Axolotl ambystoma mexicanum

 

Axolotl ambystoma mexicanum

Siamo abituati a vedere i classici pesci d’acqua dolce o salata popolare i nostri acquari,  piante di ogni genere e colore , anemoni e pietre,
mentre un ruolo importante sta assumendo sempre più il campo degli anfibi.

L’Axolotl ambystoma mexicanum , meglio conosciuto come AXOLOTL è una salamandra neotenica, che compie il proprio ciclo vitale da larva.
Nativa del lago Xochimilco, nei pressi di Città del Messico, è purtroppo oggi “specie in via di estinzione” a causa della pesca, l’inquinamento e la distruzione del loro habitat.
Con il termine neotecnico si intende la condizione larvale di una specie che raggiunge la maturità sessuale.

Gli Axolotl sono in grado di compiere una vera e propria metamorfosi, ritirando le branchie e essendo dotati di polmoni, anche se poco sviluppati riescono a respirare aria terrestre per il resto della loro vita,
questo accade solo e soltanto per la scarsa purezza della linea (troppi geni di tigrinum in mezzo) oppure mutazione genica rara.
Il più delle volte questa metamorfosi non avviene e l’axolotl preferisce continuare la propria vita in stadio larvale quindi rimanendo in acqua senza trasferirsi sulla terraferma, anche allo stadio larvale può raggiungere la maturità sessuale.

Le più comuni colorazioni sono: Wild (forma ancestrale) – Golden – Albino – Leucocisto , ma non è raro trovare anche esemplari Copper e Melanod, in aggiunta possiamo trovare anche il Chimera rarissimo esemplare di due colori per via della convivenza nello stesso animale di due genomi diversi quindi non riproducibile tramite accoppiamento.

 

In foto: una specie leucistico di ambystoma mexicanum

 

Un axolotl adulto può crescere fino a raggiungere un massimo di 25/30cm di lunghezza.

Se tenuto alla giusta temperatura (acqua ne troppo calda ne troppo fredda, dai 16 ai 18 gradi massimo) può vivere dai 15 ai 20 anni. Le temperature sopra i 24 gradi sono molto stressanti per gli Axolotl.

In estate con l’innalzare delle temperature bisogna studiare qualche sistema anche economico per poter refrigerare l’acqua della vasca per esempio con le classiche ventoline che favoriscono lo scambio dell’aria sulla superfice dell’acqua. Gli sbalzi termini non risultano essere un problema per animali adulti e in forma.

L’acquario deve essere molto spazioso (non inferiore ai 90 cm di lunghezza per un esemplare) viste le dimensioni che raggiungeranno da adulto.

Il fondo può essere composto da sassi grandi, grani arrotondati per evitare che possa ferirsi e poi semplicemente lasciarlo libero. E soprattutto da allevare in monospecifico.

L’Axolotl ambystoma mexicanum vive in acque dure con un Ph che va da 6,8 a 8. Il cambio parziale dell’acqua andrebbe fatto preferibilmente ogni 2 settimane possibilmente con acqua che non contenga cloro o altri inquinanti.

La vasca deve essere dotata sia di filtraggio meccanico che biologico perché le deiezioni sono molto corpose e sviluppa moltissima ammoniaca .

Gli Axolotl ambystoma mexicanum non amano la luce a tal punto che potrebbe stressarli quindi si consiglia di schermare la luce con piante galleggianti o altri sistemi.

Essendo animali con maggiore attività durante le ore notturne, preferiscono nascondersi in zone d’ombra.

Amano nascondersi tra le rocce e le piante quindi consiglio a chi voglia allevarlo di inserire in vasca moltissime piante e nascondigli che però non feriscano la loro cute.

Un segnale di condizioni non proprio perfette è quando il nostro amico nuota frequentemente sopratutto in sù e giù  e in modo molto agitato sotto la superfice per cercare di prendere più aria possibile perché magari quella disciolta è troppo poca, il ricircolo dell’acqua non deve essere troppo alto per evitare stress che ne debilita l’animale, quindi in questi casi cercare un giusto connubio per la risoluzione del problema magari utilizzando il ritorno del ricircolo dell’acqua in vasca facendo lambire meglio la superfice.

Nel caso di vasche senza filtro aumentare la frequenza dei cambi.

In foto: una specie leucistico di ambystoma mexicanum

                                                      

L’Axolotl ambystoma mexicanum si può ammalare di fungosi raramente (questo accade quando le temperature sono troppo alte)questo problema si può rilevare tramite una decolorazione delle appendici branchiali o di zone circoscritte della cute che può risultare cotonosa , in questi casi trattare l’intera vasca con dressamor oppure del blu di metilene.

Per evitare queste fungosi come descritto in precedenza evitare di toccare l’animale con le mani nude.

Altre malattie possono essere legate all’alimentazione, infatti una alimentazione errata e squilibrata porta non solo ad una anemia e quindi decolorazione della cute tutta con a seguito inappetenza e isolamento, le branchie perdono capillari infatti si sfoltiscono e si accorciano, la pinna caudale si assottiglia molto e le dita sono piccole e tozze , questo è il sintomo che l’animale sta consumando il suo stesso corpo per i nutrienti di cui necessita. In questo caso isolare l’animale in una vaschetta dedicata con cambi giornalieri e curare l’alimentazione con lombrichi e/o pesce.

Per altre info sulla fungosi cotonosa cliccare QUI

In caso di fungosi si può trattare l’animale con Gentamicina in quanto ben tollerato e consiglio di evitare il trattamento con altri antibiotici più pesanti o addirittura quelli appartenenti alla famiglia delle tetracicline perché risultano molto irritanti per la loro cute e quindi poco sopportati.

L’Axolotl è un vero e proprio predatore, mangia tutto quello che può passare dalla sua grande bocca. Il nome AMBYSTOMA significa “bocca a coppa”.

