Lymnaea-radix-peregra

Lymnaea radix peregra

Nome scientifico: Lymnaea Radix Peregra
Nome comune: Peregra o lumaca errante
Famiglia: Lymnaea

lymnaea radix peregra lymnaea radix peregra

Presentazione e origini:
Molto simile alla Lymnaea Pseudosuccinea columella, è una lumaca d’acqua dolce, un gasteropode munito di apparato polmonare che gli consente di respirare e di vivere per breve tempo fuori dall’acqua. Appartiene alla famiglia Lymnaeidae, lumache di stagno, ed è diffusa, oltre che in tutta Europa, anche in Asia occidentale e settentrionale, nonché in alcune isole.

Caratteristiche:
La conchiglia della Peregra, è ruvida, di colore marrone e marrone chiaro con presenza di venature chiare.

lymnaea radix peregraIn acque dolci è sottile e delicata, mentre in acque calcaree è spessa e presenta rilievi irregolari, è ovoidale con l’apice appuntito. Gli occhi piccoli e neri si trovano situati nella base interna delle antenne, e un piede arrotondato sulla estremità posteriore. Le sue dimensioni comprendono un diametro che va dai 5 mm ai 12 mm, mentre l’altezza è compresa tra i 10 mm e i 20 mm. La variazione della grandezza è influenzata dal luogo in cui vive.
Habitat:
Questo gasteropode vive prevalentemente nelle acque molto lente o addirittura stagnanti, nonché su rocce umide e nei canneti dei laghi e degli stagni. A volte la si può trovare anche in acque inquinate. Si tratta altresì di una specie molto resistente che riesce ad adattarsi benissimo a varie temperature, è in grado di vivere nelle zone montuose (non a caso è stata rinvenuta sulle Alpi marittime e sulle Alpi dell’alta Provenza), e di conseguenza in acque al di sotto dei 24°. I soggetti che vivono nelle zone montane sono piccoli e scuri, mentre quelli che vivono in acquario raggiungono dimensioni più grandi. Infine prediligono un ambiente con molta vegetazione.

 

 

Riproduzione:
La riproduzione della Lymnaea radix peregra in genere è uguale a quella degli altri gasteropodi della stessa famiglia Lymnaea.
E’ una lumaca pacifica con pesci e piante.
Anch’essa è una lumaca ermafrodite, possiede entrambi gli apparati sessuali e a volte si autofeconda deponendo, in acqua, uova sotto forma di grappoli gelatinosi e trasparenti su piante e oggetti presenti in natura e in vasca. La schiusa delle uova avviene intorno ai 20 giorni dalla deposizione.
Interessante e molto particolare è la conformazione del guscio a livello genetico, appunto la spiralizzazione della conchiglia, o meglio, la torsione della conchiglia, derivante dall’”effetto materno” che non è altro che la costituzione genetica trasmessa dai geni della madre. Sono gasteropodi ermafroditi, quindi possono riprodursi sia attraverso incroci con altri soggetti che con l’autofecondazione.
Osserviamo più da vicino questo processo di spiralizzazione.
Prima di addentrarci nel profondo ragionamento delle generazioni, diamo una ripassata alle leggi di Mendel che ci aiuteranno a capire più dettagliatamente i passi che andremo ad analizzare.
Prima Legge, (Legge della uniformità degli ibridi di prima generazione):
Incrociando 2 individui omozigoti per un carattere, ma con un carattere dominante e uno recessivo, si ottiene una prima generazione con individui eterozigoti, ma che mostrano tutti il carattere dominante, mentre quello recessivo non compare.
Seconda Legge (Legge della separazione dei caratteri):
Incrociando 2 individui eterozigoti per un carattere, nella seconda generazione (F²) i 2 caratteri di partenza ricompaiono in quantità numeriche esprimibili con numeri semplici, in rapporto di 3:1.
Terza Legge, (Legge dell’indipendenza dei caratteri):
Incrociando individui con più caratteri distinti si ottengono nella 2° generazione individui nei quali i caratteri si trasmettono indipendentemente l’uno dall’altro. Se i caratteri sono 2, il rapporto sarà 9 : 3 : 3 : 1.

lymnaea radix peregra4

N.B.Le conchiglie della Lymnaea radix peregra sembrano essere illustrate al contrario (per utilizzare solamente le nostre immagini in possesso, sono state utilizzate queste figure), ma in realtà, poiché le definizioni di destrorsa e sinistrorsa si danno con l’opercolo (parte aperta dove si racchiude il gasteropode) rivolto verso l’alto, effettuando una torsione immaginaria possiamo dedurre che l’apice del guscio si gira verso il lato corretto.

Dalla prima generazione, che parte dai genitori, otteniamo due circostanze:

 

PRIMA GENERAZIONE A

lymnaea radix peregra5

DD             dd                       Dd        Dd        .

