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Puntius denisonii

Puntius denisonii

Nome comune: Barbus denisoni

Ordine: Cypriniformes

Famiglia: Cyprinidae

Dimensioni: circa 15 cm

Distribuzione: Asia

Aspetto: Il Puntius denisonii è un ciprinide fantastico e tra i pochi a raggiungere dimensioni più grandi rispetto ad altri ciprinidi.

Vista la sua diffusione e la richiesta sempre più alta è una specie a rischio di estinsione quindi da qualche tempo si stanno riproducendo in allevamenti specializzati .

Presenta un corpo affusolato con una livrea meravigliosamente colorata come lo evidenzia la striscia nera lungo la linea sensoriale orizzontale e appena sopra una striscia rossa che contrasta il griio argenteo del dorso.

Presenta anche due fasce gialle accanto ad una nera nella pinna caudale.

Bocca orizzontale con due barbigli sotto il muso.

E’ un pesce molto veloce e rapido infatti bisogna stare attenti agli altri esemplari inseriti per evitare competizioni alimentari e stress per via del suo nuoto vorticoso e frenetico.

Devono essere allevati in gruppo di almeno 8/10 esemplari per sviluppare al meglio i loro istinti di convivenza in gruppo.

Caratteristiche acquario: le dimensioni minime della vasca devono essere 120cm di larghezza in modo da dare spazio al nuoto elegante di questa specie che raggiunge dimensioni notevoli anche fino a 15cm.

La filtrazione deve essere buona ed efficente con correnti elevate perchè questo pesce ha sviluppato delle doti meravigliose e particolari nel nuoto (infatto presenta una forte muscolatura).

Questo per via del luogo di provenienza dove le forti correnti e rapide la fanno da padrone ,piantumare molto la vasca perchè ama la ricca vegetazione,bolbitis , microsorium,vallisneria possono essere impiegate.

Predisporre fondo con sabbia o ghiaia fine con legni e molte rocce classiche di un torrente , curare molto la filtrazione perchè questa specie non tollera gli inquinanti.

Il loro comportamento è molto pacifico, si consiglia di allevarlo con altre specie asiatiche fino addirittura ai betta splendens.

Evitare la convivenza con coinquilini di dimensioni troppo piccoli perchè potrebbero essere predati.

Valori per l’allevamento:

  • 16-26° C
  • Ph 6.8 – 7.8 max
  • Kh 4-6
  • Gh 8-12

Alimentazione: In natura il Puntius denisonii si nutre di piccoli crostacei o di sostanze di scarto che trova nel substrato.

In acquario accetta volentieri il secco e cercare di somministrare anche vivo o congelato per alimentare bene la sua massa muscolare.

Sono degli onnivori accettano anche le verdure (spinaci , lattuga) e ortaggi (piselli , zucchina)e spesso passano il tempo a spiluccare le alghe.

Riproduzione: La femmina risulta essere appena più grande del maschio , più tozza ma sicuramente meno colorata e vistosa.

Non si hanno manifestazioni di riproduzioni in acquario , ad oggi come detto in precedenza vengono riprodotti in farm o allevamenti specifici attrezzati per la stimolazione ormonale.

Note: Al momento dell’acquisto bisogna stare attenti a non confonderlo con il Sahyadria chalakkudiensis che gli somiglia molto con una colorazione molto piu’ blanda.

E’ un esemplare da adulto molto aggressivo e poco pacifico.

 

Si ringrazia Dario Mc Raiz per aver concesso l’utilizzo della foto

Adattabilità in acquario 90%
Difficoltà di allevamento 10%
Riproduzione in acquario 10%
Vasca Di Giuseppe De Rito

Vasca Di Giuseppe De Rito

Vasca Di Giuseppe De Rito : Nasco acquariofilo nel 2000 quando in visita ad un centro giardinaggio della provincia di Bergamo mi imbatto in un betta, non uno qualunque, un betta splendens da esposizione che lasciava senza fiato tutti i presenti.

È stato amore a prima vista e da quel momento un escalation.

Acquisto una vaschetta da 20 litri inserendo il betta che non ero riuscito a lasciare in negozio

Nel giro di qualche mese passo ad un acquario Juwell 180  per poi arrivare dopo qualche anno all’attuale da 350 litri circa di costruzione artigianale aperto con vetro frontale stondato per una visione ottimale anche da diverse angolazioni.