Si nutre di larve e molluschi, prede vive come pesci , lombrichi e lumache. In acquario possiamo nutrirlo principalmente con lombrichi , possiamo alternare con latterini di acqua dolce , filetti di trota e raramente cioè 1 o 2 volte al mese pollo e camole del miele ricchi di nutrienti e non dannosi se somministrati con parsimonia.

Gli Axolotl ambystoma mexicanum possono convivere con altri esemplari della stessa specie .

E’ sconsigliata la presenza di altri pesci perché diventerebbero facili prede , stresserebbero gli axolotl e mordendogli le branchie potrebbero ferirli anche in modo grave. Anche su questo argomento ci sono molti pareri discordanti infatti molti lo fanno crescere insieme a Guppy , Pesci rossi e tante altre specie ma bisogna curare molto l’alimentazione cercando di tenere a bada la sua indole predatrice che non tarderà a presentarsi nel modo che meno ce lo aspettiamo.

Determinare il sesso dell’Axolotl ambystoma mexicanum non è facile , ci vuole buon occhio e se non volete trovarvi con centinaia di uova nell’acquario , chiedete ad un esperto. In base alla grandezza del rigonfiamento che potete trovate dietro le zampe posteriori del vostro Axolotl ambystoma mexicanum si può determinare se il vostro animaletto è maschio o femmina e questo può avvenire più facilmente quando le dimensioni dello stesso sia di circa 20cm.

Axolotl
Axolotl femmina

Se è maschio solitamente il rigonfiamento è molto esteso e di grosse dimensioni. Per la femmina invece risulta più sgonfio e meno esteso quindi un rigonfiamento minino. Però per determinare il sesso con assoluta certezza bisogna attendere l’età adulta.

Axolotl
Axolotl maschio

La caratteristica più affascinante degli Axolotl ambystoma mexicanum è quella di avere la capacità di rigenerare i propri arti e organi qualora questi verrebbero danneggiati da urti in vasca oppure staccati in caso di lotte per la supremazia del territorio o in fase di riproduzione, dobbiamo però aggiungere che questa particolarità stressa parecchio l’animale perché vede un dispendio eccessivo di energia e può succedere che la parte rigenerata non sempre sia perfetta infatti può rigenerarsi incurvata o anche doppia quindi si esorta ad evitare situazione in cui potrebbe essere soggetto a morsi o amputazioni.

Quando l’ Axolotl ambystoma mexicanum galleggia immobile sulla superficie dell’acqua non sta male ma si sta semplicemente rilassando, lasciarsi andare sulla superfice è la posizione che più preferiscono.

Se invece non riescono ad andare a fondo e galleggiano con il posteriore in alto stanno soffrendo di meteorismo.

Non toccare mai con le mani il nostro Axolotl ambystoma mexicanum o se bisogna necessariamente farlo usare un guanto di lattice e toccarlo con delicatezza in quanto potremo danneggiare il loro sistema scheletrico e in più la loro pelle risulta permeabile a molte sostanze chimiche.

 

LA RIPRODUZIONE

La riproduzione in cattività è possibile ma bisogna osservare alcuni aspetti fondamentali che elencherò di seguito,

innanzitutto gli Axolotl ambystoma mexicanum raggiungono l’età riproduttiva intorno ai 20 mesi, ma già a circa 6 mesi di età sono in grado di riprodursi.

La femmina depone dalle 100 alle 1200 uova e questo ne scaturisce un forte stress che potrebbe debilitare parecchio la femmina infatti è buona norma curare in modo particolare l’alimentazione, per esempio fornire qualche camola del miele in pasto che sono molto energetiche, lo stesso risultato si ottengono con lombrichi o fegatini di pollo.

Un periodo riproduttivo stabilito e preciso non esiste tanto è vero che la riproduzione è stimolata da una variazione di temperatura perché si emula un cambio di stagione, la riproduzione avverrà sempre nel caso che la femmina sarà gravida e accetti il corteggiamento del maschio.

 

Axolotl ambystoma mexicanum
in foto: il momento della deposizione
Axolotl ambystoma mexicanum
In foto: il momento della schiusa

                                                                                  

La vasca deve essere allestita con pietre lisce e tante piante, il corteggiamento è molto particolare infatti il maschio nuota vorticosamente intorno alla femmina alzando la coda e avvicinandosi molto alla femmina la fecondazione avviene internamente, una volta accoppiati possono passare anche un paio di giorni per iniziare la fase della deposizione.

La schiusa si ha dopo circa 3 settimane,ma è dettato dalla temperatura l’importante è mantenere le uova a temperatura ambiente ,nessun flusso e nessun filtro ,molto importante dopo la fine della deposizione di cercare di spostare le uova in altra vasca oppure se si è fortunati nel vedere la femmina mentre depone spostare direttamente lei in un altra vasca in modo che possa deporre in piena tranquillità per poi riportarla nella sua vasca originale,in questo modo si eviterà di avere gelatina (quella che producono per fare da collante alle uova) sparsa in tutta la vasca dove vivono normalmente. naturalmente nella la vasca della deposizione dovrà essere dotata di legni, piante o altro per potersi aggrappare e utilizzare da supporto per le uova .

I piccoli una volta assorbito il sacco vitellino vanno alimentati con artemie o daphine e appena inizieranno a formarsi stare attenti perche’ potrebbero manifestarsi azioni di cannibalismo ,per evitare questo mantenere circa 100 baby in vasche 60×40 e curare l’alimentazione in modo che abbiano le stesse dimensioni ma comunque qualche episodio ci sarà sempre.

Per una buona crescita e salute dei piccoli occorre effettuare almeno 2 cambi totali con acqua declorata ,senza utilizzare prodotti che contengono aloe vera per eliminare il cloro,evitando anche sbalzi termici o chimici

Axolotl ambystoma mexicanum Axolotl ambystoma mexicanum

 

IN CONCLUSIONE

In natura a causa della mano dell’uomo si è avuto un forte calo della presenza degli Axolotl tanto da avviare degli studi per definirli a pericolo estinsione anche se oggi si hanno grandi successi di riproduzione in acquario e assume sempre più un interesse non solo verso chi li vuole studiare e riprodurre ma anche attraverso quei neofiti che si innamorano del loro musino buffo.