La prima generazione “A”, che proviene da una femmina con torsione della conchiglia verso destra e da un maschio con torsione della conchiglia verso sinistra, sarà tutta destrorsa, cioè tutte le piccole lumache nate dalla schiusa delle uova saranno con la conchiglia che da sinistra si gira verso destra, come la madre. Si avrà quindi una generazione eterozigote con effetto materno

 

PRIMA GENERAZIONE B

lymnaea radix peregra6

dd               DD                    Dd         Dd       .

La prima generazione “B”, che proviene da una femmina con torsione della conchiglia verso sinistra e da un maschio con torsione della conchiglia verso destra, sarà tutta sinistrorsa, cioè tutte le piccole lumache nate dalla schiusa delle uova saranno con la conchiglia che da destra si gira verso sinistra, come la madre. Anche in questo caso si avrà una generazione eterozigote con effetto materno.

A questo punto bisogna fare attenzione a cosa succede tra la prima e la seconda generazione.

  .                                                 1DD   2Dd   1dd

lymnaea radix peregra7Dd                   Dd                                    .

La seconda generazione (le tre conchiglie destrorse dopo il segno =) provengono da un’autofecondazione della prima generazione. Da questa autofecondazione si ottiene un rapporto di costituzione genetica in impeccabile simbiosi con le leggi di Mendel: Prima Generazione = Dd + Dd; Seconda Generazione = 1DD – 2Dd – 1dd con dominanza sulla forma “D” e recessione sulla forma “d”.

Contrariamente dalle immagini si evince che le conchiglie sono tutte destrorse. Questo fattore è scaturito dal fenomeno dell’effetto materno.

Le madri della prima generazione sono tutte di forma “Dd” dove la “D” è la forma dominante che favorisce la forma destrorsa.

 

lymnaea radix peregra8

Con l’autofecondazione  della seconda generazione, lo sviluppo della terza generazione è costituita da una prevalenza di conchiglie destrorse su quelle sinistrorse dovuto al fatto che le femmine della seconda generazione hanno genotipo “1DD” e “2Dd”, quindi in maggioranza rispetto alle femmine con genotipo “1dd” che sono appunto in netta minoranza.

 

Alimentazione:
Si nutre di alghe, avanzi di cibo e foglie decomposte, inoltre consuma anche alcuni resti di animali. La sua longevità è di un solo anno.

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

Guida impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

 

Adattabilità in acquario
Difficoltà di allevamento
Riproduzione in acquario
afidi

Afidi

Anche se si trattano di un insetto raramente presente nelle nostre vasche, ritorna utile trattare l’argomento Afidi e farlo conoscere più da vicino all’utente che purtroppo si potrebbe trovare in difficoltà ad affrontare la situazione in vasca.

Partiamo subito nel dire che è un insetto parassita in quanto infestante, che vive in colonie sulla terra e predilige le zone molto umide. Sono comunemente conosciuti con il nome di “Pidocchi delle piante”.

afidiQuesti insetti costituiscono la famiglia delle Aphidae, che a loro volta appartengono ad una famiglia molto più estesa chiamata Aphidina.

Hanno riproduzione vivipera e ovipera e sono diffusi nel mondo intero con il loro svariato genere e le loro numerose specie, con forme alate o attere.

Generalizzando sulla morfologia e rimanendo molto vaghi, possiamo distinguere che gli esemplari maschi sono più piccoli degli esemplari femmine, se presenti possiedono delle ali molto sviluppate, in modo particolare quelle anteriori, ma sempre relativamente alla dimensione del loro corpo.

Gli Afidi possiedono un apparato boccale atto a pungere e succhiare la linfa delle piante, le quali successivamente tendono a morire, pertanto sono considerati sempre come insetti dannosi sia direttamente che indirettamente. Direttamente per il loro continuo sottrarre sostanze vitali alle piante e indirettamente con l’espulsione di una sostanza, la “melata”, che non è altro che un liquido ricco di contenuti zuccherini, sostanzialmente le loro feci, alimento molto gradito dalle formiche, le quali addirittura, solo alcune specie, allevano gli Afidi stessi e le loro uova (agli Afidi alati, le formiche, staccano le ali per non farli scappare e li trasportano all’interno del formicaio dove se ne prendono cura procurandogli del cibo), in quanto produttori del loro prelibato alimento.

