive sulla lotta:

  1. Prima di ogni intervento aspirate quante più colonie possibili
  2. Tutte le operazioni vanno fatte a filtro spento (aspirazione delle colonie e trattamento con acqua ossigenata) da almeno 10 minuti per avere acqua ben ferma.
  3. Il trattamento con acqua ossigenata non da problemi a piante e pesci fatta eccezione per i muschi che sono abbastanza sensibili.
  4. Dopo ogni tipo di trattamento effettuare cambi consistenti di acqua, anche del 50% in caso di grosse zone colpite. Con la loro morte a seguito della lisi cellulare si liberano tossine pericolose per i pesci quindi è raccomandabile anche un trattamento settimanale con carbone attivo.
  5. Con la terapia del buio abbiate pazienza, gli sconti di durata del trattamento si ripagano amaramente.
  6. L’ acqua di aspirazione con le colonie andrebbero trattate con candeggina prima di buttarla via (non dimenticate che abbiamo a che fare con batteri!)
  7. Il tubicino usato per l’ aspirazione va anch’ esso sterilizzato riempiendolo con una soluzione di candeggina al 10%.

 

Per approfondire questi tipi di argomenti consiglio le seguenti letture :

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

NB: alcune foto  sono state prese dal web , qualora il proprietario le riconoscesse come proprie e ne vuole la rimozione basta comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione.

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Allestimento per caridine Davidi

Allestimento per caridine Davidi

Capita spesso di avere a disposizione una piccola vasca (dai 20 ai 40 L) e ci chiediamo cosa poter mettere all’interno.
Una buona scelta può essere utilizzarlo per ospitare delle caridine, con questo articolo, mi piacerebbe indicare quelle che secondo me sono le principali linee guida per Allestimento per caridine Davidi.

Anche se caratterizzate da dimensioni ridotte questi simpatici animaletti possono comunque dare delle belle soddisfazioni, pur essendo caratterizzate da una gestione relativamente semplice.

 

Allestimento

Partiamo con ordine… cosa ci serve per poterle ospitare.

per l’ Allestimento per caridine Davidi sono sicuramente da prediligere VASCHE RETTANGOLARI in quanto a questi animaletti piace più zampettare piuttosto che nuotare in giro. Come dimensioni si legge di tutto da pochi litri a grandi vasche, mi concentrerò sul limite inferiore della dimensione, che secondo la mia opinione, non dovrebbe scendere sotto i 20 L netti. Personalmente sconsiglio di andare sotto tale volume per l’impatto sempre maggiori che l’evaporazione può avere sui valori e per il fatto che vasche molto piccole mal sopportano eventuali errori di gestione.

Altra questione che su cui possiamo trovare pareri molto discordanti è la questione FILTRO. Personalmente non sono amante dei filtri ad aria (specialmente quando non sono accompagnati da un supporto biologico). Rimarrei su un piccolo filtro interno (in genere sono di piccole dimensioni ed eventualmente angolari per recuperare spazio) o un filtro a zainetto in cui non devono mancare i canolicchi. Date le esigue dimensioni di tali filtri i mini-Siphorax della Sera sono un supporto consigliato. In entrambi i casi l’aspirazione deve essere schermata (si può usare una calza di nylon per esempio).

Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi

Passando ora all’allestimento non sono necessarie cose particolari. possiamo impiegare un qualsiasi FONDO INERTE possibilmente di colori scuri (fanno risaltare i colori della livrea e riflettono meno la luce) possibilmente di granulometria medio piccola (1-5 mm). Come arredo vanno bene sia legni che rocce (purchè inerti, come ad esempio le Dargonstone). Si sconsiglia l’uso di fondi fertili, in quanto le caridine potrebbero essere sensibili ad essi.

