Il betta splendens domestico a 360° - Premessa e storia

Premessa e Storia

Betta splendens a 360°

Premessa e Storia

Precisazioni

Tengo ad evidenziare che questa guida da me redatta non nasce con lo scopo di interferire con il lavoro altrui, ne tantomeno per dimostrare manie di protagonismo o quant’altro. Questa guida è frutto semplicemente dei miei studi derivanti da più fonti quali libri, riviste, ricerche, confronti con persone esperte nel settore ed interminabili letture su svariati siti web, forum e gruppi dedicati e non.
Assimilati i concetti, ho deciso di prendere tutti i miei appunti, metterli in ordine e formarne una guida dedicata al betta splendens e riservarla, con gratitudine, al portale www.acquariofili.com e all’annessa pagina Facebook, cercando di fornire più possibile e con molto piacere, un contributo sulla divulgazione delle informazioni, a tutti gli utenti che manifestano interesse per questa specie.

Premessa

La decisione di creare una guida specifica e un po’ più approfondita su questo pesce, nasce per la volontà di far conoscere ai lettori le particolarità presenti in quest’ultimo, che abbracciano tutto il ciclo di vita, trattandosi appunto di un pesce le cui caratteristiche sono ben diverse da quelle degli altri.
Ci limiteremo a parlare del betta splendens, al giorno d’oggi molto noto e presente nelle nostre vasche ornamentali, e non di tutte le famiglie, sottofamiglie, specie e sottospecie. La lista è troppo lunga e le caratteristiche sono davvero tantissime e tra le più disparate, ecco perché l’aggettivo “domestico” all’interno del titolo di questo articolo, anche perché il betta attuale è molto diverso da quello scoperto intorno al 1900.
Divideremo questa guida in diversi capitoli che racchiuderanno, in più sezioni, le informazioni principali e fondamentali del pesce in questione.

 

• La storia in breve

 

Il betta splendens domestico a 360° - Premessa e storia
Antico acquario del 1856 (Foto dal web)

Il Betta splendens è comunemente conosciuto con il nome di pesce combattente. Ma perché pesce combattente? Torniamo un po’ indietro nel tempo e scopriamolo insieme.

Non è chiaro quando questo tipo di pesce ha iniziato ad essere allevato ma, da alcuni archivi storici, si può sicuramente parlare della metà del 1800. In questi archivi si parlava di allevamenti di pesci destinati a combattimenti, chiamati dai thailandesi “plakat” ovvero “pesce che morde”.

Rama III, re del Siam in quel periodo, omaggiò un medico dal nome Theodor Cantor, regalandogli dei pesci combattenti che erano in suo possesso. Quest’ultimo ne studiò le caratteristiche e gli diede il nome “Macropoduspugnax”.

Molti anni dopo l’ittiologo Tate Regan riprese lo studio di questi pesci e dedusse che il nome che Cantor gli aveva conferito, apparteneva già ad un’altra specie, pertanto lo sostituì con il nome “Betta Splendens”. Ipoteticamente, la parola Betta venne associata ad una tribù di guerrieri asiatici, mentre la parola “Splendens” venne associata allo splendore del colore e del pinnaggio che alcuni esemplari presentavano già nel periodo di fine ottocento. Da ciò si suppone che le prime forme di selezione erano già state studiate ed avviate in qualche parte del mondo ed i primi esemplari erano arrivati fino in Europa.

L’allevamento originario del Betta non nacque affatto per uso ornamentale, anzi tutt’altro. Lo scopo principale degli allevamenti era quello di far effettuare a questi pesci un vero e proprio combattimento, successivamente finalizzato anche a scommesse pecuniarie. Pertanto si realizzavano allevamenti sempre più mirati a formare pesci più robusti, più forti e con un carattere più aggressivo. I soggetti interessati, quelli più agili perché con le pinne più corte, erano i Plakat, conosciuti già dal 1400.