Con quest’ultimo, mi evolvo passando al marino.

Sono stati 5 anni di impegno assoluto e intenso che mi ha regalato immense soddisfazioni e cocenti delusioni dovute esclusivamente ad errori iniziali di gestione e conduzione.

Il metodo che poi mi ha dato le maggiori soddisfazioni è stato un  DSB puro, senza filtro, con la sump dedicata a vasca di refugium. Ciò ha dato come risultato dei pesci in perfetta forma, coralli duri ottimamente estroflessi dai colori spettacolari e in crescita continua tanto da dover taleare con frequenza quasi come fosse un giardino fiorito, una vastità coralli duri SPs, LPS,molli e Spugne spettacolari tanto che il mio negoziante ogni volta che andavo a fargli visita voleva vedere le foto della mia barriera.Vasca Di Giuseppe De Rito

Di quel periodo mi rimane soltanto una foto che non rende giustizia alla spettacolarità dei colori dei coralli

Che tempi.

Ometto di ricordare il tragico momento in cui tutto è finito. Il solo pensiero mi fa male ancora adesso.

Un disastro.Una catastrofe.Una tragedia.

 

 

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cianobatteri

Cianobatteri

Cianobatteri

Uno dei problemi che angoscia l’ acquariofilio è scoprire la presenza dei cianobatteri che di solito sono trattati insieme alle alghe ma che in realtà alghe non sono.

Dopo la Cladophora crispata, i cianobatteri rappresentano in assoluto la seconda battaglia epocale che un acquariofilo potrebbe trovarsi ad affrontare sia per la difficoltà a debellarli, sia per l’ impegno a sostenere questa battaglia in termini di energie e tanta pazienza .

Il modo migliore per combattere i cianobatteri è conoscerli.

[pullquote-right]Esistono circa 2.000 specie suddivise in  150 generi di cui 46 segnalati come produttori di tossine. Essi sono presenti sia in acque dolci che salate e capaci di vivere in ambienti estremi come i laghi ghiacciati, le sorgenti termali e le saline.[/pullquote-right]

I cianobatteri presentano una varietà di tipi di cellule, strutture cellulari e strategie fisiologiche da contribuire al successo ecologico del plancton metaphyton (libero in acqua) o periphyton (attaccato a rocce, piante e qualsiasi altro oggetto presente sopra al sedimento).

Molte specie di cianobatteri vengono raccolte o coltivate appositamente come fonti alimentari, alimenti per animali, fertilizzanti e prodotti sanitari. (W.F. Vincent, in Encyclopedia of Inland Waters, 2009)

Quindi ci sono anche quelli utili !

I cianobatteri sono cellule procariote quindi non hanno un nucleo morfologicamente distinto in quanto è assente la membrana nucleare e non si riproduce per mitosi (divisione del nucleo della cellula madre in due nuclei delle due cellule figlie con l’ identico numero di cromosomi a quello del nucleo della cellula originaria).

Tra le cellule procariote sono le uniche in grado di utilizzare la luce solare come energia, l’ acqua come donatore di elettroni e l’ aria come fonte di carbonio (Methods in Enzymology, 2011).

cianobatteriI cianobatteri sono costituiti da un’ unica cellula invisibile ad occhio nudo ma che possono aggregarsi facilmente in colonie talmente numerose da rendersi anche si troppo visibili.

Si stima che siano comparsi circa 3,5 milioni di anni fa e da allora non sono mai scomparsi.

Esistono ciano come cellule singole avvolte da una guaina simile alla mucillagine, altre che vivono in forma aggregata dall’ aspetto piatto, arrotondato o a filamenti.

I Cianobatteri vivono in acqua e sono organismi fotosintetici quindi in grado di prodursi il cibo (autotrofismo)  attraverso la fotosintesi così come fanno le piante e le alghe.

Praticamente sfruttando alcuni pigmenti, composti chimici che riflettono solo certe lunghezze d’ onda della luce visibile, riescono a prodursi autonomamente ciò di cui hanno bisogno per vivere.

Un pigmento reagisce ad una gamma ristretta dello spettro per cui per catturare la maggior energia della luce solare vengono prodotti diversi pigmenti.