IMPORTANTE  ogni Axolotl deve essere accompagnato dal CITES in allegato B che deve essere fornito da chi cede l’animale sia esso un professionista o un privato, o che avvenga a titolo di regalo oppure vendita. Per chiunque riproduca questo bellissimo esemplare dovrà denunciare alla forestale della propria zona le avvenute nascite entro e non oltre 10 giorni e la stessa forestale provvederà a fornire il numero di protocollo CITES . Appena i piccoli verranno ceduti il privato dovrà effettuare delle dichiarazioni di cessione dell’animale attraverso dei moduli prestampati disponibili in rete dove vanno inseriti i dati del cedente e ricevente con il numero di protocollo CITES che ha rilasciato la forestale all’atto delle nascite.

Chiunque venga trovato in possesso dell’animale sprovvisto di CITES sarà soggetto ad una multa.

 

Axolotl ambystoma mexicanum

PS:E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili o del proprietario si ringrazia Davide Farruggia per averci concesso l’utilizzo delle foto.

©www.acquariofili.com

 

Pantodon buchholzi

Pantodon buchholzi

Pantodon buchholzi

Ordine: Osteoglossiformes

Famiglia: Pantodontidae

Dimensioni: 15 cm

Nome Comune: Pesce farfalla

Distribuzione: Africa Centrale e Occidentale

Aspetto: Il loro aspetto è molto particolare e singolare infatti presentano un pinnaggio molto inusuale , ventrali molto sviluppare con una conformazione che somiglia a delle ali , caudale non molto sviluppata ma molto forte grazie  alle fasce muscolari molto imponenti , dorsale piccola e chiusa su se stessa .

Pantodon buchholzi

Questo pinnaggio gli rende possibile movimenti fulminei con anche dei salti fuori dall’acqua ,

questo perchè si nutre prevalentemente di insetti che popolano il pelo dell’acqua e quindi una certa agilità e velocità è necessaria.

[pullquote-right]Essendo dotato di una grossa bocca non è consigliata la convivenza con specie piccole.[/pullquote-right]

I colori sono scuri con una livrea che va da  variazioni cromatiche di marrone scuro al nero , raccogliendo le pinne si mimetizza benissimo sul pelo dell’acqua sembrando delle foglie galleggianti che favoriscono la sua attività predatoria o la fuga da predatori.

Molto attivo dopo il tramonto ma sopratutto di notte.

E’ molto infastidito da pesci che nuotano o occupano il suo stesso livello di acqua

da allevare in solitario o se si ha un acquario grande un paio di esemplari che occuperanno i punti opposti della vasca.

I suoi occhi permettono di poter osservare anche verso il basso quindi riesce a tenere sotto controllo anche la zona sottostante

Raramente lo vediamo nuotare nella zona mediobassa della vasca.

Pantodon buchholzi Pantodon buchholzi

Caratteristiche acquario: Non necessita di un allestimento particolare ma gradisce la presenza di galleggianti , luce poco intensa e corrente moderata.

Valori per allevamento:

  • Temperatura: 24-26 °C
  • pH: 6.5 .
  • KH: 3-4
  • GH: 7-9

Numero di esemplari: è una specie che non deve vivere in gruppi numerosi.

Si onsiglia di allevarli in vasche abbastanza larghe con un paio di esemplari.

Meglio fargli condividere la vasca con Pelvicachromis pulcher, Phenacogrammus interruptus, Ctenopoma acutirostre , corydoras

Alimentazione: cibo vivo

Riproduzione: è una specie che non è riprodotta in cattività quindi le specie reperite sono catturate in natura.

Nella foto sotto si può distingure il maschio dalla femmina per via della forma della pinna anale molto differente

Pantodon buchholzi

Note: La loro conformazione buffa e singolare il più delle volte è il motivo della loro scelta e impiego nelle vasche non valutandone attentamente esigenze e caratteristiche per un habitat idoneo al loro allevamento,consiglio di valutare bene gli inquilini che dovrebbero vivere con questa specie .

il video sopra indica una lotta per la territorialità dove l’esemplare più grande cerca di prevalere sull’altro
Il Pantodon buchholzi è diffuso perchè è facilmente reperibile sul mercato a costi non proibitivi.

Adattabilità in acquario 90%
Difficoltà di allevamento 30%
Riproduzione in acquario 10%

Malattia del neon o Pleistophora

Malattia del neon o Pleistophora
è una malattia che colpisce principalmente i neon o cardinali ed è dovuto ad un parassita chiamato Pleistophora
Questo parassita si incista nelle fasce muscolari dove crea una serie aggrovigliata di noduli dando luogo a sintomi molto evidenti che vedremo di seguito.

Pleistophora

SINTOMI: possiamo dire che il pesce colpito manifesta dapprima uno sbiadimento della fascia colorata per poi estendersi a contrazioni muscolari fino a deformazione della colonna vertebrale, questo succede a seguito di una necrosi muscolare causata dal progredire delle cisti.

Pleistophora

I pesci manifesteranno un nuoto agitato e scoordinato anche nelle ore notturne, quando dovrebbe riposare; è possibile notare anche un forte dimagrimento.
E’ bene sottolineare che i sintomi possono comparire singolarmente oltre che contemporaneamente, ma l’interruzione della fascia di colore con necrosi muscolare ed il nuoto agitato sono i sintomi più frequenti.

CAUSE: le cause di questa patologia sono da ricercasi nell’assunzione accidentale del parassita tramite cibo. Il parassita una volta giunto nell’intestino si insedia nelle fasce muscolari distruggendole

CURE: ad oggi non esitono rimedi che siano in grado di sconfiggere questa patologia, nonostante ciò si sono verificati casi di guarigione con l’ausilio dei seguenti medicinali:

  • Bactopur direct (prodotto per acquariofilia commercializzato dalla Sera), a riguardo della posologia vedere il foglio illustrativo.
  • Blu di Metilene nella concentrazione di 10 mg per litro (soluzione di base:0,2 gr in 100 ml di acqua.soluzione da richiedere in farmacia).
  • Furazolidone soluzione da miscelatre con il cibo, a riguardo della posologia vedere il foglio illustrativo.

