Etichette mangimi in commercio

In questa semplice guida cercheremo di far capire come analizzare una etichetta dei mangimi più diffusi che possiamo trovare nei negozi specializzati.In questo modo riusciremo a comprendere la qualità del prodotto somministrato,questo ci sara’ utile per capire che tipo di mangime somministrare ai nostri amici pinnuti a seconda della specie ma sopratutto delle fasi della loro vita che sia la crescita,il mantenimento o la riproduzione.

Mangimi

Mangimi

Mangimi: Questa guida nasce per cercare di spiegare cosa racchiude questa piccola parola molto importante per il mondo acquatico e principalmente per i nostri amici pinnuti,impareremo a capire la composizione di ogni singolo barattolo,le varie quantita’ ,qualità valutando le composizioni piu’ idonee e sopratutto la grandissima varieta’ presenti sul mercato idonee per ogni esigenza.

Da quando l’uomo ha iniziato a tenere in cattività i pesci, gli obiettivi sono stati principalmente due:

  • ottenere le condizioni migliori per il loro allevamento a scopo commerciale
  • mantenerli in ottime condizioni negli acquari ornamentali.

A differenza di quanto accaduto in campo commerciale, il problema dell’alimentazione e quindi dei Mangimi per i pesci ornamentali è stato considerato di secondaria importanza rispetto l’avere delle splendide piante, acqua limpida, carenza di alghe e valori dell’acqua perfetti.La conoscenza dei bisogni nutrizionali di tutte le specie che sono tenute in cattività, considerando che essi possono essere erbivori, carnivori ed onnivori, è stata una delle più grandi sfide dell’ultimo secolo.

I pesci sono un gruppo estremamente diversificato e la conoscenza dei bisogni nutrizionali di ciascuna specie è davvero una grande sfida. Gli acquariofili sono spesso informati da cosidetti esperti sul fatto che un singolo tipo di alimento non può dare il giusto nutrimento ad un pesce, ma che è necessaria una dieta varia che equilibra gli scompensi nutrizionali del singolo alimento. La realtà però è anche che sostituire un cibo carente per un fattore nutrizionale con un altro carente in modo diverso, non è detto che porti ad un equilibrio o al completo apporto nutritivo. La via migliore sarebbe trovare un alimentazione unica che contenga tutte le varietà di fattori nutritive di cui ha bisogno il pesce considerato.

Le scoperte scientifiche negli ultimi 20 anni hanno portato a rendere più facile e più conveniente il mantenimento dei pesci in acquario, ma certamente alcuni settori della industria alimentare sembrano essere rimasti fermi a 30 anni fa, come se non ci fosse modo di andare avanti. L’alimentazione da dare ai propri pesci è uno degli aspetti più importanti del corretto allevamento in cattività, ma è anche il meno discusso, stranamente. Gli acquaristi spendono centinaia di euro per i loro acquari, filtri, substrati, pesci, etc ma quando c’è da determinare quale sia la migliore dieta e quindi scegliere i Mangimi per i pesci o si basano su consigli di amici hobbisti come loro o in base all’immagine sulla etichetta del barattolo. Naturalmente un alimento con una foto di un pesce rosso o di uno scalare sull’etichetta deve essere progettato specificatamente per queste specie! Uno dei più importante fattori limitanti nell’allevamento e nel mantenimento dei pesci è stata la qualità dell’acqua, sia nel caso di allevamenti intensive sia negli acquari ornamentali. Negli ultimi anni invece si è trovato un altro fattore altrettanto essenziale , l’alimentazione, che può compromettere l’efficienza di riproduzione e la salute dei pesci.

Gli studi sull’alimentazione dei pesci sono stati fatti principalmente su specie da allevamento, come pesci gatto e salmonidi. Da questi studi sono state estrapolate le condizioni per i pesci ornamentali. Questo approccio comunque comporta delle inesattezze perchè comunque I pesci ornamentali hanno spesso origini e quindi esigenze diverse da quelle specie prese in considerazione per gli studi pilota, sia perchè provengono da luoghi e condizioni ambientali diversi sia perchè mentre i pesci di allevamento devono crescere in fretta ed essere utilizzati in breve tempo, I pesci dei nostri acquari devono fondamentalmente vivere a lungo e in buona salute.