Allestimento per caridine Davidi

Nell’ Allestimento per caridine Davidi anche per le PIANTE la scelta è estremamente ampia (valutatele in base al tipo di luce che avete a disposizione) e può quindi adattarsi a nostro gusto, ma ci sono alcune “regole” che sarebbe meglio seguire:

  • Devono essere estremamente abbondanti i MUSCHI. Essi infatti sono estremamente importanti per le caridine: gli esemplari adulti passano moltissimo tempo a “spulciarli” per potersi cibare di micro-alghe e le baby invece lo sfruttano anche come nascondiglio.Ci si può sbizzarrire con muschi del genere Taxiphillum, Vesicularia, Riccia, Fissidens fontinalis, etc.
  • Evitare PIANTE ROSSE E/O ESTREMAMENTE ESIGENTI e “PRATINI” in quanto richiedono fertilizzazione e illuminazione molto spinte, scarsamente gradite ai gamberetti. In generale le piante ghiotte di ferro le eviterei (si possono mettere, però bisogna essere consapevoli del fatto che con una fertilizzazione molto blanda, potrebbero risentirne).
  • È caldamente consigliato l’inserimento di CLADOPHORE, comunemente chiamate “alghe palla” (vale lo stesso discorso dei muschi)Io trovo poi molto utili anche piante come il Ceratophillum lasciato galleggiante (pianta veloce che aiuta molto anche il filtro a smaltire gli inquinanti), ma non è fondamentale se non piace.

Allestimento per caridine DavidiIl RISCALDATORE può essere presente, come non esserlo. Se riuscite a mantenere la temperatura sui 21/22 °C senza, potete tranquillamente evitarlo tenendo presente che non bisogna scendere sotto i 19°C.

 

 

 

Nota: l’aeratore, in presenza di piante, lo ritengo piuttosto superfluo, si può quindi omettere fatto salvo l’uso di filtri interni ad aria.

 

 

Valori e Gestione

Partiamo con il dire una cosa che può essere anche abbastanza scontata, però molto importante, l’acqua deve essere “pulita”. Con ciò intendo che le caridine tollerano poco vasche con alte concentrazioni di inquinanti e metalli pesanti (possono portare anche alla morte della colonia stessa).

Per questo motivo consiglio caldamente l’utilizzo di ACQUA DI OSMOSI per la gestione dei caridinai, chiaramente ricostruita con sali appositi per ottenere KH e GH adeguati, indipendentemente dalle caratteristiche dell’acqua di rubinetto. L’acqua di osmosi elimina tutte le componenti dannose, che benché siano contenute in bassa %, con il tempo possono accumularsi.

A livello pratico come valori abbiamo:

  • pH: 7-8
  • KH: 3-5
  • GH: 7-9
  • NO3: massimo 5 mg/l (consigliato)
  • PO4: massimo 0.5 mg/l (consigliato)
  • Fe: massimo 0.2 mg/l
  • Conduttività: 400-500 µS/cm
  • Temperatura 19-23 °C (ottimale a 21-22°C)

È quindi possibile mantenere una blanda fertilizzazione, senza arrecare danno ai gamberetti. Per quanto riguarda il ferro però bisogna avere cura di inserirlo in forma CHELATA, in modo che rimanga stabile in vasca, senza però creare problemi alle caridine stesse. Se non ve la sentite di fertilizzare “normalmente” o avete piante tutto sommato molto poco esigenti consiglio comunque di inserire un po’ di potassio. Potete usare prodotti commerciali come Kalium della Easy Life o Potassium della Seachem o per gli amanti del DYI il solfato di potassio K2SO4, partendo possibilmente da sali puri (è meglio però evitare di superare i 10 mg/L.).

Per i cambi d’acqua è possibile effettuare dei cambi del 15% ogni due settimane, ma non è una regola ferrea, dipende dalla gestione che preferite seguire. La cosa importante è fare il cambio con dell’acqua alla STESSA TEMPERATURA della vasca (oltre ovviamente a valori quanto più possibile simili). Ricordo inoltre che i cambi di acqua possono stimolare la muta, è quindi frequente trovare dei “fantasmi” in vasca (non toglieteli, non creano nessun problema in vasca).

Allestimento per caridine Davidi

 

Consiglio: Nella gestione di un caridinaio è raccomandabile l’uso di un conduttimetro con il quale possiamo ricostruire facilmente e rapidamente l’acqua osmotica per portarla agli stessi valori di KH e GH di quelli in vasca usando appositi sali e per controllare la qualità dell’acqua osmotica (che non deve superare i 20 µS/cm per essere di buona qualità

 

 

 

Parlando di problematiche relative alla uno dei problemi principali è la comparsa di PLANARIE. Sono dei vermetti che spesso possiamo trovare sul vetro (ma anche su tutti gli arredi), di colore bianco/marroncino in genere. Hanno dimensioni estremamente variabili da qualche mm a oltre 1 cm. Sono facilmente riconoscibili poiché la loro testa ha la tipica forma triangolare. La loro presenza se da un lato indica una buona qualità dell’acqua, dall’altro può essere un problema non solo estetico, ma anche per le baby stesse in quanto possono essere predate.