Questi combattimenti avvenivano inserendo due betta dentro un recipiente dove venivano lasciati a lottare, non fino alla morte, bensì fin quando uno dei due non scappava per rifugiarsi dall’altro. In tal caso, con la fuga di uno dei due pesci, il combattimento era dichiarato concluso e vinceva il betta che era riuscito ad essere dominante.
Come già accennato, gli allevatori, per formare esemplari più mirati ai combattimenti ibridavano i betta in loro possesso con quelli selvatici, dai quali alcune volte nascevano esemplari affascinanti con pinnaggio più lungo e colori particolari.

Iniziano così a vedersi in giro i Plakatcheen, provenienti dalla Cina, perché le ibridazioni di cui abbiamo parlato prima, furono gli embrioni dei primi betta a scopo ornamentale. Da li a poco, in occidente iniziarono a nascere e divulgarsi i betta a pinne lunghe che diventarono i pesci più ambiti dagli acquariofili.
Anche se i combattimenti tra i betta continuavano ad esserci, e purtroppo ancora oggi qualcuno in Thailandia lo fa, questi ultimi andavano a scemare. Infatti, pian piano si ridussero gli allevamenti per i combattimenti ed aumentarono quelli per le selezioni.

Già da tempo, negli Stati Uniti, erano stati avviati questi allevamenti per creare selezioni di pinnaggio e colori in soggetti che sarebbero finiti successivamente per lo scopo commerciale e ornamentale, quindi venduti per essere allevati dentro gli acquari di casa.
Verso la metà del 1900, negli Stati Uniti nasce un esemplare dalla pinna caudale lunga e a velo, il betta Veiltail, che ancora oggi è tra i betta commerciali più diffuso, venduto e conosciuto al mondo.
Naturalmente le selezioni non finiscono con il betta Veiltail, un decennio dopo nasce il betta Double Tail (doppia coda) e il betta Delta Tail (con la pinna caudale triangolare e simmetrica).

L’impegno è tanto e ora gli allevatori entrano in competizione, non più per selezionare betta per i combattimenti ma per ben altro. Le selezioni vanno avanti sempre più decise e mirate ad ottenere esemplari unici, appunto “splendidi”, per poter addirittura partecipare a gare e concorsi di bellezza.

Tra gli anni ’70 e ’80 fu la volta del betta Roundtail (coda rotonda), nacquero così i primi Betta Show.
Successivamente tra i primi anni ’90 gli allevatori riuscirono a selezionare betta con apertura di pinne caudali fino a 180° che identificarono come betta Halfmoon, mentre alla fine di quel decennio le selezioni portarono come frutto un altro esemplare molto particolare, il betta Crowntail caratteristico di una pinna caudale la cui membrana è più piccola dei raggi così da sembrare una corona.
Nello stesso periodo della nascita dei betta Crowntail, torna di moda l’originario betta Plakat dal quale, oserei dire, tutto è iniziato. Naturalmente anche su questa specie gli allevatori sperimentarono nuove selezioni facendo venire alla luce il betta “Halfmoon Plakat”.

Recentemente invece, da diverse ibridazioni tra i betta di allevamento e selvatici, nella Patria originaria, ovvero in Thailandia, si da vita ad un ulteriore betta monocolore metallico, il betta “Dragon”.
L’ultima caratteristica che gli allevatori sono riusciti a sviluppare nei betta e che pian piano ha preso piede, è la dimensione gigante degli esemplari, i cosiddetti betta Giant, dalla taglia nettamente più grande dei normali betta, infatti la misura minima si aggira intorno ai 7/8cm, fino ad arrivare a circa 14/15cm.

 

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Allestimento per caridine Davidi

Allestimento per caridine Davidi

Capita spesso di avere a disposizione una piccola vasca (dai 20 ai 40 L) e ci chiediamo cosa poter mettere all’interno.
Una buona scelta può essere utilizzarlo per ospitare delle caridine, con questo articolo, mi piacerebbe indicare quelle che secondo me sono le principali linee guida per Allestimento per caridine Davidi.

