Author: Ettore Gerace

Mi chiamo Ettore Gerace, fin da bambino ho sempre desiderato avere un acquario tutto per me, ma forse per il mio carattere un po’ chiuso e riservato, non ho mai osato chiederlo ai miei genitori. Vedevo sempre in giro per le feste dei paesini i classici carassi nelle bocce e nelle vaschette, e cresceva sempre di più questo mio desiderio che non si realizzava mai anche per il fatto che nessuno nella mia famiglia aveva esperienza del genere per incoraggiarmi e spingermi in questo mondo e le fonti per studiare l’acquariofilia erano davvero molto scarse. Ormai da adulto, a maggio del 2015 si presenta un’occasione, delle lastre di vetro nuovissime da buttare… le ho chieste e mi sono state regalate. In quel momento scatta tutto un progetto nella mia mente che immediatamente si realizza con la costruzione della mia prima vasca. Nasce il mio 100 litri (lordi) che verrà successivamente avviato i primi di giugno dello stesso anno, con il classico fritto misto tra carassi, rasbore e caracidi vari accompagnati da un immancabile verde di piante finte, conchiglie finte, arredi vari di resina e fondo in quarzo bianco… In un secondo momento, grazie ad un mio amico, nonché collega di lavoro e compagno di studi in materia di acquariofilia, conosco il gruppo di Acquariofili.com che stravolge positivamente il mio interesse per questo mondo. Dopo aver studiato e preso informazioni utili da persone competenti ed esperti in vari campi, riavvio la mia vasca e, arredata ora da tante piante vere e con tanto di fondo fertile decido di iniziare la mia nuova esperienza allevando dei poecilidi, Guppy ed Endler. Da un po’ di tempo a questa parte mi sono appassionato dei Betta Splendens e per il momento sto allevando, in vasca a parte, un classico esemplare maschio da commercio che mi sta dando belle soddisfazioni. Essendo incuriosito anche da alcuni caracidi e dalla coltivazione di alcune piante acquatiche, non nascondo che ho già altri progetti in mente, che a tempo debito realizzerò… Anche se l’esperienza è ancora poca, ho imparato che in questo hobby, con pazienza, tenacia e determinazione si hanno molte soddisfazioni, “l’importante è non sedare mai la fame di sapere e di scoprire nuove cose”! (cit. Marco Ferrara).

Pastone vegetale per pesci

Pastone vegetale per pesci

 

Pastone vegetale per pesci

Con questa breve scheda, nata dall’idea di una mia esperienza personale, si guiderà l’utente alla preparazione di un pastone vegetale per pesci, cioè composto soltanto da verdure e ortaggi, alimenti sani che rappresentano una fonte ricca di fibre e vitamine adatti anche a quella categoria di pesci classificati come carnivori ai quali apportano i loro benefici.
Per saperne di più si invita l’utente a leggere anche questa guida: Verdure e ortaggi in acquario

 

Pastone vegetale per pesci

 

Ingredienti:

• 15 gr di piselli
• 30 gr di broccolo verde (cime e non foglie)
• 35 gr di peperone rosso
• 60 gr di zucchina
• 60 gr di carota
• 20 gr di spinaci
• 10 gr di ciuffetto tenero di finocchio
• 4 gr di aglio o 5 ml di estratto di aglio
• 5 gr di pastiglie di alga spirulina
• 2 fogli di colla di pesce

Se si possiedono, si possono anche aggiungere o sostituire gli ingredienti con del broccolo bianco e della zucca rossa.

 

Strumenti utili per la preparazione:

• bicchiere di vetro
• coltello
• cucchiaio
• mixer ad immersione
• pentolino
• recipiente per frullare
• vassoio per cubetti di ghiaccio

 

Preparazione:

Prendete un pentolino con circa 200 ml d’acqua e mettetelo sul fuoco, e nel frattempo date una sciacquata a verdure e ortaggi e iniziate a tagliuzzarle evitando di lasciare parti dure, come i gambi dei broccoletti e del finocchietto, la parte superiore della zucchina ecc., pelate anche la carota. Appena l’acqua nel pentolino inizia a bollire è il momento di inserire dentro tutte le verdure. Una volta messe a sbollentare lasciatele a fuoco medio per circa 20 minuti. Potrebbe sembrare un controsenso con ciò che si consiglia solitamente nello sbollentare per soli 5 minuti le verdure prima di darle ai pesci, ma in questo caso abbiamo la presenza di alcuni ortaggi come carote e peperoni che richiedono un tempo maggiore di sbollentata.
Nel frattempo che le verdure e gli ortaggi sbollentano, munitevi di mixer ad immersione e di un recipiente dove frullare il tutto. Allo stesso tempo prendete le pastiglie di alga spirulina e frantumatele per ridurle in polvere (si può utilizzare un bicchiere per schiacciarle ruotandolo su di esse, non importa se non vengono ridotte perfettamente in polvere).
Passati i 20 minuti togliete ortaggi e verdure dal pentolino senza buttare l’acqua e riponeteli dentro il recipiente dove andranno frullati. Aggiungete l’alga spirulina frantumata e l’aglio sminuzzato (in mancanza di quest’ultimo anche un estratto di aglio liquido può andar bene) dentro il recipiente.

 

(In mancanza dell’aglio si può usufruire di un estratto di aglio liquido)

 

Passiamo ora alla fase finale, affondate il mixer ad immersione nel recipiente e iniziate a frullare per amalgamare tutto finché non otterrete una pappetta omogenea. A questo punto, con l’acqua utilizzata precedentemente per sbollentare verdure e ortaggi, sciogliamo bene 2 fogli di colla di pesce, che servirà a mantenere compatto per qualche minuto il composto del pastone una volta somministrato in vasca, quindi riversiamo dentro il recipiente con la pappetta e frulliamo ancora una volta. Naturalmente la pappetta non deve diventare liquida, deve appunto rimanere di una consistenza molle, quindi attenzione alla quantità d’acqua con colla di pesce che versate, se ci si rende conto che l’acqua rimasta è troppa, nonostante l’ebollizione precedente, bisognerà buttarne un po’, prima di sciogliere la colla di pesce.
Adesso è giunto il momento di riporre il nostro pastone dentro a dei recipienti.