Abbiamo la clorofilla (pigmento verde) presente nelle piante e nelle alghe che si divide in tre specie “A”, “B” e “C”; i carotenoidi, che costituiscono un gruppo di pigmenti che vanno dal giallo al rosso passando per l’ arancione.

Sono detti  pigmenti accessori perchè non fanno altro che trasferire l’ energia catturata dalla luce alla clorofilla, quindi non agiscono direttamente sul processo della fotosintesi.

La fucoxanthina è uno di questi e la cito perché è responsabile della colorazione marrone di diverse alghe comprese le diatomee (vi ricordano qualcosa?).

Altro pigmento è la ficobillina che troviamo espressa nei cianobatteri. Poteva mai essere tutto così semplice ? No.

A questo pigmento corrispondono  due classi ovvero la ficocianina presente nei CyanoBacteria e la ficoeritrina responsabile del colore rosso delle alghe ma anche dei ciano che colpiscono l’ acquario marino.

Il colore blu-verde dei ciano è dato da una miscela di clorofilla e ficocianina.

cianobatteri cianobatteri

I cianobatteri sono caratterizzati da un’ attività fotosintetica cosi potente da essere responsabili di aver modificato nel corso di milioni di anni la composizione dei gas dell ‘ atmosfera arricchendola di quell’ ossigeno che oggi ci permette di vivere.

I cianobatteri hanno dato anche un altro grosso contributo: l’ origine delle piante. Un vero scoop! Sempre milioni di anni fa questi batteri hanno deciso di elevare la loro residenza all’ interno di cellule vegetali producendo in cambio dell’ ospitalità il cibo ad esse necessario … i cloroplasti della pianta altro non sono che cianobatteri.

I cianobatteri vivono in acqua e sono fotosintetici ed è questo il motivo per cui vengono chiamati alghe blue-verdi. Essi non hanno nulla da condividere con organismi eucarioti come le alghe e anche se correlati ai cloroplasti delle piante restano e resteranno sempre dei batteri.

Nota: La luce è fondamentale per i ciano batteri in quanto organismi autotrofi. Senza la luce essi non possono sopravvivere e quindi privarli della luce può essere uno dei sistemi per combatterli in acquario.

Tossicità: molti studi hanno dimostrato che i cianobatteri producono un nutrito numero di molecole biologicamente attive e molte di queste si sono rilevate particolarmente tossiche da poter uccidere un animale. Vediamole:

  1. Microcistina: epatotossica
  2. Nodularina: epatotossica; fu pubblicato un report da George Francis su “Nature” nel 1878 dove la morte di diversi umani in Australia era riconducibile all’ acqua bevuta da un lago durante il periodo di sviluppo di una varietà di cianobatterio.
  3. Anatossina: alcaloide neurotossico.
  4. Saxitossina: alcaloide nurototossico che induce il blocco dei canali del sodio nelle cellule nervose.
  5. Cilindrospermopsina: epatotossica
  6. Lyngbiatossina A: responsabile di flogosi e formazione di vescicole (dermatite da alghe).
  7. Aplisiatossina: prodotta da cianobatteri marini è responsabile di dermatiti.

cianobatteri

Note: la famiglia dei ciano batteri è caratterizzata da una numerosa varietà di specie. Una o piu specie produce una o più delle tossine sopra evidenziate. Molte di queste non sono presenti alle nostre latitudini per cui state tranquilli che qualora vi trovaste in vasca i ciano non avrete una bomba pronta ad esplodere per una guerra chimica biologica. La loro tossicità è comunque nota e quindi richiederà alcune attenzioni quando le combatteremo in acquario

cianobatteriCause:  Il poeta latino Lucrezio nel primo libro “De rerum natura” espresse il principio “nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam” ovvero nulla mai si genera dal nulla per volere divino. Quindi i ciano come le alghe che improvvisamente esplodono non nascono dal nulla perchè sono già presenti nei nostri acquari ma non li vediamo perchè sono dormienti. Alti livelli di rifiuti organici disciolti e/o di sostanze nutritive` possono scatenare i cianobatteri. Può capitare che questo possa succedere anche in acquari maturi e ben mantenuti ma vi assicuro che in questo caso la probabilità è davvero molto bassa…quasi una rarità. Anche una mancata o bassa circolazione dell’ acqua e l’ uso di vecchie lampade possono essere causa della loro comparsa come pure un fotoperiodo spinto ben oltre le 8 ore. Il denominatore comune resta lo sporco ed una vasca poco curata.