Anche se caratterizzate da dimensioni ridotte questi simpatici animaletti possono comunque dare delle belle soddisfazioni, pur essendo caratterizzate da una gestione relativamente semplice.

 

Allestimento

Partiamo con ordine… cosa ci serve per poterle ospitare.

per l’ Allestimento per caridine Davidi sono sicuramente da prediligere VASCHE RETTANGOLARI in quanto a questi animaletti piace più zampettare piuttosto che nuotare in giro. Come dimensioni si legge di tutto da pochi litri a grandi vasche, mi concentrerò sul limite inferiore della dimensione, che secondo la mia opinione, non dovrebbe scendere sotto i 20 L netti. Personalmente sconsiglio di andare sotto tale volume per l’impatto sempre maggiori che l’evaporazione può avere sui valori e per il fatto che vasche molto piccole mal sopportano eventuali errori di gestione.

Altra questione che su cui possiamo trovare pareri molto discordanti è la questione FILTRO. Personalmente non sono amante dei filtri ad aria (specialmente quando non sono accompagnati da un supporto biologico). Rimarrei su un piccolo filtro interno (in genere sono di piccole dimensioni ed eventualmente angolari per recuperare spazio) o un filtro a zainetto in cui non devono mancare i canolicchi. Date le esigue dimensioni di tali filtri i mini-Siphorax della Sera sono un supporto consigliato. In entrambi i casi l’aspirazione deve essere schermata (si può usare una calza di nylon per esempio).

Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi

Passando ora all’allestimento non sono necessarie cose particolari. possiamo impiegare un qualsiasi FONDO INERTE possibilmente di colori scuri (fanno risaltare i colori della livrea e riflettono meno la luce) possibilmente di granulometria medio piccola (1-5 mm). Come arredo vanno bene sia legni che rocce (purchè inerti, come ad esempio le Dargonstone). Si sconsiglia l’uso di fondi fertili, in quanto le caridine potrebbero essere sensibili ad essi.

Allestimento per caridine Davidi

Nell’ Allestimento per caridine Davidi anche per le PIANTE la scelta è estremamente ampia (valutatele in base al tipo di luce che avete a disposizione) e può quindi adattarsi a nostro gusto, ma ci sono alcune “regole” che sarebbe meglio seguire:

  • Devono essere estremamente abbondanti i MUSCHI. Essi infatti sono estremamente importanti per le caridine: gli esemplari adulti passano moltissimo tempo a “spulciarli” per potersi cibare di micro-alghe e le baby invece lo sfruttano anche come nascondiglio.Ci si può sbizzarrire con muschi del genere Taxiphillum, Vesicularia, Riccia, Fissidens fontinalis, etc.
  • Evitare PIANTE ROSSE E/O ESTREMAMENTE ESIGENTI e “PRATINI” in quanto richiedono fertilizzazione e illuminazione molto spinte, scarsamente gradite ai gamberetti. In generale le piante ghiotte di ferro le eviterei (si possono mettere, però bisogna essere consapevoli del fatto che con una fertilizzazione molto blanda, potrebbero risentirne).
  • È caldamente consigliato l’inserimento di CLADOPHORE, comunemente chiamate “alghe palla” (vale lo stesso discorso dei muschi)Io trovo poi molto utili anche piante come il Ceratophillum lasciato galleggiante (pianta veloce che aiuta molto anche il filtro a smaltire gli inquinanti), ma non è fondamentale se non piace.

Allestimento per caridine DavidiIl RISCALDATORE può essere presente, come non esserlo. Se riuscite a mantenere la temperatura sui 21/22 °C senza, potete tranquillamente evitarlo tenendo presente che non bisogna scendere sotto i 19°C.