I recipienti che spesso vengono utilizzati sono i vassoi per cubetti di ghiaccio, precisamente quelli riportati nell’immagine che segue.

(Vassoi per cubetti di ghiaccio)

 

Bene, con un cucchiaio iniziate a prendere il pastone e riponetelo nei vari vani del vassoio. Terminata quest’ultima operazione lasciate riposare e raffreddare per circa 10 minuti e successivamente richiudete e riponete nel freezer.

Pastone vegetale per pesci
(Riempire con un cucchiaio, lasciare riposare circa 10 minuti prima di inserire in freezer)

 

Per la somministrazione si consiglia di dosare con parsimonia in quanto con un’eccessiva quantità, si rischia di inquinare l’acqua, quindi è opportuno tagliare il necessario con un coltello e riporre in freezer il resto, un po’ come si fa per il chironomus e l’artemia salina congelata.

 

Pastone vegetale per pesci
(A sx un cubetto di pastone vegetale, a dx il cubetto diviso nella quantità adeguata per la somministrazione)

 

Purtroppo il risultato del pastone non darà certamente un buonissimo odore per i nostri gusti, soprattutto per la presenza del peperone e dell’aglio che è un antibatterico e antibiotico naturale, ma da quello che ho potuto constatare personalmente, i nostri amici pinnuti gradiranno di sicuro!.

Per ulteriori approfondimenti, invece, sull’utilizzo dell’aglio in acquario, vi indirizzo a quest’altra utile guida:  Aglio in acquario.

N.B.
La quantità di ingredienti da me utilizzati per realizzare questo pastone vegetale per pesci, mi ha permesso di riempire un vassoio per cubetti di ghiaccio. Non sono quantità obbligate, quindi le quantità possono essere spostate tra ortaggi e verdure al di fuori dell’aglio, dell’alga spirulina e della colla di pesce che devono rimanere tali poichè non devono prevalere sul resto degli altri ingredienti.

 

 

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Bettiera fai da te

 

BETTIERA FAI DA TE

PREMESSA

In questa guida spiegherò passo dopo passo la realizzazione di una bettiera con il metodo fai da te, quindi come costruirsela da soli in casa magari con del materiale riciclato (nel mio caso il 90% delle cose utilizzate le avevo in casa) o per lo meno con una spesa minima rispetto a quanto costerebbe farsela costruire su ordinazione da un artigiano specializzato. Il materiale impiegato è tutto reperibile presso un qualsiasi Brico o negozio di edilizia, naturalmente vetri a parte.
Tengo a precisare che la tecnica di base della costruzione non è differente da quella di un comune acquario, ciò che cambia è che si impiega più materiale per applicare le divisioni interne che serviranno a creare degli ambienti separati per i betta che verranno ospitati.
Pertanto, decisa la grandezza desiderata della vasca, andiamo a dare uno sguardo alla tabella che indica lo spessore giusto dei vetri che dovranno essere assemblati. Naturalmente se le dimensioni della vasca sono importanti non dimenticate che dovranno essere applicati anche dei tiranti per rafforzare la tenuta dei vetri.

Bettiera fai da te

Attrezzatura e materiale occorrente

Bettiera fai da te

1) METRO (E SE RITENUTO UTILE UN RIGHELLO)
2) PENNARELLO (O UNA MATITA O ENTRAMBI)
3) CUTTER
4) FORBICE
5) SEGHETTO
6) SCOTCH CARTA
7) SILICONE ACETICO CON ANNESSA PISTOLA
8) GUANTI IN LATTICE
9) STROFINACCIO
10) PANNELLO POLIONDA (ALVEOLARE)
11) DORSINI (FERMA FOGLI) IN PLASTICA
12) BOCCHETTONI PRESE D’ARIA DA 60/80mm
13) TUBO IN PVC (NEL MIO CASO DA 16mm)
14) CURVE IN PVC (NEL MIO CASO DA 16mm)
15) SUPPORTI PER TUBO PVC (NEL MIO CASO DA 16mm)
16) COPRISPIGOLI

 

COSTRUZIONE E REALIZZAZIONE

 

Mascheratura ed assemblaggio dei vetri
Dopo aver illustrato ed elencato le attrezzature ed il materiale che serve, passiamo a spiegare dettagliatamente la costruzione di questa bettiera.

Vediamo ora i vari passaggi.

Bettiera fai da te

Due raccomandazioni molto importanti che voglio fare sono: la prima di fare molta attenzione mentre lavorate in quanto si ha a che fare con degli attrezzi taglienti e con del vetro, la seconda quella di svolgere questo lavoro senza avere assolutamente fretta di accelerare i tempi. La pazienza vi porterà ad avere buoni risultati.
Dopo aver procurato i vetri ed averli fatti tagliare su misura da un vetraio, poneteli su un bancone dove avverrà l’assemblaggio, mettendo dei fogli di giornale sotto per non rigarli. Nel mio caso avevo dei pannelli di legno rivestiti di velluto e non mi sono serviti i giornali.
Generalmente per assemblare correttamente e in maniera precisa i vetri, occorrerebbe costruirsi a priori una struttura che formi un angolo di 90°, io invece non l’ho utilizzata in quanto, reduce di un’altra vasca costruita allo stesso modo, ho adottato il vecchio metodo delle taniche piene d’acqua che reggono i vetri e, a dire il vero, ha funzionato nuovamente.
Inizialmente si effettua la mascheratura di tutte e cinque le lastre con dello scotch di carta, lasciando uno spazio a partire dai bordi, in base allo spessore delle lastre, io ho lasciato circa 8mm a lato per ogni vetro.
Successivamente, dopo aver applicato il silicone, fate combaciare i vetri ed assemblateli, facendo attenzione che nessun vetro si pieghi verso l’interno dato che, con l’ausilio delle taniche, verso l’esterno non possono piegarsi. In caso si dovessero piegare, rimettete pian piano il vetro in posizione.
Assemblate tutte le lastre e siliconato per bene gli angoli, togliete delicatamente lo scotch carta della mascheratura e dimenticatevi completamente della vasca per almeno 72 ore.