L’alimentazione di un pesce che vive in acquario può essere molto varia e in commercio vi sono molti prodotti adatti allo scopo. Le tipologie di cibo sono diverse: cibo secco, congelato, vivo e ognuna di esse ha delle caratteristiche peculiari. Su ogni confezione in vendita è segnata la lista degli ingredienti, e normalmente l’ingrediente più in alto nella lista è anche quello maggiormente rappresentato nella miscela. Non bisogna sottovalutare la lettura accurata di questa lista perché ci permette di valutare la qualità del cibo e l’utilizzo migliore che se ne può fare.
E’ importante leggere le etichette e saperle leggere in modo da avere delle indiciazioni su quello che stiamo per comprare, ma soprattutto per fornire ai nostri pesci. Oltre alle indicazioni di massima che darò di seguito alla fine del presente articolo ci sarà un capitolo sui cibi tutt’ora in commercio per avere degli esempi pratici.

L’industria che produce alimenti è regolamentata principalmente dalle seguenti leggi sulla etichettatura e sulla immissione sul mercato del prodotto :

Sulle etichette una cosa da fare attenzione è la percentuale di ceneri presenti in quanto sotto il 7% è a discrezione del produttore riprotarle sopra il 7% deve essere obbligatoriamente riportato.

Le ceneri sono sempre presenti e anche in piccole quantità sono utili perché ricche di fosforo e calcio, se sono in quantità elevate possono dare un apporto eccessivo di minerali con inquinamento indesirato dell’acquario.

Infine bisogna tenere conto della differenza tra lista degli ingredienti e percentuale dei nutrienti: se si trova una lista con più fonti proteiche, ad esempio farina di pesce, caseinato di calcio, farina di gamberi, non vuol dire che quell’alimento è ricco di proteine, perché il reale contenuto di proteine ce lo da la percentuale di proteine grezze

. Quindi per concludere la lettura di una etichetta, la lista degli ingredienti ci fornisce notizie sulle fonti utilizzate, la posizione nella lista di un ingrediente ci indica quanto ne è utilizzato , e la percentuale grezza la quantità di nutriente presente in quell’alimento.

La composizione nutrizionale della dieta di un pesce varia in base al fatto che sia onnivoro, carnivo od erbivoro, al suo stadio di sviluppo e , nel caso di femmine, se è nel periodo della riproduzione. I principali nutrienti che deve contenere un cibo di qualità sono di seguito elencati.

 

Nutrienti principali

Proteine
Generalmente la dieta dei pesci tende ad essere ricca di proteine. La quantità di cui un pesce ha bisogno dipende però da vari fattori. Inanzitutto cosa mangia normalmente quel pesce: se è un carnivoro avrà bisogno del 40-50% di proteine nella sua dieta mentre un erbivoro del 25-40 %. Inoltre i pesci adulti hanno bisogno di meno proteine di quelle raccomandate per i pesci in fase di crescita. Anche un pesce in riproduzione avrà bisogno di molte più proteine. Ma non basta un apporto corretto come quantità, è anche necessario che le proteine provengano da una fonte di qualità. La farina e l’olio di pesce dovrebbero essere le principali fonti di proteine nella dieta di un pesce. Infatti nella farina di pesce sono presenti amminoacidi essenziali e acidi grassi che non sono presenti nei tessuti di piante e animali terrestri. Le formulazioni a basso costo eliminano le farine e l’olio di pesce per sostituirli con derivati della soia e di altre piante che non contengono queste sostanze necessarie alla salute dei pesci. Anche le uova (sia di pollo che di pesce) sono una fonte di proteine di altissima qualità. Un uovo sodo sbriciolato è una eccellente fonte di cibo per gli avannotti. Altre sorgenti di qualità di proteine sono la farina di alghe e la spirulina.
Gli amminoacidi sono molecole utilizzate come componenti di base per le proteine. L’utilizzo al netto di una proteina è profondamente influenzato dal contenuto in amminoacidi essenziali. Gli amminoacidi essenziali sono quegli amminoacidi che un organismo vertebrato non è in grado di sintetizzare da se ma che deve assumere con l’alimentazione. Gli amminoacidi essenziali sono: metionina, arginina, istidina, isoleucina,leucina, lisina, ciastina 3, fenilalanina, tirosina 4, treonina, triptofano e valina. La metionina ad esempio è un amminoacido essenziale per produrre il tipo lionhead nei pesci rossi. Alti livelli di questo amminoacido si trovano anche nelle proteine vegetali quali: spinaci, piselli aglio. Questo fa si che non si abbia una perdita di azoto attraverso la deaminazione e ci sia un aumento l’utilizzo di proteine al netto (crescita migliore e più veloce ad esempio). Un alimento ricco in proteine non fa alcun danno nemmeno ai pesci erbivori, che al massimo espelleranno il sovrappiù proteico come rifiuto. Ma questo solamente se la fonte delle proteine di quel civo è di alta qualità. Bisogna comunque evitare gli alimenti che hanno in cima alla lista tropi carboidrati o fonti proteiche di scarsa qualità o di origine esclusivamente vegetale.