 

 

 

Nota: l’aeratore, in presenza di piante, lo ritengo piuttosto superfluo, si può quindi omettere fatto salvo l’uso di filtri interni ad aria.

 

 

Valori e Gestione

Partiamo con il dire una cosa che può essere anche abbastanza scontata, però molto importante, l’acqua deve essere “pulita”. Con ciò intendo che le caridine tollerano poco vasche con alte concentrazioni di inquinanti e metalli pesanti (possono portare anche alla morte della colonia stessa).

Per questo motivo consiglio caldamente l’utilizzo di ACQUA DI OSMOSI per la gestione dei caridinai, chiaramente ricostruita con sali appositi per ottenere KH e GH adeguati, indipendentemente dalle caratteristiche dell’acqua di rubinetto. L’acqua di osmosi elimina tutte le componenti dannose, che benché siano contenute in bassa %, con il tempo possono accumularsi.

A livello pratico come valori abbiamo:

  • pH: 7-8
  • KH: 3-5
  • GH: 7-9
  • NO3: massimo 5 mg/l (consigliato)
  • PO4: massimo 0.5 mg/l (consigliato)
  • Fe: massimo 0.2 mg/l
  • Conduttività: 400-500 µS/cm
  • Temperatura 19-23 °C (ottimale a 21-22°C)

È quindi possibile mantenere una blanda fertilizzazione, senza arrecare danno ai gamberetti. Per quanto riguarda il ferro però bisogna avere cura di inserirlo in forma CHELATA, in modo che rimanga stabile in vasca, senza però creare problemi alle caridine stesse. Se non ve la sentite di fertilizzare “normalmente” o avete piante tutto sommato molto poco esigenti consiglio comunque di inserire un po’ di potassio. Potete usare prodotti commerciali come Kalium della Easy Life o Potassium della Seachem o per gli amanti del DYI il solfato di potassio K2SO4, partendo possibilmente da sali puri (è meglio però evitare di superare i 10 mg/L.).

Per i cambi d’acqua è possibile effettuare dei cambi del 15% ogni due settimane, ma non è una regola ferrea, dipende dalla gestione che preferite seguire. La cosa importante è fare il cambio con dell’acqua alla STESSA TEMPERATURA della vasca (oltre ovviamente a valori quanto più possibile simili). Ricordo inoltre che i cambi di acqua possono stimolare la muta, è quindi frequente trovare dei “fantasmi” in vasca (non toglieteli, non creano nessun problema in vasca).

Allestimento per caridine Davidi

 

Consiglio: Nella gestione di un caridinaio è raccomandabile l’uso di un conduttimetro con il quale possiamo ricostruire facilmente e rapidamente l’acqua osmotica per portarla agli stessi valori di KH e GH di quelli in vasca usando appositi sali e per controllare la qualità dell’acqua osmotica (che non deve superare i 20 µS/cm per essere di buona qualità

 

 

 

Parlando di problematiche relative alla uno dei problemi principali è la comparsa di PLANARIE. Sono dei vermetti che spesso possiamo trovare sul vetro (ma anche su tutti gli arredi), di colore bianco/marroncino in genere. Hanno dimensioni estremamente variabili da qualche mm a oltre 1 cm. Sono facilmente riconoscibili poiché la loro testa ha la tipica forma triangolare. La loro presenza se da un lato indica una buona qualità dell’acqua, dall’altro può essere un problema non solo estetico, ma anche per le baby stesse in quanto possono essere predate.