 

Riempimento e prova tenuta

 

Bettiera fai da te

Passati almeno tre giorni, potete riempire la vasca e fare così la prova di tenuta. Una volta riempita fino all’orlo lasciatela così, almeno per altri cinque giorni. Prima di riempire la vasca potete riporre un cartone di sotto tra la base ed il vetro del fondo. Questo sistema vi aiuterà ad accorgervi prima se la vostra nuova vasca dovesse avere delle perdite.

 

Assemblaggio dei dorsini (o ferma fogli), del pannello e del bocchettone

 

Nel frattempo è passata circa una settimana dall’assemblaggio dei vetri e se il lavoro è stato fatto come si deve, non saranno state riscontrate delle perdite.
Svuotate la vasca e lasciatela asciugare. Dopodiché possiamo procedere con l’assemblaggio dei materiali utili per trasformarla in una bettiera.

 

Bettiera fai da te

A questo punto devo fare una precisazione. Per non andare ad acquistare un nuovo filtro esterno, ho preferito crearmene uno integrato, ritagliandomi uno spazio di circa 10cm per tutta la lunghezza della vasca, sulla parte posteriore, incollando un pannello alveolare al vetro ed un altro più avanti in modo da creare un vano per filtrare l’acqua, ma lo vedremo più avanti. Per chi volesse evitare il vano filtro potrà benissimo incollare i dorsini direttamente sul vetro posteriore, oppure incollare un pannello al vetro posteriore (che rimarrà in futuro come sfondo) ed incollargli i dorsini sopra.
In base alla grandezza della vostra vasca, prendete le misure che volete lasciare per il vano filtro e tagliate due pezzi di alveolare che verranno posizionati rispettivamente uno davanti all’altro. Il primo va applicato al vetro, mentre il secondo va “lavorato” prima di essere inserito in vasca. Intanto, per poter creare il vano filtro, oltre al pannello dovrete incollare ai vetri laterali due dorsini, uno per ogni vetro, l’uno di rimpetto all’altro, alla distanza desiderata dal vetro posteriore. Cercate di essere più precisi possibili altrimenti un eventuale errore, oltre alla perdita di tempo, provocherà rogne come, l’installazione storta del pannello, la rimozione dei dorsini adagiati male e la rimozione del relativo silicone. Nel frattempo iniziate ad effettuare un foro in alto nel secondo pannello, dove andrà posizionato il tubo di mandata proveniente dalla pompa, fate prima delle prove e quando sarete sicuri procedete con il taglio. Successivamente, dalla parte opposta ma in basso, all’altezza di circa 10/15 cm, praticate il foro per il bocchettone per far circolare l’acqua dalla vasca al vano filtro. Prendete naturalmente la misura della parte interna del bocchettone e non quella esterna. L’altezza dal fondo, invece, è data dalla quantità di fondo che si intende inserire. Una volta praticato il foro inserite il bocchettone ed in un secondo momento incollatelo con il silicone. Si procede adesso con l’incollaggio dei dorsini sul pannello, che saranno i supporti per le pareti divisorie dei vani. In base alla quantità di vani da realizzare, dovrete installare i dorsini; nel mio caso ho diviso in 4 parti uguali ed ho usato 3 dorsini, incollandoli alla distanza precisa una dall’altra con il silicone. In realtà questi dorsini vengono applicati per avere la possibilità, un domani, di rimuovere facilmente i pannelli divisori senza lasciar traccia di silicone sui vetri e trasformare la bettiera in una classica vasca.
È consigliabile ed è anche buona norma, lasciare un po’ di spazio nella parte sottostante dei pannelli divisori per far passare il filtraggio dell’acqua anche attraverso il fondo (che sarà libero da intralci), quindi i dorsini non dovranno essere incollati in basso. Nello stesso tempo i pannelli divisori devono appoggiarsi al vetro anteriore, pertanto, al montaggio, ci dovrà essere un’impercettibile compressione dei divisori tra il vetro ed il pannello posteriore, altrimenti la pressione dell’acqua potrebbe spostare i separatori se questi risultassero liberi di muoversi (inoltre, per chi vuole predisporre la bettiera in modo che possa diventare una comune vasca, deve considerare che la parte superiore dei pannelli divisori dovrà passare sotto il tubo della mandata, la così detta spray bar e, con misure a discrezione del costruttore, dovrà essere posizionato ad una distanza adeguata dal bordo vasca in modo da dare lo spazio necessario per l’installazione di un coperchio in plexiglas).
Abbondate con il silicone ma non esagerate, usatene la giusta quantità in modo che le parti incollate non si stacchino appena viene fatta una leggera pressione in più. Per mia esperienza vi assicuro che il primo dorsino che ho incollato su un vetro laterale si è staccato applicando una leggera pressione, ma poi ho rimediato applicando la quantità giusta di silicone.
Comunque adesso lasciamo asciugare tutto per almeno 24 ore.