 

Grassi
I grassi o lipidi sono molecole importanti per promuovere le funzioni cellulari, mantenere la temperatura corporea, e un metabolismo sano. Nell’organismo degli animali vengono scissi in glicerolo e acidi grassi liberi. Il glicerolo a sua volta viene convertito in glucosio dal fegato e viene quindi utilizzato come sorgente di energia. Gli acidi grassi sono la principale fonte di energia nei pesci, specialmente in alcuni tessuti come cuore e muscoli scheletrici. I lipidi derivati dai pesci possono e essere separati in olio di pesce e grassi solidi e sono altamente digeribili da tutti i tipi di pesce e animale in genere; inoltre sono una eccellente fonte di acidi grassi poliinsaturi essenziali o PUFA, sia di tipo omega 3 che omega 6. Gli omega 3 predominanti nella carne e nell’olio di pesce sono soprattutto l’acido linolenico, l’acido docosaesaenoico o Dha e l’acido eicosapentaenoico o EPA. Sia il DHA che l’EPA sono prodotti a partire dall’acido linolenico e passano lungo la catena alimentare dal fito e zooplankton fino ai pesci. Invece i lipidi che si trovano nelle piante contengono alte concentrazioni di omega 6. Alcuni oli come l’olio di colza o di lino contengono anche dell’acido linoleico, ma questo è leggermente diverso da quello prodotto dai pesci e non facilmente convertibile.
Come per tutti gli animali, anche nei pesci è essenziale mantenere un equilibrio tra omega 3 e omega 6 nella dieta perché i due tipi di sostanze hanno un ruolo importante nel promuovere la salute. Gli omega 3 sono indispensabili per la produzione di energia, per la formazione delle membrane cellulari, per il trasferimento dell’ossigeno dall’aria al sangue; per la sintesi di emoglobina, per la funzione delle prostaglandine, per il corretto equilibrio ormonale e per la produzione ormonale (ad esempio del testosterone). Gli effetti biologici degli omega 6 sono invece mediati dalla loro interazione con gli omega 3, di cui sono antagonisti.Nei pesci sono più necessari l’omega 3e soprattutto nei pesci di acqua dolce che non lo sintetizzano come invece la maggior parte di quelli che vivono in acqua marina. Quindi se l’alimentazione è a base di piante e non di farina o olio di pesce, la dieta sarà carente in omega 3 e conterrà solamente omega 6.
Come per altri nutrienti il fabbisogno di grassi comunque dipende anche dal tipo di alimentazione del pesce. Gli erbivori hanno bisogno del meno del 3% nella dieta mentre i carnivori dell’8%. Anche l’età è un fattore importanter, in quanto un pesce in fase di sviluppo ha bisogno di più grassi rispetto un pesce adulto.

 

Fibre
Le fibre sono usate dai pesci per aiutarsi a digerire il resto del cibo. I carnivori non hanno bisogno di molte fibre (circa il 4%) mentre gli erbivori hanno bisogno di una maggiore quantità di fibre, circa il 5-10 % perché le piante sono più difficili da digerire.