Allestimento per caridine DavidiEsse possono arrivare in vasca con l’inserimento di nuove piante per esempio (anche se non le vedete al momento le piante possono trasportare le uova di tali micro-organismi che sono molto resistenti). Per eliminarle in modo efficace bisogna ricorrere al No-Planaria della Ghenchem (un estratto naturale a base di foglie di banano). Le trappole possono aiutare a ridurre il numero di planarie in vasca per evitare una formazione eccessiva di materiale organico in vasca che andrà a decomporsi. Evitavate l’inserimento di pesci, anche di piccole dimensioni, come predano le planarie possono predare anche le baby. Non utilizzerei inoltre metodi che portano all’utilizzo di farmaci, in quanto le caridine sono sensibili a molti principi attivi (possono portare, soprattutto se dosati in modo non corretto, a morte o danni alle caridine stesse).

Nota: evitate di tagliuzzare o schiacciare le planarie in vasca, hanno delle grandissime capacità rigenerative, che gli permettono di sostituire le parti amputate (quindi non solo non eliminerete la planaria, ma ne andrete a ottenere 2).

Allestimento per caridine Davidi

Le C. davidii prediligono temperature che oscillano tra i 19°C e i 23°C quindi anche nel periodo invernale si potrebbe omettere il riscaldatore se nelle vostre case le temperature non scendono oltre la minima richiesta. Il periodo critico per questi piccoli crostacei e per chi le alleva è l’estate. I gamberetti mal sopportano le temperature alte soprattutto se per lunghi periodi. L’ esito è fatale! Quindi è necessario provvedere a montare le ventoline per raffreddare l’acqua. Dotate di un termostato e di una sonda termica queste andranno in funzione appena la temperatura supera i 23°C o quella impostata da voi. La circolazione forzata dell’aria sulla superficie della vasca faciliterà l’evaporazione e quindi il raffreddamento. In questo periodo preparatevi a fare frequenti rabbocchi con RO. Questa operazione può essere semplificata con un piccolo impianto di ripristino.

 

Popolazione

Dopo aver fatto maturare la vasca arriva il momento di inserire finalmente le caridine. Indipendentemente dal tipo inserirei non meno di 10 esemplari. Questi gamberetti infatti sono estremamente timidi e con una certa socialità, per cui inserire un certo numero di individui le renderà meno timorose, oltre ad assicurarvi con una buona probabilità la presenza di maschi e femmine.

Il dimorfismo, specialmente negli esemplari giovani non è spiccato. In generale in età adulta le femmine raggiungono una dimensione maggiore (anche 2.5 cm), hanno un corpo più tozzo ed è possibile notare la sacca ovarica sul dorso (anche se per alcune colorazioni è difficile). I maschi hanno un corpo più affusolato e in genere dimensioni minori.

Per quanto riguarda la riproduzione, quando le femmine sono pronte per la riproduzione emetteranno i feromoni che faranno impazzire i maschi Dopo la fecondazione le uova scenderanno tra i pleopodi sotto l’addome e li resteranno attaccate. Dopo 20-30 giorni nasceranno i piccoli già autonomi (dimensione circa 1 mm).

Non preoccupatevi troppo se per i primi tempi le vedrete poco in vasca, devono abituarsi al nuovo ambiente ed è quindi normale che passino buona parte del loro tempo nascoste.

NOTA IMPORTANTE:

inserite un solo tipo di caridina (intendo un unico colore) per vasca. Esemplari di colorazioni differenti infatti si incrociano tra loro. Ciò non vi farà ottenere colorazioni particolari, ma vi farà perdere entro poche generazioni il colore iniziale (avrete quindi in vasca delle caridine wild, trasparenti).

 

 

Allestimento per caridine DavidiArriviamo dunque a un altro punto dolente. La convivenza con i pesci. Personalmente non mi sento di consigliare NESSUN TIPO di CONVIVENZA con essi. Per quanto mi riguarda le caridine vanno allevate in vasca monospecifica. Le baby appena nate sono di dimensioni estremamente ridotte (circa 1 mm) e possono essere predate da qualsiasi pesce (ricordo inoltre che i piccoli crostacei sono alla base dell’alimentazione). Nella foto potete vedere una baby di poco più di due settimane, grande al massimo 4-5 mm.  Viene abbastanza da sé il fatto che un esemplare di queste dimensioni viene facilmente predato da moltissime specie di pesci (soprattutto nel periodo precedente).