 

Assemblaggio dei pannelli divisori vani e dei relativi bocchettoni

 

Assicuratevi che il silicone applicato a tutti i dorsini si sia asciugato ed iniziate la prova di montaggio del pannello posteriore. Se tutto procede bene passiamo alla creazione dei vani divisori, altrimenti sistemate ciò che è andato storto.
Misurate a partire dal bordo superiore dei dorsini del pannello posteriore, verso il vetro anteriore e, dal bordo superiore dei dorsini verso il basso (profondità x altezza), fermandovi a circa 5cm di spazio dalla base della vasca (naturalmente sempre in base alla quantità del fondo che andrete a mettere). Bene, prese queste misure, riportatele sul pannello alveolare e create i divisori. Terminato il taglio di cui abbiamo parlato prendete le misure al centro, sul lato superiore di ogni pannello divisore ad una distanza di circa 5cm dal bordo (ricordatevi di prendere le misure della parte interna del bocchettone) e create i fori per inserire i bocchettoni, che permetteranno all’acqua di fluire da un vano all’altro. Fissate anche questi ultimi con del silicone. A questo punto potreste già provare se i divisori sono stati costruiti correttamente, montandoli dentro la vasca.
Nel fare le prove potrebbe capitare di rendersi conto che è necessario lasciare più spazio di sopra, in tal caso potete spostare i pannelli verso il basso e se lo spazio sotto vi sembra poco, smontate i pannelli e accorciateli.

 

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Betta splendens a 360°

Betta splendens a 360°

Betta splendens a 360°

CAPITOLO I
Premessa e storia

CAPITOLO II
Provenienza , habitat , descrizione e caratteristiche

CAPITOLO III
Vasca ,  litraggio e convivenze , valori acqua , alimentazione

CAPITOLO IV
Riproduzione e alimentazione avannotti

CAPITOLO V
Genetica , betta show e mutazione del colore

CAPITOLO VI
Cosa controllare , malattie , eutanasia

Conclusioni e ringraziamenti

 

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Conclusioni e ringraziamenti

Betta splendens a 360°

Conclusioni e ringraziamenti

 

ATTENZIONE COMUNICAZIONE

In questa guida, per questioni dimostrative e senza alcun altro scopo, sono state introdotte alcune immagini acquisite dal web e da alcuni post di utenti del gruppo tecnico Facebook di Acquariofili.com che non è stato possibile rintracciare. Qualora i legittimi proprietari dovessero riconoscere le proprie foto e non gradirne la pubblicazione, sono invitati a contattare privatamente l’autore del testo o gli amministratori di Acquariofili.com e comunicarlo e ne verrà garantita la rimozione immediata.

 

RINGRAZIAMENTI

Per la stesura della presente guida, è doveroso rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che si sono resi disponibili, in primo luogo al grande amico Marco Ferrara che, oltre ad aver contribuito con un’abbondante fornitura di materiale fotografico, mi ha sopportato e supportato in tutto l’arco del tempo che è stato necessario per lo sviluppo della guida, con alcuni suggerimenti utili ed interessanti che hanno arricchito alcuni argomenti trattati oltre alla mia cultura personale sul betta.

Gli altri ringraziamenti vanno agli amici del gruppo tecnico Facebook che hanno collaborato anche loro con la concessione delle immagini dei loro amici pinnuti, le quali hanno dato forma a quelle parti illustrative e fondamentali della presente guida. Pertanto in ordine alfabetico un sentito ringraziamento va agli amici/utenti: Gaia Giuseppini, Marco Niko Betta, Paola Bono, Renato Fiorillo e Sonia Camilletti.

Un ultimo ringraziamento, ma non per ordine di importanza, va ai miei figli e a mia moglie che mi hanno assecondato in ogni modo in questo mio percorso e progetto.

Grazie a tutti.

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Guida redatta da Ettore Gerace

 

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Cosa controllare – Malattie – Eutanasia

Betta splendens a 360°

Cosa controllare – Malattie – Eutanasia

 

• Cosa tenere sotto controllo e relative valutazioni

Il betta splendens è un pesce che, per essere mantenuto in buona salute, necessita di alcune accortezze che non possiamo assolutamente ignorare.
Innanzitutto vediamo di cosa dobbiamo tenere conto:

Valori e temperatura dell’acqua (Ph, Gh, Kh, No2, No3, Nh3 e Nh4);
Alimentazione;
Lo stato fisiologico del pesce e la defecazione;
Coinquilini presenti e/o introduzione di altri inquilini;
Malattie in corso o trattate in precedenza;
Stato del pinnaggio e presenze di macchie non usuali;
Respirazione;
Comportamento e atteggiamento in generale;
Reazioni agli stimoli.

Ricordiamoci che, chi deve prendersi cura del betta e capirne lo stato di salute studiando il suo comportamento abituale, è solamente l’allevatore.
Spesso molti problemi di salute che si riscontrano nei betta sono causati da alcuni banali errori. Banali perché si possono benissimo evitare leggendo ed informandosi prima di fare un passo importante come quello di ospitare in un acquario un betta o qualsiasi altra forma di vita che, ricordiamo, non sono oggetti ornamentali ma degli esseri viventi.

Questi errori, soprattutto per i neofiti, partono proprio dall’allestimento della vasca e dall’inserimento in vasca dei nostri amici. Una vasca male allestita, mal gestita, senza i dovuti confort a favore dell’ospite (vedi in questo caso l’inevitabile utilizzo di un coperchio), un inserimento in vasca senza una corretta o mancata acclimatazione, spesso può portare dei seri problemi alla salute del betta.

Partiamo proprio da quanto detto per poi passare alle patologie vere e proprie che possiamo riscontrare nel nostro betta durante l’arco della sua vita nell’acquario.

Gli allestimenti errati consistono nell’arredare l’acquario con materiali non idonei, quali arredi in resine o altro materiale, piante di plastica, legni appuntiti, pietre particolarmente spigolose o addirittura taglienti che possono compromettere le parti del corpo del betta. Oltre agli arredi, fa parte di un errato allestimento anche l’inserimento di coinquilini non compatibili con i betta, e non solo per esigenze di valori diversi, ma anche per ragioni caratteriali, come ciclidi ed altri pesci territoriali che attaccano e sfrangiano le pinne del nostro amico. Anche la scorretta manutenzione della vasca, cioè mancata pulizia e cambi d’acqua sporadici, possono provocare problemi. Infine e non per poca importanza un problema serio può essere il modo scorretto di acclimatare il pesce nella sua nuova dimora dopo averlo acquistato.