 

Carboidrati
I carboidrati sono composti che contengono solamente carbone, idrogeno e ossigeno e che dopo combustione si ottengono anidride carbonica e una o più molecole di acqua. La maggior parte dei carboidrati che rientra nella dieta di un pesce è di origine vegetale. I pesci carnivori quindi ingeriscono piccole quantità di carboidrati, che derivano soprattutto dal contenuto del tratto intestinale delle prede che mangiano. L’abilità di un pesce nel digerire dei carboidrati dipende dalla presenza di un enzima, l’amilasi, e dalla efficienza della sua attività E’ anche stato dimostrato che l’attività di questo enzima è molto più alta nelle specie erbivore. I carboidrati sono una fonte di energia meno efficace rispetto i grassi e le proteine per la costituzione dei tessuti. Inoltre a differenza dei mammiferi, il glicogeno non è un deposito significativo di energia per i pesci. Il più efficiente metabolismo degli amminoacidi rispetto i carboidrati per ottenere l’energia potrebbe essere dovuto alla capacità dei pesci di espellere i rifiuti azotati, come l’ammoniaca, dalle branchie, senza gli alti costi di energia per la conversione dei rifiuti in urea. La maggior parte dei carboidrati nei cibi per pesci è sotto forma di amidi inutilizzati per assemblare il cibo ed evitare che si disintegri rapidamente nell’acqua.

 

Minerali
I minerali sono importanti per la salute di ossa, denti e scaglie. I minerali principali di cui hanno bisogno i pesci sono calcio e fosforo. Inoltre sono necessarie piccole quantità di ferro, iodio, magnesio, sodio, potassio, rame e zinco. Il calcio si trova disponibile in acqua dura e il fosforo si ricava dalle piante viventi. Se viene utilizzata acqua dolce e piante artificiali bisogna integrare la dieta con cibi che contengano minerali, La farina di ossa e di carne sono una ottima fonte di calcio e fosforo. I minerali durano a lungo e quindi sono in quantità adeguate in tutti i cibi in commercio.

 

Vitamine
A differenza dei minerali le vitamine sono poco stabili nei cibi preparati. Gli alimenti a fiocco hanno un buon contenuto iniziale di vitamine, ma si deteriorano velocemente. Se si congelano o si mettono in frigo la loro stabilità si prolunga, comunque è meglio comprare quantità di cibo che possono essere consumate in 1 o 2 mesi al massimo. Le vitamine chiave per la buona salute dei pesci sono la : A,D3, E, K, B1, B2, B3, B5, B6, B12, C, H, M, e inositolo. Molti acquariofili non sono consapevoli della importanze delle vitamine nell’alimentazione quotidiana dei pesci. Ad esempio la mancanza di vitamina A può causare deformità e ritardo nella crescita dei giovani pesci, e ogni volta che un pesce è sotto stress aumenta il suo fabbisogno di vitamina A. La vitamina K invece è coinvolta nei processi di coagulazione del sangue e le vitamine B1, B2 e B6 sono importanti per una crescita normale. Le vitamine B3 e C sono essenziali per una buona digestione e la C in particolare è necessaria per la salute di ossa e denti. Sia la vitamina B5 che la M sono fattori chiave per il metabolismo e la mancanza di vitamina H riduce la formazione di cellule del sangue e può causare anemia. L’acquisto di alimenti in piccole quantità e la variazione di dieta possono assicurare ai pesci l’apporto adeguato di tutte le vitamine e in generale di tutti i nutrienti di cui hanno bisogno per mantenersi in salute.

 

Tipo di cibo
Esistono in commercio moltissime varietà di cibo confezionato, fresco, congelato o seccon in fiocchi e pellets. Inoltre sono spesso pubblicizzati come formulati in base alle esigenze specifiche della specie, per accentuare il colore e per lo stadio di sviluppo del pesce.

 

Cibo confezionato
Fiocchi: sono il tipo di alimento più utilizzato e più commune nei negozi specializzati e nelle grandi distribuzioni. E’ composto da una miscela di alimenti che vengono seccati in forma di fiocchi. Sono una buona dieta base soprattutto per pesci di dimensioni piccole e medie e che si nutrono in superficie o sulla colonna di acqua. Non vanno bene per I pesci di grande dimensione, in quanto dovrebbero mangiarne in grandissime quantità per raggiungere la dose giornaliera di cibo e per I pesci che si nutrono sul fondo perchè I fiocchi scendono lentamente e si disintegrano velocemente.