PREVENZIONE: mantenere i pesci in buone condizioni, tenendoli in vasche adeguate con acqua pulita e parametri chimici adatti alla specie ed alimentare i pesci con mangimi vitaminici .

NOTE: Un Protozoo responsabile dello scurimento del corpo nei soggetti colpiti, oltre ad una maggiore difficoltà respiratoria dovuta alla infezione sulle branchie, è Chilodonella, che può favorire anche il formarsi di batteriosi secondarie del tipo, per esemplo, di Flexibacter columnaris che viene chiamata anche “falsa malattia dei Neon” dal momento che presenta una sintomatologia slmile a Pleistophora. In uesto caso è bene usare prodotti a base di verde di malachite e medicinali antibatterici.

Carnegiella strigata

Carnegiella strigata

Nome scientifico: Carnegiella strigata
Nome comune: Pesce accetta
Famiglia: Gasteropelecidae
Luogo di provenienza: Bacino Orinoco (America meridionale)
Valori ottimali di allevamento: Ph da 5,5 a 7 , durezza tra 5 e 16 dgh , temp 26°C
Dimensioni : 4/4,5 cm
Allevamento e caratteristiche: Questo piccolo pesce è veramente particolare a partire dalla sua morfologia che risulta essere molto assottigliata e con un ventre molto pronunciato che gli assegna l’appellativo di “Pesce accetta” .

Ppresenta dei colori non molto accesi infatti su di un fondo grigiastrio/beige prevale una striatura scura marrone/nera.
Inoltre a seconda della luce si possono notare dei riflessi che vanno dal blu al verde.
Occupa prevalentemente la superfice dove bisogna inserire delle piante galleggianti per non farlo stressare.
Si consiglia di allevare questa specie in acquari chiusi in quanto ama di tanto in tanto fare dei balzi fuori dalla vasca resi possibili grazie al suo pinnaggio pronunciato e alla forma del suo corpo assottigliato che diminuisce tantissimo l’attrito durante il nuoto e quindi gli spostamenti.
Ideale per acquari di comunità o allestimenti amazzonici appunto perchè è la sua provenienza,inquilini non molto territoriali e grandi in quanto è un pesce timido e si espone molto visto che staziona in superfice,inoltre è da allevare in gruppo di almeno 8/10 esemplari.
Acqua ambrata e acquario chiuso per non dare sbalzi di temperatura e quindi esporlo a malattie.

Riproduzione: Per quanto riguarda la riproduzione della Carnegiella strigata non è molto semplice farla avvenire in vasca tanto è vero che ci sono pochissime testimonianze di eventi andati a buon fine.
La coppia non si prende cura della prole.
Gli avannotti una volta schiusi (dopo circa 24h ) sono veramente piccoli e non si riescono a nutrire a dovere.
Il dimorfismo sessuale non è semplice da identificare ma in genere si può stabilire solo nella fase o periodo riproduttivo.
La femmina presenta un corpo più tozzo con il ventre molto più arrotondato del maschio appunto per la presenza della sacca ovarica.
Per la deposizione occorre ovviamente una buona quantità di piante galleggianti che faranno da supporto alle uova nonchè una vasca dedicata dove lasciare solo i piccoli una volta tolti i genitori.

Alimentazione: In natura si nutre di piccolissimi crostacei o insetti che si poggiano sulla superfice ma in vasca accetta secco e liofilizzato senza particolari problemi

Adattabilità in acquario 90%
Difficoltà di allevamento 30%
Riproduzione in acquario 20%

Cosa controllare – Malattie – Eutanasia

Betta splendens a 360°

Cosa controllare – Malattie – Eutanasia

 

• Cosa tenere sotto controllo e relative valutazioni

Il betta splendens è un pesce che, per essere mantenuto in buona salute, necessita di alcune accortezze che non possiamo assolutamente ignorare.
Innanzitutto vediamo di cosa dobbiamo tenere conto:

Valori e temperatura dell’acqua (Ph, Gh, Kh, No2, No3, Nh3 e Nh4);
Alimentazione;
Lo stato fisiologico del pesce e la defecazione;
Coinquilini presenti e/o introduzione di altri inquilini;
Malattie in corso o trattate in precedenza;
Stato del pinnaggio e presenze di macchie non usuali;
Respirazione;
Comportamento e atteggiamento in generale;
Reazioni agli stimoli.

Ricordiamoci che, chi deve prendersi cura del betta e capirne lo stato di salute studiando il suo comportamento abituale, è solamente l’allevatore.
Spesso molti problemi di salute che si riscontrano nei betta sono causati da alcuni banali errori. Banali perché si possono benissimo evitare leggendo ed informandosi prima di fare un passo importante come quello di ospitare in un acquario un betta o qualsiasi altra forma di vita che, ricordiamo, non sono oggetti ornamentali ma degli esseri viventi.

Questi errori, soprattutto per i neofiti, partono proprio dall’allestimento della vasca e dall’inserimento in vasca dei nostri amici. Una vasca male allestita, mal gestita, senza i dovuti confort a favore dell’ospite (vedi in questo caso l’inevitabile utilizzo di un coperchio), un inserimento in vasca senza una corretta o mancata acclimatazione, spesso può portare dei seri problemi alla salute del betta.

Partiamo proprio da quanto detto per poi passare alle patologie vere e proprie che possiamo riscontrare nel nostro betta durante l’arco della sua vita nell’acquario.