 

Alimentazione

Partiamo dal presupposto che le caridine mangiano davvero qualsiasi cosa sia di loro interesse. Detto ciò è buona norma variare la loro dieta con diverse tipologie di cibo, in modo da fornire un’alimentazione bilanciata.

Oltre a un mangime “base” possiamo andare ad utilizzare (a titolo di esempio): integratori a base di ortica (molto consigliato): permettono di fornire sali minerali utili al sistema immunitario e per un corretto metabolismo; Verdure sbollentate; altri integratori specifici; bastoncini ricoperti con pastoni di vari gusti o pastoni home made… Insomma, le scelte non mancano.

Allestimento per caridine Davidi Allestimento per caridine Davidi

Consiglio inoltre di mantenere in vasca delle FOGLIE DI CATAPPA sempre a disposizione delle caridine, anch’esso è un utile integratore alla loro dieta.

Allestimento per caridine Davidi

Per quanto riguarda la frequenza dei pasti suggerisco di darli a giorni alterni, alternando i vari alimenti.

 

 

Oltre a questa guida “Allestimento per caridine Davidi” si consiglia la lettura dei seguenti articoli per approfondimenti:
Caridine cantonensis
Caridine e neocaridine
Gradi di selezione della caridina cantonensis Red Crystal

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Guida Allestimento per caridine Davidi impaginata da Marco Ferrara

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Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis

Caridine cantonensis Caridine cantonensis Caridine cantonensis

Caridina Japonica o multidentata o Amano, caridina davidii e caridine cantonensis. Questi piccoli crostacei stanno conquistando sempre più l’attenzione degli acquariofili.

Le japonica sono particolarmente apprezzate non per il loro colore ma per la loro capacità di nutrirsi di piccole alghe filamentose svolgendo un’ azione di prevenzione.

Le Davidii sono caratterizzate da colori unici molto sgargianti come il rosso delle red sakura, l’ intenso blu delle blue dream e le intensissime blue velvet, le yellow e le green.

Un discorso a parte meritano le cantonensis non solo per le loro colorazioni miste ma soprattutto perché richiedono rispetto alle davidii una particolare attenzione più che nell’ allestimento della vasca quanto nelle caratteristiche chimico fisiche dell’ acqua che condizioneranno parte dell’ allestimento.

[pullquote-left]Questi piccoli crostacei vivono allo stato naturale in piccoli ruscelli poco profondi caratterizzati da un lento movimento dell’ acqua e da un fondo non fangoso ricco di legni e foglie.[/pullquote-left]

La vasca ideale per tutte le caridine davidii e cantonensis non dovrebbero avere un litraggio inferiore ai 25 litri (due maschi e quattro femmine), sono da evitare quelle strette a alte preferendo forme leggermente rettangolari o quadrate e soprattutto devono essere basse infatti non sono consigliate alte colonne di acqua.

Le caridine non sono abili nuotatrici ed inoltre una colonna d’ acqua bassa facilita lo scambio gassoso e quindi una migliore ossigenazione dell’ acqua.

Vediamo subito le caratteristiche dell’ acqua per la maggior parte di esse (Taiwan bee e crystal) perché queste influenzeranno la scelta del fondo ma non solo quello.

Caridine cantonensis

pH: 6.0/6.5
KH: 0/1
GH: 4.0/6.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 250/350 mS

 

 

Caridine Cantonensis var. Tiger

Caridine cantonensispH: 7.0/8.0
KH: 3/5
GH: 6.0/8.0
NO3: max 5 mg/l
Temperatura: 19/23 °C
Conducibilità: 400/500 mS

 

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Caridine Sulawesi

Caridine cantonensis

particolarmente difficili da tenere perché richiedono valori dell’ acqua molto stabili, materiale calcareo per l’ allestimento.
pH: 7.5/8.5
KH: 5.0
GH: 6.0/8.0
NO3: 10 mg/l,
Temperatura: 26/28 °C
Conducibilità: 350 mS

Per ulteriori informazione sull’allevamento clicca QUI

 

geosesarma sp

Geosesarma sp.