Pellets: Il principo della loro formulazione è uguale a quello dei fiocchi ma sono appunto sotto forma di pellet. Questo tipo di cibo è utilizzato per pesci di grosse dimensioni. Esistono anche dei micropepllets per pesci di medie dimensioni.

Cibo congelato: è composto da ingredienti naturali come artemie o misidiacei impacchettati insieme in piccoli cubetti e congelati. Questo cibo deve essere mantenuto congelato. E’ adatto per pesci in cura e di solito non si utilizza come dieta base perchè molto costoso. Quando si compra del cibo congelato si deve prestare attenzione al tragitto fino a casa per evitare che si decongeli e ricongeli altrimenti si perdono molte proprietà nutritive.

Cibo secco congelato: sono alimenti poco elaborati e hanno come ingredienti base alimenti freschi seccati e congelati. Questo tipo di cibo ha poco valore nutritivo rispetto il cibo fresco congelato, però si conserva a lungo e non comporta il rischio di malattie e parassiti come il cibo fresco.

Wafer: è il tipo di alimentazione che si usa più comunemente per I pesci che si alimentano sul fondo. Di solito è composto da alghe e altri componenti impacchettati in dischi sottili che cadono velocemente sul fondo.

Oltre che per la forma e l’assemblaggio i diversi cibi si differenziano in base alla tipologia di pesci a cui si rivolgono. Quindi si possono avere:
Formula per erbivori: sono per lo più fiocchi contenenti alghe e piante di varia origine. Quando si compra questo tipo di cibo bisogna controllare che nella formulazione sia presente e in alto nella lista degli ingredienti la farina di spirulina e di alghe . In molti di quesrti cibo si trova più farina di pesce che di spirulina e non va bene.

Formule per la crescita: questo alimento deve contenere percentuali maggiori di proteine in modo da far crescere velocemente I pesci. Sono per lo più sotto forma di fiocchi, più facilmente disponibili per I pesci di piccole dimensioni.

Formula per esaltare I colori: questi sono alimenti comunemmente utilizzati che contengono beta carotene per esaltare I colori rossi, gialli e arancioni. Nella lista degli ingredienti dovrebbero sempre contenere farina di gambero , perchè esso contiene I pigmenti più adatti ad esaltare questi colori. Normalmente si trovano anche ingredienti come la paprika e I pepperoni, ricchi in carotenoidi.

Per quanto riguarda il cibo fresco, soprattutto per chi ha un giardino, un fiume o un laghetto vicino, è sicuramente incomparabile con qualsiasi cibo confezionato per quanto riguarda il contenuto nutritivo, ma bisogna tenere presente I problemi legati a malattie e parassiti. Alcuni alimenti freschi possono essere raccolti e congelati, eliminando almeno il problema dei parassiti.

Per analizzare le etichette dei mangimi clicca qui

 

Articolo scritto da Annalisa barera
©www.acquariofili.com

About Gh

About Gh

 

Gh in acquario impariamo a conoscerlo
Quando si avvia un nuovo progetto o si vuole avviare un nuovo acquario, una delle prime domande che dovremmo porci è: che tipo di acqua ho a disposizione/ voglio utilizzare?

About Gh

I parametri che la caratterizzano infatti sono estremamente importati per poter ottenere le condizioni ideali per la fauna e la flora stessi. Infatti, a seconda degli inquilini scelti saranno necessarie condizioni di pH, GH e KH differenti. In questo articolo approfondiremo l’argomento relativo al GH, alla sua misura e alla sua modifica.