Il metodo corretto per l’acclimatazione è di immergere il sacchetto con il betta dentro la vasca e nello spazio di almeno mezz’ora, versare per un ciclo di quattro o cinque volte un bicchiere d’acqua dell’acquario dentro il sacchetto. In questo modo il pesce si abituerà alla nuova temperatura e in parte ai nuovi valori dell’acqua della vasca. Finito questo processo basta prelevare il betta dal sacchetto con un retino ed inserirlo in vasca. Il sacchetto va buttato insieme all’acqua che vi è all’interno.

Non c’è azione più errata che riversare l’acqua del sacchetto proveniente da altre vasche dentro il nostro acquario, nessuno può sapere se quell’acqua può essere portatrice di agenti patogeni che possono danneggiare il nostro sistema. Naturalmente, questa procedura di acclimatazione vale per tutti i pesci che vengono acquistati e che devono essere inseriti nei nostri acquari, non soltanto per il betta.

 

• Le malattie frequenti nei betta splendens e le relative cure

Iniziamo questa parte del capitolo anticipando alcune patologie che, più che definirle malattie, è più giusto definirli “problemi causati”. Questi problemi molto frequenti sono:

L’infiammazione alla vescica natatoria
L’occlusione o blocco intestinale
La costipazione

L’infiammazione alla vescica natatoria è una problematica molto comune nei pesci. La vescica natatoria svolge una funzione molto importante, da la possibilità al pesce di nuotare correttamente in tutta la colonna d’acqua, in vasca ed in natura. La vescica, all’occorrenza, svolge due movimenti, si gonfia e si sgonfia. Quando si gonfia permette al pesce di risalire verso la superficie, quando si sgonfia permette al pesce di andare verso il fondo. Pertanto quando vediamo il nostro betta (o pesce in generale) che nuota male e con fatica e poi ricade sul fondo o rimane in superficie a testa in giù è sintomo di infiammazione alla vescica natatoria. Le cause scatenanti sono le scarse condizioni igieniche della vasca, movimento dell’acqua in vasca eccessivo, cattiva alimentazione, eccessiva alimentazione con cibo a fiocchi o liofilizzati non reidratati, oppure a causa di infezioni da trattare con gli appositi prodotti o farmaci. In caso di assenza di infezioni basterà lasciare il pesce a digiuno per due o tre giorni. In caso di convivenza con altri inquilini, ma a volte anche se da solo, è preferibile spostare il pesce in altra vasca con pochi centimetri di acqua per non farlo affaticare nel nuoto e nel caso specifico del betta per non farlo affaticare nella risalita per respirare in superficie. Mantenere comunque un riscaldatore ed un aeratore e per il betta anche il coperchio. Trascorsi i giorni di digiuno ricominciare ad alimentarlo gradualmente con un pezzetto di polpa di pisello sbollentato per poi ricominciare con parsimonia la regolare dieta alimentare.

L’occlusione intestinale può derivare anche da problemi di vescica natatoria, ma come già detto in precedenza anche un’eccessiva somministrazione di cibo non reidratato come le scaglie o fiocchi ed il liofilizzato, può contribuire a questi problemi poiché essendo secco e privo di liquidi tende ad assumere liquidi all’interno del corpo del pesce aumentando di volume e ostruendo il sistema digestivo. Anche in questo caso bisogna lasciare il pesce a digiuno per due o tre giorni alzando la temperatura dell’acqua per favorire il metabolismo e aiutarlo nella digestione. In caso di convivenza con altri inquilini, ma a volte anche se da solo, è preferibile spostare il pesce in altra vasca con pochi centimetri di acqua per non farlo affaticare nel nuoto e nel caso specifico del betta per non farlo affaticare nella risalita per respirare in superficie. Mantenere comunque un riscaldatore ed un aeratore e per il betta anche il coperchio. Trascorsi i giorni di digiuno ricominciare ad alimentarlo gradualmente con un pezzetto di polpa di pisello sbollentato per poi ricominciare con parsimonia la regolare dieta alimentare.

La costipazione è invece strettamente connessa all’eccessiva somministrazione di cibo. Anche i betta come tutti gli altri pesci sono voraci e non si sanno regolare con il cibo, pertanto più ne hanno a disposizione, più mangiano. Tutto questo cibo in più, provoca un notevole rigonfiamento sotto il ventre che porta il pesce a nuotare più lentamente e ad affaticarsi. Per venire incontro a questo problema e aiutare il pesce a superarlo dobbiamo, anche in questo caso lasciarlo a digiuno per due o tre giorni e aumentare un pò la temperatura.
Le malattie vere e proprie che colpiscono i pesci rappresentano un percorso spesso difficile da affrontare da parte dell’acquariofilo. Non è da sottovalutare il fatto che sui trattamenti dov’è richiesto l’uso di alcuni farmaci, si ha una grossa responsabilità, tuttavia bisogna armarsi di pazienza e coraggio ed affrontare la situazione, anche se può capitare di non risolverla, per cercare di dare una mano ai nostri pesci.
Vediamo quali patologie si riscontrano nel caso specifico del betta allevato nei nostri acquari di casa, quali sono le cause, i sintomi e come procedere per cercare di curarli.

L’ictyo
La micosi
La malattia colonnare
La cisti batterica
La corrosione delle pinne
L’idropisia e l’esoftalmo
I tumori
L’eutanasia

ATTENZIONE:

Pima di trattare l’argomento relativo alle malattie è necessario fare una premessa.
A causa dell’impiego di medicinali, si invita a leggere il bugiardino prima della somministrazione, in modo tale da verificare eventuali effetti avversi su gasteropodi e/o gamberetti presenti in vasca.