Gli allestimenti errati consistono nell’arredare l’acquario con materiali non idonei, quali arredi in resine o altro materiale, piante di plastica, legni appuntiti, pietre particolarmente spigolose o addirittura taglienti che possono compromettere le parti del corpo del betta. Oltre agli arredi, fa parte di un errato allestimento anche l’inserimento di coinquilini non compatibili con i betta, e non solo per esigenze di valori diversi, ma anche per ragioni caratteriali, come ciclidi ed altri pesci territoriali che attaccano e sfrangiano le pinne del nostro amico. Anche la scorretta manutenzione della vasca, cioè mancata pulizia e cambi d’acqua sporadici, possono provocare problemi. Infine e non per poca importanza un problema serio può essere il modo scorretto di acclimatare il pesce nella sua nuova dimora dopo averlo acquistato.

Il metodo corretto per l’acclimatazione è di immergere il sacchetto con il betta dentro la vasca e nello spazio di almeno mezz’ora, versare per un ciclo di quattro o cinque volte un bicchiere d’acqua dell’acquario dentro il sacchetto. In questo modo il pesce si abituerà alla nuova temperatura e in parte ai nuovi valori dell’acqua della vasca. Finito questo processo basta prelevare il betta dal sacchetto con un retino ed inserirlo in vasca. Il sacchetto va buttato insieme all’acqua che vi è all’interno.

Non c’è azione più errata che riversare l’acqua del sacchetto proveniente da altre vasche dentro il nostro acquario, nessuno può sapere se quell’acqua può essere portatrice di agenti patogeni che possono danneggiare il nostro sistema. Naturalmente, questa procedura di acclimatazione vale per tutti i pesci che vengono acquistati e che devono essere inseriti nei nostri acquari, non soltanto per il betta.

 

• Le malattie frequenti nei betta splendens e le relative cure

Iniziamo questa parte del capitolo anticipando alcune patologie che, più che definirle malattie, è più giusto definirli “problemi causati”. Questi problemi molto frequenti sono:

L’infiammazione alla vescica natatoria
L’occlusione o blocco intestinale
La costipazione

L’infiammazione alla vescica natatoria è una problematica molto comune nei pesci. La vescica natatoria svolge una funzione molto importante, da la possibilità al pesce di nuotare correttamente in tutta la colonna d’acqua, in vasca ed in natura. La vescica, all’occorrenza, svolge due movimenti, si gonfia e si sgonfia. Quando si gonfia permette al pesce di risalire verso la superficie, quando si sgonfia permette al pesce di andare verso il fondo. Pertanto quando vediamo il nostro betta (o pesce in generale) che nuota male e con fatica e poi ricade sul fondo o rimane in superficie a testa in giù è sintomo di infiammazione alla vescica natatoria. Le cause scatenanti sono le scarse condizioni igieniche della vasca, movimento dell’acqua in vasca eccessivo, cattiva alimentazione, eccessiva alimentazione con cibo a fiocchi o liofilizzati non reidratati, oppure a causa di infezioni da trattare con gli appositi prodotti o farmaci. In caso di assenza di infezioni basterà lasciare il pesce a digiuno per due o tre giorni. In caso di convivenza con altri inquilini, ma a volte anche se da solo, è preferibile spostare il pesce in altra vasca con pochi centimetri di acqua per non farlo affaticare nel nuoto e nel caso specifico del betta per non farlo affaticare nella risalita per respirare in superficie. Mantenere comunque un riscaldatore ed un aeratore e per il betta anche il coperchio. Trascorsi i giorni di digiuno ricominciare ad alimentarlo gradualmente con un pezzetto di polpa di pisello sbollentato per poi ricominciare con parsimonia la regolare dieta alimentare.

L’occlusione intestinale può derivare anche da problemi di vescica natatoria, ma come già detto in precedenza anche un’eccessiva somministrazione di cibo non reidratato come le scaglie o fiocchi ed il liofilizzato, può contribuire a questi problemi poiché essendo secco e privo di liquidi tende ad assumere liquidi all’interno del corpo del pesce aumentando di volume e ostruendo il sistema digestivo. Anche in questo caso bisogna lasciare il pesce a digiuno per due o tre giorni alzando la temperatura dell’acqua per favorire il metabolismo e aiutarlo nella digestione. In caso di convivenza con altri inquilini, ma a volte anche se da solo, è preferibile spostare il pesce in altra vasca con pochi centimetri di acqua per non farlo affaticare nel nuoto e nel caso specifico del betta per non farlo affaticare nella risalita per respirare in superficie. Mantenere comunque un riscaldatore ed un aeratore e per il betta anche il coperchio. Trascorsi i giorni di digiuno ricominciare ad alimentarlo gradualmente con un pezzetto di polpa di pisello sbollentato per poi ricominciare con parsimonia la regolare dieta alimentare.

La costipazione è invece strettamente connessa all’eccessiva somministrazione di cibo. Anche i betta come tutti gli altri pesci sono voraci e non si sanno regolare con il cibo, pertanto più ne hanno a disposizione, più mangiano. Tutto questo cibo in più, provoca un notevole rigonfiamento sotto il ventre che porta il pesce a nuotare più lentamente e ad affaticarsi. Per venire incontro a questo problema e aiutare il pesce a superarlo dobbiamo, anche in questo caso lasciarlo a digiuno per due o tre giorni e aumentare un pò la temperatura.
Le malattie vere e proprie che colpiscono i pesci rappresentano un percorso spesso difficile da affrontare da parte dell’acquariofilo. Non è da sottovalutare il fatto che sui trattamenti dov’è richiesto l’uso di alcuni farmaci, si ha una grossa responsabilità, tuttavia bisogna armarsi di pazienza e coraggio ed affrontare la situazione, anche se può capitare di non risolverla, per cercare di dare una mano ai nostri pesci.
Vediamo quali patologie si riscontrano nel caso specifico del betta allevato nei nostri acquari di casa, quali sono le cause, i sintomi e come procedere per cercare di curarli.

L’ictyo
La micosi
La malattia colonnare
La cisti batterica
La corrosione delle pinne
L’idropisia e l’esoftalmo
I tumori
L’eutanasia

ATTENZIONE:

Pima di trattare l’argomento relativo alle malattie è necessario fare una premessa.
A causa dell’impiego di medicinali, si invita a leggere il bugiardino prima della somministrazione, in modo tale da verificare eventuali effetti avversi su gasteropodi e/o gamberetti presenti in vasca.