La melata è una sostanza molto nociva per le piante perché oltre a chiudere gli stomi delle foglie, è fonte di nascita di diversi funghi, in particolare uno nero che con lo sviluppo delle proprie colonie viene soprannominato “fumaggine” ed invade l’apparato fogliare che sembra sia stata annerita dal fumo. Ma un altro fattore fondamentale da tenere in considerazione è che la melata può richiamare, a sua volta, anche dei virus che attaccano e portano la pianta alla morte.

afidi2

Le specie italiane più note sono quelle che vengono “combattute” in agricoltura, che poi possono prendere piede anche nei nostri laghetti, paludari e acquari, mirando prevalentemente le piante galleggianti e foglie di altre piante che sfiorano o superano la superficie della colonna d’acqua; sembrerà strano ma è proprio così. Non a caso, come già accennato in precedenza,  questi insetti sono molto diffusi in ambienti caldi e umidi.

Gli Afidi bianchi e quelli neri sono quelli più noti e anche più diffusi, ma possono presentarsi in diversi altri colori, tra cui grigio, verde e giallo.

Tra i più importanti troviamo: L’Afide del cavolo, della fava, degli agrumi, delle graminacee, dell’olmo, del pesco e il famoso “Pidocchio delle rose”. Tutti minuscoli insetti dalle dimensioni comprese tra i 2mm e i 5 mm o poco più, che causano il danneggiamento e la distruzione di intere coltivazioni.

Gli Afidi si dividono in “polifagi” e “monofagi”. I primi si nutrono da diverse piante, mentre gli altri attingono ad un solo tipo di pianta.

Le specie alate vengono soprannominate “migranti” poiché appunto migrano di pianta in pianta e spesso vengono ritrovati anche sulle foglie delle piante ornamentali all’interno delle abitazioni.

Eliminare la presenza di questi parassiti non è molto facile, esistono dei rimedi naturali e dei prodotti chimici per liberarsene, ma funzionali solo in ambito “terrestre” e non a livello di acquariologia, dove occorre particolare attenzione a non inquinare avvelenendo determinati sistemi in equilibrio biologico quali laghetti,acquari o stagni, ad ogni modo alcuni metodi hanno dato risultati soddisfacenti .Analizziamoli entrambi.

  • Nel primo caso, cioè in giardino (laghetti esclusi naturalmente), in orto ed in casa per rimediare a queste infestazioni si può utilizzare del cotone imbevuto di alcool per ripulire un po’ energicamente le foglie delle piante, oppure un altro sistema più funzionale è quello di spruzzare del sapone di Marsiglia che andrà a formare sulla pianta, una sorta di patina nociva per questi parassiti che li porterà alla morte. Oltre questi metodi non rimane altro che l’uso di sostanze chimiche specifiche per combattere tali invasioni che si possono reperire nei negozi di agraria oppure possono essere adoperati da ditte che svolgono i servizi di disinfestazione.

Tutti questi metodi appena descritti NON sono assolutamente applicabili nelle nostre vasche, laghetti e paludari.

  • Nel secondo caso invece, quando uno dei nostri piccoli mondi sommersi vengono invasi da questi insetti, la situazione è molto più delicata e difficile da affrontare poiché c’è tutto un sistema (soprattutto con fauna all’interno) ed un equilibrio da non danneggiare con diversi prodotti sopratutto chimici.

In tanti annuiscono che si tratta di cibo vivo per i pesci, ma in realtà non è proprio così in quanto il 99% delle volte, da pochissimi esemplari, ne spuntano fuori una miriade, ma i pesci stentano spesso a cibarsene. Così, con la tranquillità che vengono cibati dai pesci, molti acquariofili li lasciano all’interno dove velocemente si colonizzano.

Come già detto, poiché fortunatamente queste invasioni sono rarissime nelle vasche, non è ancora stato affermato un metodo definitivo e sicuro per sconfiggere questi parassiti. Al momento sono stati fatti degli esperimenti con degli infusi di acqua e tabacco da sigaretta e di aglio bollito in acqua. Tra i due parleremo del secondo metodo che risulta essere meno invasivo e più naturale.

Una cosa fondamentale da fare è potare le foglie delle piante che fuoriescono dall’acqua e mantenerle basse sempre immerse, dove gli insetti non andranno,  rimuovere completamente tutte le piante galleggianti e riporle in un contenitore con acqua dove verranno trattate a spruzzo (con un semplice spruzzino) con una soluzione concentrata di aglio decotto in acqua almeno due o tre volte al giorno.

Naturalmente se l’infestazione viene presa in tempo allora ci saranno buone possibilità che le piante galleggianti si salvino, in caso contrario non c’è da aspettarsi miracoli poiché molto probabilmente la “melata” avrà fatto già il suo cattivo effetto anche su di loro portandole alla morte.

All’interno della vasca, una volta rimosse tutte le piante galleggianti e potate le foglie lunghe questi insetti non avranno più appoggio e neanche nutrienti. Dovranno essere rimossi manualmente, o meglio con l’ausilio di un retino per pesci.  