Allestimento per caridine DavidiEsse possono arrivare in vasca con l’inserimento di nuove piante per esempio (anche se non le vedete al momento le piante possono trasportare le uova di tali micro-organismi che sono molto resistenti). Per eliminarle in modo efficace bisogna ricorrere al No-Planaria della Ghenchem (un estratto naturale a base di foglie di banano). Le trappole possono aiutare a ridurre il numero di planarie in vasca per evitare una formazione eccessiva di materiale organico in vasca che andrà a decomporsi. Evitavate l’inserimento di pesci, anche di piccole dimensioni, come predano le planarie possono predare anche le baby. Non utilizzerei inoltre metodi che portano all’utilizzo di farmaci, in quanto le caridine sono sensibili a molti principi attivi (possono portare, soprattutto se dosati in modo non corretto, a morte o danni alle caridine stesse).

Nota: evitate di tagliuzzare o schiacciare le planarie in vasca, hanno delle grandissime capacità rigenerative, che gli permettono di sostituire le parti amputate (quindi non solo non eliminerete la planaria, ma ne andrete a ottenere 2).

Allestimento per caridine Davidi

Le C. davidii prediligono temperature che oscillano tra i 19°C e i 23°C quindi anche nel periodo invernale si potrebbe omettere il riscaldatore se nelle vostre case le temperature non scendono oltre la minima richiesta. Il periodo critico per questi piccoli crostacei e per chi le alleva è l’estate. I gamberetti mal sopportano le temperature alte soprattutto se per lunghi periodi. L’ esito è fatale! Quindi è necessario provvedere a montare le ventoline per raffreddare l’acqua. Dotate di un termostato e di una sonda termica queste andranno in funzione appena la temperatura supera i 23°C o quella impostata da voi. La circolazione forzata dell’aria sulla superficie della vasca faciliterà l’evaporazione e quindi il raffreddamento. In questo periodo preparatevi a fare frequenti rabbocchi con RO. Questa operazione può essere semplificata con un piccolo impianto di ripristino.

 

Popolazione

Dopo aver fatto maturare la vasca arriva il momento di inserire finalmente le caridine. Indipendentemente dal tipo inserirei non meno di 10 esemplari. Questi gamberetti infatti sono estremamente timidi e con una certa socialità, per cui inserire un certo numero di individui le renderà meno timorose, oltre ad assicurarvi con una buona probabilità la presenza di maschi e femmine.

Il dimorfismo, specialmente negli esemplari giovani non è spiccato. In generale in età adulta le femmine raggiungono una dimensione maggiore (anche 2.5 cm), hanno un corpo più tozzo ed è possibile notare la sacca ovarica sul dorso (anche se per alcune colorazioni è difficile). I maschi hanno un corpo più affusolato e in genere dimensioni minori.

Per quanto riguarda la riproduzione, quando le femmine sono pronte per la riproduzione emetteranno i feromoni che faranno impazzire i maschi Dopo la fecondazione le uova scenderanno tra i pleopodi sotto l’addome e li resteranno attaccate. Dopo 20-30 giorni nasceranno i piccoli già autonomi (dimensione circa 1 mm).

Non preoccupatevi troppo se per i primi tempi le vedrete poco in vasca, devono abituarsi al nuovo ambiente ed è quindi normale che passino buona parte del loro tempo nascoste.

NOTA IMPORTANTE:

inserite un solo tipo di caridina (intendo un unico colore) per vasca. Esemplari di colorazioni differenti infatti si incrociano tra loro. Ciò non vi farà ottenere colorazioni particolari, ma vi farà perdere entro poche generazioni il colore iniziale (avrete quindi in vasca delle caridine wild, trasparenti).