– L’ictyo

Il betta splendens domestico a 360° - Cosa controllare - Malattie - Eutanasia
Ictyo

L’ictyo è una malattia che si scatena attraverso un parassita della cute che si attacca sulle pinne, sulla pelle e nelle branchie, nutrendosi dei tessuti e della mucosa del pesce. Raggiunta una dimensione per lui adeguata si stacca e, una volta raggiunto il fondo, si riproduce smisuratamente, soprattutto se trova le condizioni di temperatura idonee, cioè intorno ai 25°C. Solitamente, con questa temperatura, il ciclo di vita del parassita è di una settimana ma aumenta se si abbassa.

La causa davvero scatenante sono i forti sbalzi di temperatura che si possono avere nell’acclimatazione errata del pesce o subito dopo il cambio d’acqua nell’acquario con temperature molto diverse. In queste circostanze il betta rischia uno stress che fa abbassare le difese immunitarie che a loro volta favoriscono l’attacco di questo parassita in quanto trova il pesce debilitato.

Il riconoscimento di questa malattia non è molto difficile da individuare. Lo sviluppo di questa parassitosi si evidenzia con più sintomi: il primo è la comparsa di tanti puntini bianchi su tutta la livrea del pesce, pinne comprese. Questi puntini bianchi non sono altro che le cisti del parassita.

La seconda è la crisi respiratoria che ha il pesce in quanto il parassita provoca delle lesioni sulle branchie che impediscono la giusta respirazione. La terza è il comportamento anomalo che ha il pesce nello sfregarsi contro arredi e piante dentro la vasca per cercare di liberarsi dalle fastidiose cisti.

Per trattare questa malattia vi sono diversi metodi, la meno invasiva è quella della termoterapia, cioè alzare gradualmente la temperatura della vasca fino a farla arrivare a 30°C e mantenere per circa 5gg. Trascorsi i 5gg e verificato che i puntini sono spariti, riportare la temperatura, sempre gradualmente, allo stato iniziale. Questo trattamento si fa quando la malattia non è in uno stadio avanzato ma alle prime comparse dei puntini. Agendo in questo modo, l’alta temperatura aumenta il metabolismo e la crescita del parassita che accorcia nettamente il suo ciclo di vita e muore prima del previsto.

Se il metodo già menzionato non è sufficiente si può ricorrere a prodotti mirati come il blu di metilene, somministrandone 3ml per ogni 10 litri d’acqua sempre per 5gg mantenendo la temperatura più alta del solito. Nel filtro non devono essere presenti carboni attivi che ne ostacolerebbero l’effetto, allo stesso tempo bisogna sospendere eventuale erogazione di Co2 e favorire l’ossigenazione dell’acqua aumentando la circolazione ed il movimento con l’ausilio di un aeratore. Altri medicinali che possono essere impiegati sono il Faunamor ed il Costawert seguendo gli appositi bugiardini.

Terminato il trattamento con uno dei medicinali indicati, è consigliato attendere ancora altri 2gg per poi procedere con un cambio del 30% avendo cura di inserire i carboni attivi e tenerli per almeno 4gg, in modo che i residui del medicinale somministrato vengano assorbiti ed eliminati dalla vasca. Gradualmente bisogna riportare la temperatura allo stato iniziale.

 

– La micosi

Il betta splendens domestico a 360° - Cosa controllare - Malattie - Eutanasia
Micosi esterna (batteriosi funginea)

La micosi non è altro che un fungo presente sul corpo dei pesci e dentro ai nostri acquari, non percepibili dall’occhio umano. Seppur tollerabili e a volte inoffensivi per gli inquilini dell’acquario, capita che questi ultimi vengano attaccati dalle spore di questi funghi per uno svariato numero di cause: qualche batteriosi in corso, piccole ferite sul corpo, scarse condizioni igieniche della vasca, sovraffollamento della popolazione in vasca, cattiva alimentazione o cibo scadente, alte temperature ecc. La micosi può manifestarsi da esterna o da interna.

Si presenta come una muffa di colore bianco, quindi non molto difficile da identificare e si può riscontrare sulla cute, attorno agli occhi, sulle pinne, sulla bocca e anche nelle branchie. Queste appena citate sono quelle più comuni e che, data la visibilità quasi immediata, sono facilmente curabili.

La mancanza di cura di queste micosi esterne, a loro volta, possono dare vita alle forme interne che sono molto più rare quanto difficili da individuare e da curare poiché privi di sintomi. Assolutamente da non sottovalutare poiché portano il pesce al decesso.

Per intraprendere le cure bisogna valutare lo stadio della malattia. Se la micosi non è grave allora basterà isolare il betta (o pesce in generale) in vasca a parte ed effettuare dei bagni in acqua e sale non iodato inserendo 15/20gr di sale ogni litro di acqua e praticare un bagno di circa 20 minuti.
Se lo stadio dovesse risultare avanzato allora bisogna ricorre a medicinali che sono indicati per una cura più efficace: il Blu di metilene e il Dessamor.

Per la cura con il Blu di metilene bisogna preparare una soluzione di 1g sciolto in 1litro di acqua e somministrare 1ml di soluzione per ogni litro di acqua della vasca. Dopo 3gg, terminato il trattamento, è necessario inserire i carboni attivi nel filtro e mantenerli per 5gg per far assorbire il medicinale. Trascorsi i 5gg rimuovere il carbone attivo e cestinarlo. Per effettuare dei bagni brevi si somministrano 200ml di soluzione ogni 10 litri di acqua e il bagno deve durare circa 20 minuti al giorno per 3gg.

La cura con il Dessamor è strettamente associata al bugiardino. È consigliabile allontanare eventuali gasteropodi e caridine all’interno della vasca poiché potrebbero essere soggetti ad intolleranza al suddetto medicinale, anche qualche pianta potrebbe risentirne. Con questo trattamento l’acqua della vasca assumerà del colore ma nell’arco di pochi giorni ritornerà com’era in precedenza.