Con il termine geosesarma classici si identificano i red devil, ma esistono anche altre colorazioni più rare da vedere ma comunque bellissime come per esempio i purple o blu.Il loro carapace misura solo 3 cm circa

geosesarma sp
i geosesarma hanno un carattere pacifico e amano stare in gruppo addirittura ammassati tra loro.

Devono essere allevati in acquaterrari dove un ruolo importantissimo occupano le zone emerse per poter stazionare indisturbati visto che sono prevalentemente terrestri.

Sono esemplari che si sono adattati completamente all’acqua dolce e quindi parlare di riproduzione in cattività non è un evento raro.

Si nutrono di cibo vivo, alghe, insetti, che devono essere sempre a disposizione per evitare episodi di cannibalismo.

L’acquaterrario deve essere di almeno 60 cm per un gruppetto minimo di 4/5 esemplari,allestito con molte piante sia epifite che radicate dove loro amano stare in tutta tranquillità,piccole zone sommerse possono essere utili perchè amano anche arrampicarsi.

L’acquaterrario deve essere rigorosamente chiuso perchè potrebbero scappare ritrovandoceli in giro per casa.
Clima tropicale di acqua dolce.

geosesarma sp2Se un luogo è di loro gradimento (per esempio sotto una pianta o sopra una radice) possono stare fermi in quel posto anche per giorni interi.

Vengono dal sud est asiatico abitando le foreste umide nei pressi di corsi d’acqua, in particolare gli esemplari in foto provengono dall’isola di Java. Tollerano valori di acqua tendente al basico, un ph di 7 diciamo che è ideale.

Per allevarlo in vasca è preferibile inserire le femmine in numero maggiore rispetto ai maschi in modo da evitare lotte territoriali oppure per imporsi sul gruppo.

 

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Poecilia wingei

Breve cenno storico.
Il Poecilia Wingei, o comunemente conosciuto come “Endler” (da ora in poi lo chiameremo così), è un pesce proveniente dalla parte nord-orientale del Venezuela dalla Laguna de Los Patos ed appartenente alla grande famiglia dei Poecilidi. Fu scoperto inizialmente da un appassionato nel lontano 1937 di nome Franklyn F.Bond, ma non ne fu approfondito alcuno studio. Successivamente nel 1975, il Professore Universitario, nonché biologo evoluzionista John Endler, da cui prende il nome il pesce, ne rivalutò la specie prelevando qualche esemplare dalla Laguna de Los Patos e studiandone effettivamente la varietà.

Descrizione, caratteristiche e allevamento.
E’ un pesce molto simile geneticamente, biologicamente ed a livello di allevamento, al Poecilia Reticulata, ovvero al Guppy ed ha un’aspettativa di vita che va dai 3 ai 5 anni di età. Anch’esso gradisce temperature che vanno dai 24°C ai 28°C. I valori ottimali dell’acqua sono uguali a quelli degli altri poecilidi, quindi preferiscono acque medio-dure e leggermente alcaline pertanto PH tra 7 e 8, GH tra 9 e 19 (ma è preferibile, quest’ultimo, non mantenerlo molto alto).

Endler maschio

Ha il classico dimorfismo sessuale che presentano alcuni poecilidi, in questo caso i maschi sono molto più piccoli delle femmine, lunghi circa 2,5cm, hanno il gonopodio e presentano una livrea molto appariscente dai colori accesi come verde, arancio e azzurro a chiazze con una coda caudale che sembra biforcuta per via della trasparenza al centro, mentre le femmine sono più grandi, circa 4cm di lunghezza, con una livrea di unico colore argento tendente al verde chiaro ed il ventre più arrotondato a causa delle continue gravidanze, assomigliano molto alle gambusie, che a differenza sono aggressive e hanno una livrea ricoperta da leggeri lineamenti neri.