 

cianobatteriCome si presentano: I ciano hanno la capacità di tappezzare di tutto e di più (fondo sabbioso, rocce, radici, la parte bassa del cristallo anteriore a contatto con la sabbia). La sua crescita è maggiore nei punti di maggiore illuminazione e se siete arrivati sin qui dall’ inizio sapete già il perché. E’ difficile trovare colonie nelle parti più buie nonostante sia capace di sfruttare la luce come nessun essere vivente sa fare. La sua superficie blu verdastra sembra quella di un finissimo velluto, un tappeto di consistenza gelatinosa al tatto che cresce dal centro verso l’ esterno, che si ricopre di bollicine di ossigeno anche intrappolate nel suo spessore. Si, proprio quelle bollicine  facilitano la diagnosi in modo inequivocabile.  Il suo odore “puzzolente” come diceva mio figlio da bambino è un altro elemento che lo caratterizza. Unico, fastidioso, ripugnante oserei dire.  Questo tappeto avanza, ricopre tutto e quando tocca alle piante loro soccombono perché non sono più in grado di catturare la luce. Non so più cos’ altro dire per descriverle per cui fate riferimento anche alle foto. Spesso un’ immagine vale più di tante parole.

 

 

cianobatteri cianobatteri
cianobatteri cianobatteri

Nel marino vengono chiamate alghe rosse. La differenza di colore è data dalla differenza di pigmenti. Nel marino i cyanobacteria sono ricchi di ficoeritrina.

Lotta: E’ importante più che lottare prevenire. Quindi cerchiamo di tenere il nostro acquario in ordine e pulito. Sifoniamo il fondo per togliere gli eccessi di feci e foglie morte, tutto ciò che per catabolismo (degradazione di molecole organiche in altre più piccole – inquinamento da carbonio organico) porta ad un inquinamento organico. Fertilizzazione equilibrata (controlliamo i livelli di NO3 spesso bassi in tali situazioni per cui le piante possono andare in blocco – I ciano non assimilano i NO3). Piante e batteri “buoni” sono un baluardo allo sviluppo dei ciano.

Ma se nonostante le nostre attenzioni e soprattutto per colpa delle nostre disattenzioni i ciano compaiono non resta che armarci di strategia ed iniziare la partita di Risiko, la conquista del territorio. Abbiamo visto come la luce sia un fattore indispensabile per loro e quindi un modo di lottare è  quello di privare a loro questo elemento essenziale.

Se le colonie sono piccole e ben circoscritte usiamo tutto lo scibile della nostra cucina per togliere luce, tazzine di caffè, piattini tassativamente di ceramica, piccoli coperchi in acciaio o qualunque altra cosa che copra. Quanti giorni ? Io sono per le terapie a lungo termine quindi non meno di 6. Se dopo questo trattamento c’è ancora qualche colonia dovete ricoprire e attendere. Le rocce e le radici se possono essere rimosse fatelo e buttatele in acqua bollente per 10 minuti poi una bella spazzolata e di nuovo in vasca.

Se il layout non vi consente di operare in questo modo o se qualche pianta ne è vittima dobbiamo cambiare strategia. Passiamo alla chimica. Spruzziamo direttamente l’ acqua ossigenata a 3 volumi sulle colonie usando una siringa e sempre a filtro spento per 30 minuti.

Attenzione: non superare la dose di 20 ml di acqua ossigenata ogni 100 lt netti in vasca. Il trattamento può richiedere più interventi che vanno ripetuti non prima delle 24 ore dall’ ultimo quindi dovrete metterci tutta la vostra pazienza.