 

– La malattia colonnare

La malattia colonnare è spesso confusa con la micosi in quanto si manifesta pressoché con delle macchie sulla cute o sulle pinne che fanno pensare ad un ammuffimento sulla zona colpita. In realtà non si tratta di malattia funginea che si propaga con le spore, ma una grave batteriosi provocata da più parassiti, molto contagiosa e pericolosa. Come qualsiasi altra batteriosi, si sviluppa non appena al pesce gli si abbassano le difese immunitarie. Attacca la cute, le pinne e le branchie.

Le cattive condizioni igieniche della vasca, la scarsa ossigenazione, la durezza e la temperatura dell’acqua eccessive, il sovraffollamento degli inquilini, le lesioni sul corpo del pesce e l’inquinamento da ammoniaca, possono essere le cause scatenanti di questa malattia.

Si manifesta quindi con delle macchie bianche sulle pinne e sulla pelle, ma può manifestarsi anche con delle ulcere giallastre sulle lesioni e delle necrosi nelle branchie.

Se si riesce a diagnosticare in tempo tale patologia, probabilmente vi è una buona percentuale di possibilità che si riesca nell’intento di sanare il pesce. Le cure spesso utilizzate, e pertanto conosciute, sono effettuate con Bactopur e Furanol attenendosi strettamente a quanto riportato nei rispettivi bugiardini, inoltre insieme al trattamento viene associato anche il Dessamor (seguendo sempre le indicazioni riportate sul bugiardino). Vista la gravità di tale malattia, non solo questi sono i prodotti che vengono utilizzati, ma si può ricorrere anche a degli antibiotici come Ciprofloxacina e Neomicina con dosaggi prettamente mirati.

 

– La cisti batterica

Le cisti batteriche si manifestano nei pesci, sottoforma di piccole protuberanze simili a brufoli o vescichette di colore bianco, prevalentemente sulla testa, ma nulla impedisce che queste protuberanze escano in altre parti del corpo. Non sono pericolose e non sono necessarie particolari terapie, basta la termoterapia, cioè alzare gradualmente la temperatura della vasca fino a farla arrivare a 30°C e mantenere per circa 4/5gg. Poiché solitamente nell’arco di pochi giorni scompaiono da sole ritirandosi, si può riportare la temperatura, sempre gradualmente, allo stato iniziale.

 

– La corrosione delle pinne

L’argomento che andremo a trattare è molto particolare, è una malattia che colpisce spesso i pesci, soprattutto i betta ed in particolar modo i soggetti con pinne lunghe, quali Halfmoon, Veiltail, Deltail, Rosetail, Superdelta, Crowntail, ecc.

Si tratta di una malattia che, se presa in tempo, è di facile gestione nella cura, contrariamente diventa problematica. È causata da diversi batteri e colpisce principalmente la pinna anale e caudale, ma non è da sottovalutare la possibilità che anche le altre pinne vengano colpite.

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Corrosione delle pinne (forma di batteriosi)

La corrosione si manifesta con lo sfilacciamento delle pinne che inizia dalla parte esterna e più lontana per poi propagarsi fino ad arrivare al corpo dell’animale. Questo è il primissimo segno della malattia, seguito o accompagnato da un comportamento anomalo del pesce in quanto tende a mangiare di meno, a dimagrire, a fermarsi spesso in superficie o sul fondo, non reagisce o reagisce poco agli stimoli.

La corrosione delle pinne è una patologia di natura batteriologica che potrebbe essere evitata rispettando delle piccole regole base per mantenere un betta in buona salute. Infatti la malattia è causata dall’abbassamento delle difese immunitarie del pesce che tende a stressarsi. Le cause possono dipendere principalmente dalle condizioni igieniche della vasca, da un Ph alto rispetto a quello idoneo al betta (il ragionamento che la maggior parte non sono più di allevamento Asiatico poco conta), dai valori dell’acqua in generale quali durezze, nitrati troppo alti e/o presenza di nitriti, ammonio e ammoniaca.

Per prevenire la corrosione è consigliabile inserire nella vasca del betta una foglia di catappa, che possiamo reperire facilmente in commercio, ma anche foglie di quercia o di castagno raccolte in natura vanno benissimo, naturalmente ben essiccate e che siano state raccolte lontano da zone dove può manifestarsi la presenza di inquinamento atmosferico. In alternativa alle foglie menzionate si possono inserire dentro la vasca anche delle pignette di ontano, anch’esse facilmente reperibili.

Queste foglie e le pignette rilasciano dentro l’acqua una certa quantità di tannini e acidi umici che prevengono l’attacco da parte del batterio poiché svolgono un’azione anti batterica ed anti micotica. Se una corrosione risulta lieve allora la si può curare con il solo inserimento di foglie e dopo poco tempo le pinne si ripristinano, mentre se la corrosione è in uno stato avanzato è necessario ricorrere a dei metodi più mirati con bagni di acqua e sale non iodato e con l’utilizzo del blu di metilene o del Dessamor .

Per i bagni con acqua e sale non iodato bisogna isolare e trattare con 20gr/l per circa 20 minuti. Riempire il contenitore con acqua alla stessa temperatura di quella della vasca e inserire il sale non iodato (se è quello grosso è meglio) prima di inserire il pesce, senza mescolare. Successivamente inserire il pesce e lasciarlo 20 minuti. Trascorsi i 20 minuti, gradualmente, sostituire l’acqua salata con dell’acqua nuova dolce alla stessa temperatura, per far riabituare il pesce dal salmastro al dolce. Ripetere l’operazione per 5gg.

Per il trattamento con il Blu di metilene bisogna isolare il pesce in vasca a parte con aeratore (l’aerazione deve essere ben spinta). Preparare una soluzione di 1gr di blu di metilene sciolto in 1 litro di acqua e somministrare 1 ml di soluzione per ogni litro di acqua della vasca per 3gg. Per il trattamento con il Dessamor bisogna attenersi strettamente al bugiardino.