– L’ictyo

Il betta splendens domestico a 360° - Cosa controllare - Malattie - Eutanasia
Ictyo

L’ictyo è una malattia che si scatena attraverso un parassita della cute che si attacca sulle pinne, sulla pelle e nelle branchie, nutrendosi dei tessuti e della mucosa del pesce. Raggiunta una dimensione per lui adeguata si stacca e, una volta raggiunto il fondo, si riproduce smisuratamente, soprattutto se trova le condizioni di temperatura idonee, cioè intorno ai 25°C. Solitamente, con questa temperatura, il ciclo di vita del parassita è di una settimana ma aumenta se si abbassa.

La causa davvero scatenante sono i forti sbalzi di temperatura che si possono avere nell’acclimatazione errata del pesce o subito dopo il cambio d’acqua nell’acquario con temperature molto diverse. In queste circostanze il betta rischia uno stress che fa abbassare le difese immunitarie che a loro volta favoriscono l’attacco di questo parassita in quanto trova il pesce debilitato.

Il riconoscimento di questa malattia non è molto difficile da individuare. Lo sviluppo di questa parassitosi si evidenzia con più sintomi: il primo è la comparsa di tanti puntini bianchi su tutta la livrea del pesce, pinne comprese. Questi puntini bianchi non sono altro che le cisti del parassita.

La seconda è la crisi respiratoria che ha il pesce in quanto il parassita provoca delle lesioni sulle branchie che impediscono la giusta respirazione. La terza è il comportamento anomalo che ha il pesce nello sfregarsi contro arredi e piante dentro la vasca per cercare di liberarsi dalle fastidiose cisti.

Per trattare questa malattia vi sono diversi metodi, la meno invasiva è quella della termoterapia, cioè alzare gradualmente la temperatura della vasca fino a farla arrivare a 30°C e mantenere per circa 5gg. Trascorsi i 5gg e verificato che i puntini sono spariti, riportare la temperatura, sempre gradualmente, allo stato iniziale. Questo trattamento si fa quando la malattia non è in uno stadio avanzato ma alle prime comparse dei puntini. Agendo in questo modo, l’alta temperatura aumenta il metabolismo e la crescita del parassita che accorcia nettamente il suo ciclo di vita e muore prima del previsto.

Se il metodo già menzionato non è sufficiente si può ricorrere a prodotti mirati come il blu di metilene, somministrandone 3ml per ogni 10 litri d’acqua sempre per 5gg mantenendo la temperatura più alta del solito. Nel filtro non devono essere presenti carboni attivi che ne ostacolerebbero l’effetto, allo stesso tempo bisogna sospendere eventuale erogazione di Co2 e favorire l’ossigenazione dell’acqua aumentando la circolazione ed il movimento con l’ausilio di un aeratore. Altri medicinali che possono essere impiegati sono il Faunamor ed il Costawert seguendo gli appositi bugiardini.

Terminato il trattamento con uno dei medicinali indicati, è consigliato attendere ancora altri 2gg per poi procedere con un cambio del 30% avendo cura di inserire i carboni attivi e tenerli per almeno 4gg, in modo che i residui del medicinale somministrato vengano assorbiti ed eliminati dalla vasca. Gradualmente bisogna riportare la temperatura allo stato iniziale.

 

– La micosi

Il betta splendens domestico a 360° - Cosa controllare - Malattie - Eutanasia
Micosi esterna (batteriosi funginea)

La micosi non è altro che un fungo presente sul corpo dei pesci e dentro ai nostri acquari, non percepibili dall’occhio umano. Seppur tollerabili e a volte inoffensivi per gli inquilini dell’acquario, capita che questi ultimi vengano attaccati dalle spore di questi funghi per uno svariato numero di cause: qualche batteriosi in corso, piccole ferite sul corpo, scarse condizioni igieniche della vasca, sovraffollamento della popolazione in vasca, cattiva alimentazione o cibo scadente, alte temperature ecc. La micosi può manifestarsi da esterna o da interna.

Si presenta come una muffa di colore bianco, quindi non molto difficile da identificare e si può riscontrare sulla cute, attorno agli occhi, sulle pinne, sulla bocca e anche nelle branchie. Queste appena citate sono quelle più comuni e che, data la visibilità quasi immediata, sono facilmente curabili.

La mancanza di cura di queste micosi esterne, a loro volta, possono dare vita alle forme interne che sono molto più rare quanto difficili da individuare e da curare poiché privi di sintomi. Assolutamente da non sottovalutare poiché portano il pesce al decesso.

Per intraprendere le cure bisogna valutare lo stadio della malattia. Se la micosi non è grave allora basterà isolare il betta (o pesce in generale) in vasca a parte ed effettuare dei bagni in acqua e sale non iodato inserendo 15/20gr di sale ogni litro di acqua e praticare un bagno di circa 20 minuti.
Se lo stadio dovesse risultare avanzato allora bisogna ricorre a medicinali che sono indicati per una cura più efficace: il Blu di metilene e il Dessamor.

Per la cura con il Blu di metilene bisogna preparare una soluzione di 1g sciolto in 1litro di acqua e somministrare 1ml di soluzione per ogni litro di acqua della vasca. Dopo 3gg, terminato il trattamento, è necessario inserire i carboni attivi nel filtro e mantenerli per 5gg per far assorbire il medicinale. Trascorsi i 5gg rimuovere il carbone attivo e cestinarlo. Per effettuare dei bagni brevi si somministrano 200ml di soluzione ogni 10 litri di acqua e il bagno deve durare circa 20 minuti al giorno per 3gg.

La cura con il Dessamor è strettamente associata al bugiardino. È consigliabile allontanare eventuali gasteropodi e caridine all’interno della vasca poiché potrebbero essere soggetti ad intolleranza al suddetto medicinale, anche qualche pianta potrebbe risentirne. Con questo trattamento l’acqua della vasca assumerà del colore ma nell’arco di pochi giorni ritornerà com’era in precedenza.