 

 

Allestimento per caridine DavidiArriviamo dunque a un altro punto dolente. La convivenza con i pesci. Personalmente non mi sento di consigliare NESSUN TIPO di CONVIVENZA con essi. Per quanto mi riguarda le caridine vanno allevate in vasca monospecifica. Le baby appena nate sono di dimensioni estremamente ridotte (circa 1 mm) e possono essere predate da qualsiasi pesce (ricordo inoltre che i piccoli crostacei sono alla base dell’alimentazione). Nella foto potete vedere una baby di poco più di due settimane, grande al massimo 4-5 mm.  Viene abbastanza da sé il fatto che un esemplare di queste dimensioni viene facilmente predato da moltissime specie di pesci (soprattutto nel periodo precedente).

 

Alimentazione

Partiamo dal presupposto che le caridine mangiano davvero qualsiasi cosa sia di loro interesse. Detto ciò è buona norma variare la loro dieta con diverse tipologie di cibo, in modo da fornire un’alimentazione bilanciata.

Oltre a un mangime “base” possiamo andare ad utilizzare (a titolo di esempio): integratori a base di ortica (molto consigliato): permettono di fornire sali minerali utili al sistema immunitario e per un corretto metabolismo; Verdure sbollentate; altri integratori specifici; bastoncini ricoperti con pastoni di vari gusti o pastoni home made… Insomma, le scelte non mancano.

Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi

Consiglio inoltre di mantenere in vasca delle FOGLIE DI CATAPPA sempre a disposizione delle caridine, anch’esso è un utile integratore alla loro dieta.

Allestimento per caridine Davidi

Per quanto riguarda la frequenza dei pasti suggerisco di darli a giorni alterni, alternando i vari alimenti.

 

 

Oltre a questa guida “Allestimento per caridine Davidi” si consiglia la lettura dei seguenti articoli per approfondimenti:
Caridine cantonensis
Caridine e neocaridine
Gradi di selezione della caridina cantonensis Red Crystal

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida Allestimento per caridine Davidi impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis Caridine cantonensis Caridine cantonensis

Caridina Japonica o multidentata o Amano, caridina davidii e caridine cantonensis. Questi piccoli crostacei stanno conquistando sempre più l’attenzione degli acquariofili.

Le japonica sono particolarmente apprezzate non per il loro colore ma per la loro capacità di nutrirsi di piccole alghe filamentose svolgendo un’ azione di prevenzione.

Le Davidii sono caratterizzate da colori unici molto sgargianti come il rosso delle red sakura, l’ intenso blu delle blue dream e le intensissime blue velvet, le yellow e le green.

Un discorso a parte meritano le cantonensis non solo per le loro colorazioni miste ma soprattutto perché richiedono rispetto alle davidii una particolare attenzione più che nell’ allestimento della vasca quanto nelle caratteristiche chimico fisiche dell’ acqua che condizioneranno parte dell’ allestimento.

[pullquote-left]Questi piccoli crostacei vivono allo stato naturale in piccoli ruscelli poco profondi caratterizzati da un lento movimento dell’ acqua e da un fondo non fangoso ricco di legni e foglie.[/pullquote-left]

La vasca ideale per tutte le caridine davidii e cantonensis non dovrebbero avere un litraggio inferiore ai 25 litri (due maschi e quattro femmine), sono da evitare quelle strette a alte preferendo forme leggermente rettangolari o quadrate e soprattutto devono essere basse infatti non sono consigliate alte colonne di acqua.

Le caridine non sono abili nuotatrici ed inoltre una colonna d’ acqua bassa facilita lo scambio gassoso e quindi una migliore ossigenazione dell’ acqua.

Vediamo subito le caratteristiche dell’ acqua per la maggior parte di esse (Taiwan bee e crystal) perché queste influenzeranno la scelta del fondo ma non solo quello.

Caridine cantonensis

pH: 6.0/6.5
KH: 0/1
GH: 4.0/6.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 250/350 mS

 

 

Caridine Cantonensis var. Tiger

Caridine cantonensispH: 7.0/8.0
KH: 3/5
GH: 6.0/8.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 400/500 mS

 

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Caridine Sulawesi

Caridine cantonensis

particolarmente difficili da tenere perché richiedono valori dell’ acqua molto stabili, materiale calcareo per l’ allestimento.
pH: 7.5/8.5
KH: 5.0
GH: 6.0/8.0
NO3: 10 mg/l,
Temperatura: 26/28 °C
Conducibilità: 350 mS

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