 

– L’idropisia e l’esoftalmo

Anche queste due patologie sono molto comuni tra i pesci e vengono trattate insieme poiché sostanzialmente si tratta della stessa malattia che si manifesta in due differenti modi e in zone interne e diverse del corpo, ma che comunque hanno bisogno dello stesso trattamento curativo.

Idropisia in stadio molto avanzato

L’idropisia e l’esoftalmo non sono altro che un’infezione batterica che colpisce il corpo e gli occhi. I sintomi di queste due patologie sono facilmente riconoscibili. Nel caso dell’idropisia il ventre del pesce si gonfia in maniera notevole e, allo stato finale o quasi, si nota un innalzamento delle squame non solo nella zona gonfia, ma anche in tutto il resto del corpo. Nel caso dell’idropisia il ventre del pesce si gonfia in maniera notevole e, allo stato finale o quasi, si nota un innalzamento delle squame non solo nella zona gonfia, ma anche in tutto il resto del corpo.

Esoftalmo (altra forma di idropisia)

L’esoftalmo è l’infezione che colpisce uno o entrambi gli occhi, in particolar modo il bulbo oculare che sporge decisamente fuori dalle orbite e che può portare alla completa o parziale cecità dell’animale.
Sono delle patologie che possono provocare anche il decesso del pesce a causa dell’accumulo di liquidi all’interno degli organi, ma tuttavia se prese in tempo possono essere curate.

Le cure da intraprendere comportano, in ogni caso il digiuno assoluto del soggetto per almeno i primi 2gg e, se identificata in una primissima fase, dei bagni con acqua e sale non iodato poiché lo liberano dalla ritenzione idrica e eliminando i liquidi in eccesso, il tutto in poca acqua, per non far stressare il pesce nella risalita per respirare, con 10gr/l di sale non iodato per 15/20 minuti per 2/3gg. Riempire il contenitore con acqua alla stessa temperatura di quella della vasca e inserire il sale non iodato (se è quello grosso è meglio) prima di inserire il pesce, senza mescolare. Successivamente inserire il pesce e lasciarlo 10/15 minuti. Trascorsi i minuti indicati, gradualmente, sostituire l’acqua salata con dell’acqua nuova dolce alla stessa temperatura, per far riabituare il pesce dal salmastro al dolce. Ripetere l’operazione per 2/3gg.
Se l’infezione è avanzata bisogna ricorrere a cure più specifiche e mirate con Ambramicina, Baktopur o Furanol.

Per trattare con Ambramicina bisogna isolare il pesce in vasca a parte e somministrare una compressa per ogni 30 litri d’acqua per una settimana, facendo un cambio del 30% ogni 2gg dosando nuovamente la percentuale di medicinale andato perso con i cambi. Dopo una settimana fare un cambio più abbondante e verificare la situazione. Se il pesce non si riprende si può tentare fino a tre volte il ciclo di cura con questo antibiotico, al terzo ciclo è opportuno raddoppiare i dosaggi e dopo il terzo ciclo, se la patologia persiste, è necessario cambiare cura con altri antibiotici come il Minocin eseguendo la stessa terapia.
Invece per eventuali trattamenti con Baktopur o Furanol la cura è strettamente associata a quanto riportato sui rispettivi bugiardini.

 

– I tumori

Purtroppo anche nei nostri piccoli amici si possono riscontrare malattie incurabili come i tumori, benigni o maligni.
Non esiste una cura per rimediare a queste problematiche; a volte i tumori si notano sottoforma di protuberanze esterne con dei rigonfiamenti anomali sul corpo. Da ciò si può soltanto sperare che siano tumori benigni con i quali il pesce può convivere ed in questi casi è consigliabile separarlo da eventuali inquilini perché si stresserebbe nel contendersi il cibo e nel marcare il proprio territorio essendo un pesce sempre attento al proprio spazio. Purtroppo la maggior parte delle volte quando spuntano, o quando si manifestano internamente (la vescica natatoria è la più colpita), questi tumori sono maligni e portano il pesce a cambiare atteggiamento in poco tempo, diventa apatico, staziona sul fondo o sulle piante, perde appetibilità che lo porta alla debilitazione, alla conseguente perdita delle difese immunitarie e infine alla morte.

 

  • L’eutanasia

Può capitare che un pesce, nonostante le cure prestategli per qualche malattia grave come, forti corrosioni, flagellati o idropisia in stadi avanzati o in casi di tumori maligni non possa guarire e portano l’animale a condurre gli ultimi giorni della sua vita ad agonizzare nella vasca. Non è certamente una bella scena da vedere ma soprattutto non è una bella situazione per il pesce che soffre tantissimo. In questi casi molti allevatori procedono nell’adottare la tecnica dell’eutanasia per non far soffrire più il pesce.

L’eutanasia non è altro che la conduzione, intenzionale e nel suo interesse, alla morte di un individuo la cui qualità di vita sia compromessa in maniera permanente da una malattia, menomazione o condizione psichica. Pertanto quando lo stato di salute di un pesce è in condizioni molto precarie si potrebbe procedere con questo sistema e porre fine alle sue sofferenze.

C’è chi accetta questo procedimento e lo attua, c’è invece chi non lo accetta e continua le cure nei casi in cui è possibile provare con medicinali, ma la decisione comunque rimane strettamente soggettiva.

Tuttavia questa procedura per gli animali esiste e bisogna parlarne. Vi sono diversi metodi per effettuare l’eutanasia, il più conosciuto è quello di aggiungere delle gocce di olio di garofano in un recipiente contenente il pesce e un litro d’acqua dentro, dopo pochi istanti il pesce morirà. Un altro sistema è quello di sciogliere completamente 20gr o 30gr di bicarbonato di sodio in un litro d’acqua e immergere il pesce il quale, anche in questo caso, avrà una morte rapida.

Esistono inoltre altri metodi più cruenti che, anche se spesso utilizzati da alcuni allevatori, è preferibile non proporre.

 

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