Invece quando le colonie sono ormai estese e hanno colpito anche le piante e non solo gli arredi la prima cosa da fare è chiedersi: ma come ho fatto a ridurre la vasca in questo stato ? Rispondo io per voi: NIENTE, non avete fatto niente. Prima riusciamo ad individuarle e ad intervenire più semplice sarà il compito per liberarsene. Quando la vasca è invasa, a fronte di questa sciagura diversi consigliano la terapia del buio totale. La vasca va ricoperta interamente con un telo di stoffa scura o una coperta spessa al punto tale che non deve passare neanche la benchè minima luce. La vasca va scoperta per il tempo necessario a dare un pizzichino di cibo ai pesci senza accendere le lampade e poi va subito ricoperta.

Attenzione: prima di questo trattamento occorre aspirare con un tubicino, quello dell’ aeratore, quante più colonie possibili con il filtro assolutamente spento per evitare che frammenti di ciano possano innescare nuove colonie. Ripristinare il livello con acqua nuova e coprire.

Personalmente questo metodo non lo consiglio. Spesso 5/6 giorni di buio totale non risolvono completamente il problema e nel contempo ve ne regalano un altro:

le piante. Delle piante a crescita veloce e di quelle che richiedono intensa illuminazione vi resterà solo il ricordo e la loro marcescenza. Insomma avrete capito che i ciano sono proprio degli abili giocatori a Risiko e con loro non si possono fare sconti perché lasceranno sempre altre vittime; come si dice venderanno cara la loro pelle a spese del nostro acquario e del nostro portafoglio. Per concludere questo argomento, quando ci troviamo in situazioni disperate  che colpisco anche le piante il rimedio migliore è fare una bella pulizia aspirandole con attenzione e ripeto a filtro spento per poi ingaggiare la madre di tutte le battaglie … la lotta chimica per eccellenza: CHEMICLEAN. 48 ore di trattamento ed il gioco è fatto senza problemi neanche per il vostro filtro biologico. Ordinabile su internet, un po’ costoso ma è un buon investimento.

 

Note riassuntive sulla lotta:

  1. Prima di ogni intervento aspirate quante più colonie possibili
  2. Tutte le operazioni vanno fatte a filtro spento (aspirazione delle colonie e trattamento con acqua ossigenata) da almeno 10 minuti per avere acqua ben ferma.
  3. Il trattamento con acqua ossigenata non da problemi a piante e pesci fatta eccezione per i muschi che sono abbastanza sensibili.
  4. Dopo ogni tipo di trattamento effettuare cambi consistenti di acqua, anche del 50% in caso di grosse zone colpite. Con la loro morte a seguito della lisi cellulare si liberano tossine pericolose per i pesci quindi è raccomandabile anche un trattamento settimanale con carbone attivo.
  5. Con la terapia del buio abbiate pazienza, gli sconti di durata del trattamento si ripagano amaramente.
  6. L’ acqua di aspirazione con le colonie andrebbero trattate con candeggina prima di buttarla via (non dimenticate che abbiamo a che fare con batteri!)
  7. Il tubicino usato per l’ aspirazione va anch’ esso sterilizzato riempiendolo con una soluzione di candeggina al 10%.

 

Per approfondire questi tipi di argomenti consiglio le seguenti letture :

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

NB: alcune foto  sono state prese dal web , qualora il proprietario le riconoscesse come proprie e ne vuole la rimozione basta comunicarcelo e provvederemo immediatamente alla rimozione.

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis Caridine cantonensis Caridine cantonensis

Caridina Japonica o multidentata o Amano, caridina davidii e caridine cantonensis. Questi piccoli crostacei stanno conquistando sempre più l’attenzione degli acquariofili.

Le japonica sono particolarmente apprezzate non per il loro colore ma per la loro capacità di nutrirsi di piccole alghe filamentose svolgendo un’ azione di prevenzione.

Le Davidii sono caratterizzate da colori unici molto sgargianti come il rosso delle red sakura, l’ intenso blu delle blue dream e le intensissime blue velvet, le yellow e le green.

Un discorso a parte meritano le cantonensis non solo per le loro colorazioni miste ma soprattutto perché richiedono rispetto alle davidii una particolare attenzione più che nell’ allestimento della vasca quanto nelle caratteristiche chimico fisiche dell’ acqua che condizioneranno parte dell’ allestimento.