Endler-femmina

E’ considerato un micro pesce e può essere allevato in vasche a partire da circa 40 litri che siano ben piantumate con piante miste, cioè a crescita rapida, lenta e galleggianti, un fondo fine e piuttosto scuro, qualche legno e delle pietre, insomma un gradevole habitat.

Parlando di purezza della specie, esistono diversi tipi di Endler maschi che si differenziano dal colore della livrea, mentre la femmina rimane sempre dal colore argento tendente al verde chiaro e porta avanti il gene del maschio che la feconda. La specie di Endler più comune che poi risulta anche la più commerciale, per quanto se ne possano trovare nei negozi, è il classico Black bar, che presenta delle chiazze nere irregolari lungo il corpo oppure una linea nera che “divide”, quasi, il corpo dell’esemplare.

Poiché questi pesci sono capaci di accoppiarsi con i classici Guppy, purtroppo, tra gli Endler non ci sono soltanto gli esemplari puri, ma numerosi incroci in quanto molti allevatori li ibridano per effettuare degli esperimenti ed ottenere nuovi pesci, senza pensare al danno genetico che ne può conseguire. Basta soltanto pensare che, questa specie rischia addirittura l’estinzione a causa del loro habitat naturale attualmente in continuo stato d’inquinamento. Molti allevatori di specie pure e particolarissime si trovano all’estero.

Pertanto convivono con tutti i poecilidi, ma come già detto in precedenza è preferibile non allevarli insieme ai Guppy. Allevandoli insieme agli altri poecilidi (molly, velifere, platy e portaspada) si corre il rischio che gli avannotti vengano facilmente predati. È sconsigliata, se pur possibile per adattamento, la convivenza con Corydoras, Otocinclus e simili pesci da fondo poiché essendo, questi ultimi, pesci Sud Americani hanno esigenza di PH più acido rispetto ai poecilidi in generale che prediligono un PH dal 7 in su.

Alimentazione e riproduzione.
Riguardo l’alimentazione, il pesce in questione, in natura si nutre di larve di insetti e alghe, naturalmente in cattività si può somministrare benissimo del classico mangime per “Guppy”, preferibilmente in granuli contenenti almeno una piccola percentuale di spirulina (non fiocchi per evitare di far ingerire aria ai pesci), cibo vivo o congelato come piccole artemie, larve di zanzara, chironomus e dafnie ma anche delle verdure sbollentate come zucchine, piselli e spinaci in modo da variare la dieta durante la settimana. Inoltre, di tanto in tanto, gli si può somministrare anche una piccola rondella di banana che è anch’essa molto gradita.

Gli Endler sono pesci ovovivipari, pertanto non depongono uova da fecondare ed accudire, ma partoriscono direttamente dai 10 ai 30 avannotti che non vengono predati dai genitori e dagli altri adulti, sempre se questi ultimi non sono ibridati con Guppy.

Gli avannotti accettano naupli d’artemia o mangime secco in polvere già subito dopo la nascita, e crescono in fretta se vengono alimentati due o tre volte al giorno: i maschi sono in grado di acquisire la colorazione tra la terza e la quinta settimana e le femmine invece sono in grado di partorire gli avannotti già all’età di due mesi.

A differenza del Guppy, che per corteggiare la femmina si riunisce in gruppo di più maschi per fecondarla contemporaneamente, gli Endler adottano una tecnica particolare, cioè diversi maschi si pavoneggiano mostrando la loro livrea colorata distraendo la femmina ed un altro cerca di fecondarla.

Infine, questa specie, può anche vivere e riprodursi in acque salmastre.

 

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