 

– La malattia colonnare

La malattia colonnare è spesso confusa con la micosi in quanto si manifesta pressoché con delle macchie sulla cute o sulle pinne che fanno pensare ad un ammuffimento sulla zona colpita. In realtà non si tratta di malattia funginea che si propaga con le spore, ma una grave batteriosi provocata da più parassiti, molto contagiosa e pericolosa. Come qualsiasi altra batteriosi, si sviluppa non appena al pesce gli si abbassano le difese immunitarie. Attacca la cute, le pinne e le branchie.

Le cattive condizioni igieniche della vasca, la scarsa ossigenazione, la durezza e la temperatura dell’acqua eccessive, il sovraffollamento degli inquilini, le lesioni sul corpo del pesce e l’inquinamento da ammoniaca, possono essere le cause scatenanti di questa malattia.

Si manifesta quindi con delle macchie bianche sulle pinne e sulla pelle, ma può manifestarsi anche con delle ulcere giallastre sulle lesioni e delle necrosi nelle branchie.

Se si riesce a diagnosticare in tempo tale patologia, probabilmente vi è una buona percentuale di possibilità che si riesca nell’intento di sanare il pesce. Le cure spesso utilizzate, e pertanto conosciute, sono effettuate con Bactopur e Furanol attenendosi strettamente a quanto riportato nei rispettivi bugiardini, inoltre insieme al trattamento viene associato anche il Dessamor (seguendo sempre le indicazioni riportate sul bugiardino). Vista la gravità di tale malattia, non solo questi sono i prodotti che vengono utilizzati, ma si può ricorrere anche a degli antibiotici come Ciprofloxacina e Neomicina con dosaggi prettamente mirati.

 

– La cisti batterica

Le cisti batteriche si manifestano nei pesci, sottoforma di piccole protuberanze simili a brufoli o vescichette di colore bianco, prevalentemente sulla testa, ma nulla impedisce che queste protuberanze escano in altre parti del corpo. Non sono pericolose e non sono necessarie particolari terapie, basta la termoterapia, cioè alzare gradualmente la temperatura della vasca fino a farla arrivare a 30°C e mantenere per circa 4/5gg. Poiché solitamente nell’arco di pochi giorni scompaiono da sole ritirandosi, si può riportare la temperatura, sempre gradualmente, allo stato iniziale.

 

– La corrosione delle pinne

L’argomento che andremo a trattare è molto particolare, è una malattia che colpisce spesso i pesci, soprattutto i betta ed in particolar modo i soggetti con pinne lunghe, quali Halfmoon, Veiltail, Deltail, Rosetail, Superdelta, Crowntail, ecc.

Si tratta di una malattia che, se presa in tempo, è di facile gestione nella cura, contrariamente diventa problematica. È causata da diversi batteri e colpisce principalmente la pinna anale e caudale, ma non è da sottovalutare la possibilità che anche le altre pinne vengano colpite.

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Corrosione delle pinne (forma di batteriosi)

La corrosione si manifesta con lo sfilacciamento delle pinne che inizia dalla parte esterna e più lontana per poi propagarsi fino ad arrivare al corpo dell’animale. Questo è il primissimo segno della malattia, seguito o accompagnato da un comportamento anomalo del pesce in quanto tende a mangiare di meno, a dimagrire, a fermarsi spesso in superficie o sul fondo, non reagisce o reagisce poco agli stimoli.

La corrosione delle pinne è una patologia di natura batteriologica che potrebbe essere evitata rispettando delle piccole regole base per mantenere un betta in buona salute. Infatti la malattia è causata dall’abbassamento delle difese immunitarie del pesce che tende a stressarsi. Le cause possono dipendere principalmente dalle condizioni igieniche della vasca, da un Ph alto rispetto a quello idoneo al betta (il ragionamento che la maggior parte non sono più di allevamento Asiatico poco conta), dai valori dell’acqua in generale quali durezze, nitrati troppo alti e/o presenza di nitriti, ammonio e ammoniaca.

Per prevenire la corrosione è consigliabile inserire nella vasca del betta una foglia di catappa, che possiamo reperire facilmente in commercio, ma anche foglie di quercia o di castagno raccolte in natura vanno benissimo, naturalmente ben essiccate e che siano state raccolte lontano da zone dove può manifestarsi la presenza di inquinamento atmosferico. In alternativa alle foglie menzionate si possono inserire dentro la vasca anche delle pignette di ontano, anch’esse facilmente reperibili.

Queste foglie e le pignette rilasciano dentro l’acqua una certa quantità di tannini e acidi umici che prevengono l’attacco da parte del batterio poiché svolgono un’azione anti batterica ed anti micotica. Se una corrosione risulta lieve allora la si può curare con il solo inserimento di foglie e dopo poco tempo le pinne si ripristinano, mentre se la corrosione è in uno stato avanzato è necessario ricorrere a dei metodi più mirati con bagni di acqua e sale non iodato e con l’utilizzo del blu di metilene o del Dessamor .

Per i bagni con acqua e sale non iodato bisogna isolare e trattare con 20gr/l per circa 20 minuti. Riempire il contenitore con acqua alla stessa temperatura di quella della vasca e inserire il sale non iodato (se è quello grosso è meglio) prima di inserire il pesce, senza mescolare. Successivamente inserire il pesce e lasciarlo 20 minuti. Trascorsi i 20 minuti, gradualmente, sostituire l’acqua salata con dell’acqua nuova dolce alla stessa temperatura, per far riabituare il pesce dal salmastro al dolce. Ripetere l’operazione per 5gg.

Per il trattamento con il Blu di metilene bisogna isolare il pesce in vasca a parte con aeratore (l’aerazione deve essere ben spinta). Preparare una soluzione di 1gr di blu di metilene sciolto in 1 litro di acqua e somministrare 1 ml di soluzione per ogni litro di acqua della vasca per 3gg. Per il trattamento con il Dessamor bisogna attenersi strettamente al bugiardino.