[pullquote-left]Questi piccoli crostacei vivono allo stato naturale in piccoli ruscelli poco profondi caratterizzati da un lento movimento dell’ acqua e da un fondo non fangoso ricco di legni e foglie.[/pullquote-left]

La vasca ideale per tutte le caridine davidii e cantonensis non dovrebbero avere un litraggio inferiore ai 25 litri (due maschi e quattro femmine), sono da evitare quelle strette a alte preferendo forme leggermente rettangolari o quadrate e soprattutto devono essere basse infatti non sono consigliate alte colonne di acqua.

Le caridine non sono abili nuotatrici ed inoltre una colonna d’ acqua bassa facilita lo scambio gassoso e quindi una migliore ossigenazione dell’ acqua.

Vediamo subito le caratteristiche dell’ acqua per la maggior parte di esse (Taiwan bee e crystal) perché queste influenzeranno la scelta del fondo ma non solo quello.

Caridine cantonensis

pH: 6.0/6.5
KH: 0/1
GH: 4.0/6.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 250/350 mS

 

 

Caridine Cantonensis var. Tiger

Caridine cantonensispH: 7.0/8.0
KH: 3/5
GH: 6.0/8.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 400/500 mS

 

Per ulteriori info clicca QUI

 

Caridine Sulawesi

Caridine cantonensis

particolarmente difficili da tenere perché richiedono valori dell’ acqua molto stabili, materiale calcareo per l’ allestimento.
pH: 7.5/8.5
KH: 5.0
GH: 6.0/8.0
NO3: 10 mg/l,
Temperatura: 26/28 °C
Conducibilità: 350 mS

Per ulteriori informazione sull’allevamento clicca QUI

 

Hygrophila Guianensis

Hygrophila Guianensis

Nome scientifico: Hygrophila Guianensis

Genere: Hygrophila

Famiglia: Acanthaceae

Luogo di provenienza: America meridionale

Dimensioni: altezza 15-50cm larghezza 20-35cm

Temperatura: 20-30 ° C

Ph: 6.0-8.0

Luce: Media – Alta

Posizione: Posteriore

Crescita: Veloce

Difficoltà: Facile

Note: La Hygrophila Guianensis appartiene alla grande famiglia delle Acanthaceae, è una delle vaste specie appartenenti alle Hygrophila e proviene dal Sud America, la si può trovare infatti in Venezuela, Bolivia e Guyana.

È una pianta che non richiede moltissimo impegno nel coltivarla perché abbastanza facile da gestire.

Presenta una lamina fogliare dalla colorazione verde mediamente acceso, specie sulle nuove foglie germogliate. La forma lanceolata assegna alla pianta un fascino particolare, per dirla semplicemente ha una forma ellittica che si conclude a punta.

Gradisce acqua con un PH variabile tra i 6 e gli 8, una durezza totale (GH) tra 4 e 8 ed una temperatura tra i 20° e i 30° ma, da esperienza di coltivazione, già sui 23°/24° ha una buona crescita crescita.

Anche se la Hygrophila Guianensis è di facile gestione ha le proprie esigenze a livello di nutrienti e di illuminazione.

In presenza di una illuminazione intensa ,CO2 e una buona fertilizzazione crescerà in modo molto imponente con steli robusti e sviluppati in altezza, se a questo uniamo un buon fondo fertile e una buona concentrazione di potassio che non deve mai mancare altrimenti la pianta se ne andrà rapidamente in carenza.

Come tutte le Hygrophile presenta un apparato radicale imponente quindi si consiglia l’inserimento di almeno 5cm di substrato per farla ancorare bene e non scoprire le radici che in natura utilizza non solo all’assorbimento dei nutrienti mobili ma anche per ancorarsi essendo una pianta prevalentemente palustre.

Coltivata nelle giuste condizioni è una pianta molto imponente impiegata sopratutto per coprire scatole di filtri o il fondo della vasca creando dei muri verdi, inoltre in vasca aperta potrà emergere creando una bellissima chioma.

La crescita rapida di questa pianta porta immancabilmente ad una frequente potatura che favorisce la riproduzione della stessa per talea.

Si consiglia di potare lo stelo tra gli internodi, ripiantando la parte apicale che continuerà a crescere mentre nello stelo tagliato madre darà vita a due o più nuove gemme e a sua volta nuove piantine autosufficienti.

Non si conoscono fini officinali per questa pianta.

Riproduzione Per talea