Per ulteriori approfondimenti si consiglia la lettura dell’articolo “Microfauna in acquario”

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

Guida impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

 

patina oleosa

Patina oleosa

Guida sulle cause e risoluzione riguardo la formazione della patina oleosa o biofilm nella parte superficiale dell’acquario.

Almeno una volta vi sarà capitato di osservare nei vostri acquari della schiuma o un film che ricopre l’intera superficie dell’ acquario con una colorazione che a secondo dell’ angolazione visiva può andare dal bianco argenteo all’ iridescente .

Questo è il biofilm, un film sottile presente sulla superficie dell’acqua dell’acquario causato dall’accumulo di proteine derivanti da rifiuti organici.

patina oleosa
FONT: https://aquariumarena.com

Praticamente si tratta di aggregati batterici bloccati in una matrice formata prevalentemente da sostanze polimeriche extracellulari. Grazie ad essa i batteri si sostengono mentre crescono sulla superficie dove hanno più facilmente accesso all’ossigeno e ai nutrimenti.

Infatti molti microrganismi come lieviti, batteri dipendenti dall’ossigeno e alghe preferiscono questa zona di transizione, perché le condizioni di vita sono particolarmente buone per loro.

Le particelle di polvere disperse nell’aria aumentano anche la formazione di schiuma superficiale, poiché non possono affondare a causa della tensione superficiale dell’acqua.

La parte inferiore della superficie dell’acqua è invece un punto di raccolta per tutte le sostanze più leggere dell’acqua ma incapaci di sfuggire all’aria.
In alcune parti, i gas non possono più sfuggire e piccole bolle si bloccano proprio sotto la superficie dell’acqua.

Questa patina può anche essere vista direttamente rompendo la superficie dell’acqua con un dito o un bastoncino per creare bolle. Se le bolle si formano e durano più di qualche secondo nel tuo acquario hai un biofilm.

Se da un lato il biofilm può risultare brutto a vedersi di per sé non costituisce un reale pericolo per la flora e la fauna ma lo potrebbe diventare se il suo spessore dovesse aumentare perchè può ridurre il livello di ossigeno all’ interno della vasca.

Per lo stesso motivo può anche impedire che la CO2 venga rilasciata dall’acqua, aumentando così i livelli di CO2 e quindi causare l’asfissia degli animali nell’ acquario, compresi i batteri nitrificanti in un filtro. La schiuma di superficie spessa può anche ridurre l’incidenza della luce.

In linea di principio, la schiuma superficiale è sempre composta da vari microrganismi. A seconda delle condizioni alcuni tipi possono essere predominanti rispetto ad altri come le alghe blu-verdi o determinati batteri.

Le cause responsabili della formazione del biofilm sono:

  • Piccole particelle di cibo non consumate o piante in decomposizione possono sollevarsi e radunarsi in superficie.
  • Aggiungere troppi batteri in acquario.
  • Acquari senza filtro sono più soggetti ad andare incontro a questo inconveniente così come quelli che hanno uno scarso movimento superficiale.
  • Le vasche piantumate con una ricca popolazione di pesci responsabili di un inquinamento organico troppo elevato.
  • Se c’è troppa alimentazione sotto forma di alimenti biologici, si svilupperà una popolazione batterica corrispondentemente più alta con formazione di biofilm. Quindi alimenti di bassa qualità e alimentazione eccessiva arricchiscono l’acquario con proteine e grassi che causeranno soprattutto pellicole oleose. Una riduzione dell’approvvigionamento alimentare impediranno l’introduzione di sostanza organica nella vasca e quindi la formazione di schiuma superficiale.
  • In acquari con piante possono formarsi lievi biofilm di batteri che traggono energia dall’ ossidazione del ferro per cui una riduzione o sostituzione del concime di ferro può essere di aiuto.

Per sbarazzarsi del biofilm è essenziale combattere la causa ma ciò potrebbe non portare sempre a un risultato direttamente percepibile. Di seguito alcuni metodi per una veloce eliminazione.

  • Poggiare sulla superficie fogli di carta tipo Scottex che imbevendosi farà attaccare la patina ad essa.
  • Aumentare il movimento di superficie dell’ acqua alzando l’ uscita del filtro.
  • utilizzo di uno skimmer da tenere costantemente in funzione se dotato di pompa e filtraggio oppure applicandone uno al tubo di entrata del filtro.
  • Cambi parziali di acqua
  • Migliorare la manutenzione dell’ acquario con sifonature leggere e periodiche del fondo in occasione dei cambi parziali, pulizia dei materiali filtranti (spugne e lana perolon) ed affettuare 3 o 4 volte l’ anno un filtraggio settimanale con carbone attivo per abbattere eventuali eccessi di carbonio organico che non va confuso con la CO2.

 

Per ulteriori informazioni consultare questo post nel nostro forum ” clicca qui

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

Guida impaginata da Marco Ferrara

 

©www.acquariofili.com