 

– L’idropisia e l’esoftalmo

Anche queste due patologie sono molto comuni tra i pesci e vengono trattate insieme poiché sostanzialmente si tratta della stessa malattia che si manifesta in due differenti modi e in zone interne e diverse del corpo, ma che comunque hanno bisogno dello stesso trattamento curativo.

Idropisia in stadio molto avanzato

L’idropisia e l’esoftalmo non sono altro che un’infezione batterica che colpisce il corpo e gli occhi. I sintomi di queste due patologie sono facilmente riconoscibili. Nel caso dell’idropisia il ventre del pesce si gonfia in maniera notevole e, allo stato finale o quasi, si nota un innalzamento delle squame non solo nella zona gonfia, ma anche in tutto il resto del corpo. Nel caso dell’idropisia il ventre del pesce si gonfia in maniera notevole e, allo stato finale o quasi, si nota un innalzamento delle squame non solo nella zona gonfia, ma anche in tutto il resto del corpo.

Esoftalmo (altra forma di idropisia)

L’esoftalmo è l’infezione che colpisce uno o entrambi gli occhi, in particolar modo il bulbo oculare che sporge decisamente fuori dalle orbite e che può portare alla completa o parziale cecità dell’animale.
Sono delle patologie che possono provocare anche il decesso del pesce a causa dell’accumulo di liquidi all’interno degli organi, ma tuttavia se prese in tempo possono essere curate.

Le cure da intraprendere comportano, in ogni caso il digiuno assoluto del soggetto per almeno i primi 2gg e, se identificata in una primissima fase, dei bagni con acqua e sale non iodato poiché lo liberano dalla ritenzione idrica e eliminando i liquidi in eccesso, il tutto in poca acqua, per non far stressare il pesce nella risalita per respirare, con 10gr/l di sale non iodato per 15/20 minuti per 2/3gg. Riempire il contenitore con acqua alla stessa temperatura di quella della vasca e inserire il sale non iodato (se è quello grosso è meglio) prima di inserire il pesce, senza mescolare. Successivamente inserire il pesce e lasciarlo 10/15 minuti. Trascorsi i minuti indicati, gradualmente, sostituire l’acqua salata con dell’acqua nuova dolce alla stessa temperatura, per far riabituare il pesce dal salmastro al dolce. Ripetere l’operazione per 2/3gg.
Se l’infezione è avanzata bisogna ricorrere a cure più specifiche e mirate con Ambramicina, Baktopur o Furanol.

Per trattare con Ambramicina bisogna isolare il pesce in vasca a parte e somministrare una compressa per ogni 30 litri d’acqua per una settimana, facendo un cambio del 30% ogni 2gg dosando nuovamente la percentuale di medicinale andato perso con i cambi. Dopo una settimana fare un cambio più abbondante e verificare la situazione. Se il pesce non si riprende si può tentare fino a tre volte il ciclo di cura con questo antibiotico, al terzo ciclo è opportuno raddoppiare i dosaggi e dopo il terzo ciclo, se la patologia persiste, è necessario cambiare cura con altri antibiotici come il Minocin eseguendo la stessa terapia.
Invece per eventuali trattamenti con Baktopur o Furanol la cura è strettamente associata a quanto riportato sui rispettivi bugiardini.

 

– I tumori

Purtroppo anche nei nostri piccoli amici si possono riscontrare malattie incurabili come i tumori, benigni o maligni.
Non esiste una cura per rimediare a queste problematiche; a volte i tumori si notano sottoforma di protuberanze esterne con dei rigonfiamenti anomali sul corpo. Da ciò si può soltanto sperare che siano tumori benigni con i quali il pesce può convivere ed in questi casi è consigliabile separarlo da eventuali inquilini perché si stresserebbe nel contendersi il cibo e nel marcare il proprio territorio essendo un pesce sempre attento al proprio spazio. Purtroppo la maggior parte delle volte quando spuntano, o quando si manifestano internamente (la vescica natatoria è la più colpita), questi tumori sono maligni e portano il pesce a cambiare atteggiamento in poco tempo, diventa apatico, staziona sul fondo o sulle piante, perde appetibilità che lo porta alla debilitazione, alla conseguente perdita delle difese immunitarie e infine alla morte.

 

  • L’eutanasia

Può capitare che un pesce, nonostante le cure prestategli per qualche malattia grave come, forti corrosioni, flagellati o idropisia in stadi avanzati o in casi di tumori maligni non possa guarire e portano l’animale a condurre gli ultimi giorni della sua vita ad agonizzare nella vasca. Non è certamente una bella scena da vedere ma soprattutto non è una bella situazione per il pesce che soffre tantissimo. In questi casi molti allevatori procedono nell’adottare la tecnica dell’eutanasia per non far soffrire più il pesce.

L’eutanasia non è altro che la conduzione, intenzionale e nel suo interesse, alla morte di un individuo la cui qualità di vita sia compromessa in maniera permanente da una malattia, menomazione o condizione psichica. Pertanto quando lo stato di salute di un pesce è in condizioni molto precarie si potrebbe procedere con questo sistema e porre fine alle sue sofferenze.

C’è chi accetta questo procedimento e lo attua, c’è invece chi non lo accetta e continua le cure nei casi in cui è possibile provare con medicinali, ma la decisione comunque rimane strettamente soggettiva.

Tuttavia questa procedura per gli animali esiste e bisogna parlarne. Vi sono diversi metodi per effettuare l’eutanasia, il più conosciuto è quello di aggiungere delle gocce di olio di garofano in un recipiente contenente il pesce e un litro d’acqua dentro, dopo pochi istanti il pesce morirà. Un altro sistema è quello di sciogliere completamente 20gr o 30gr di bicarbonato di sodio in un litro d’acqua e immergere il pesce il quale, anche in questo caso, avrà una morte rapida.

Esistono inoltre altri metodi più cruenti che, anche se spesso utilizzati da alcuni allevatori, è preferibile non proporre.

 

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