 

La DUREZZA TOTALE dell’acqua è un parametro che indica la quantità di cationi (ovvero ioni aventi carica positiva) di metalli alcalino-terrosi (il contributo principale è dato da Calcio, come Ca2+ e Magnesio, come Mg2+) presenti all’interno della soluzione in combinazione con anioni (ioni aventi carica negativa) di acidi forti e deboli. Questo risultato però comprende anche un piccolo contributo derivato da cationi di metalli pesanti presenti in tracce nelle nostre acque di rubinetto come Manganese (Mn), Ferro (Fe) Zinco (Zn) e altri. Focalizzandoci brevemente sul significato dell’ultima parte della definizione, ogni ione presente in soluzione deve essere accompagnato da una controparte avente carica opposta che bilanci il suo contributo (dato che la risultate in questo caso è elettricamente neutra), possiamo quindi trovare ioni come cloruri (Cl), solfati (SO42-) e nitrati (NO3) per la categoria acidi forti; mentre per quella degli acidi deboli troveremo i bicarbonati (HCO3).

about gh2
Font foto Web

La durezza totale a sua volta si divide in due contributi differenti ovvero la DUREZZA PERMANENTE e la DUREZZA TEMPORANEA. La differenza va ricercata nel fatto che portando ad ebollizione l’acqua il secondo contributo viene eliminato, a causa della precipitazione dei carbonati.

Tornando al nostro acquario i parametri che possiamo e vogliamo misurare sono la durezza totale e il contributo relativo alla durezza temporanea (che però viene trattato separatamente con un articolo dedicato à qui potete trovare il link). Questi due parametri sono infatti correlati al valore del GH e del KH.

 

Come possiamo misurare il GH?

 

test gh
font foto: Web

La determinazione di questo parametro è piuttosto semplice; basta infatti munirsi di relativo test a reagente. Esso sfrutta una reazione chimica grazie alla quale si noterà un cambiamento cromatico da rossiccio a verde scuro all’interno della provetta stessa, una volta raggiunto il valore effettivo del GH. Contando semplicemente il numero delle gocce utilizzate otterremo quindi il valore numerico del GH.

Sconsiglio l’utilizzo di test a strisce in quanto danno un valore non puntuale, ma un’indicazione sul range, che personalmente trovo poco utile.

 

Ma… cosa ci dice il valore che abbiamo ottenuto?
-Il valore ottenuto esprime la durezza in gradi tedeschi, ovvero:

In pratica andremo a trasformare tutti i contributi alla durezza considerandoli come dovuti solo dai composti a base di Calcio, più esattamente a base di CaO.

Questo non è l’unico modo per indicarla, infatti se leggiamo le analisi del nostro gestore dell’acqua di rete troveremo la durezza totale espressa in gradi francesi che vengono calcolati sulla base del contenuto di CaCO3:

formula2Per convertire i gradi francesi in quelli tedeschi sarà sufficiente usare la seguente formula:  °d = °f x 1.78

Nota: non è possibile ottenere un valore di durezza totale tramite il valore della conduttività, in quanto quest’ultimo viene ottenuto sommando il contributo di tutti gli ioni disciolti in acqua, non solo quelli di calcio e magnesio. Ovviamente, però, un valore elevato di GH comporterà un valore di conduttività mediamente alto. È possibile classificare le varie tipologie di acque sulla base della durezza ottenuta:

 

Valore GH Tipologia acqua
d°<4 Molto dolci
5<d°<8 Dolci
9<d°<12 Mediamente dure
13<d°<18 Discretamente dure
19<d°<30 Dure
d°>31 Molto dure

 

 

 

 

 

 

 

 

Come possiamo modificare il GH?

Generalmente le nostre acque di rubinetto sono caratterizzate da una durezza medio alta, spesso inadatta per biotopi amazzonici o asiatici ad esempio. Bisogna quindi trovare un modo efficace per modificarlo.

Per ABBASSARE il GH possiamo quindi ricorrere all’uso di acqua di osmosi (RO = reverse osmosis). Essa infatti è caratterizzata da un valore di GH e KH pari a 0 (se di buona qualità) e grazie a piccoli cambi eventualmente ravvicinati, ci permetterà di ottenere il valore desiderato.

Nota: l’acqua di osmosi RO ABBASSA TUTTI i valori, non solo il GH, perché noi andiamo ad effettuare una diluizione ovvero un abbassamento della concentrazione di tutti i sali disciolti in acqua per cui successivamente dovremo operare una correzione sull’ altro parametro che caratterizza la durezza, il KH. Cliccando sul seguente link si aprirà una scheda specifica su come operare i cambi parziali e come calcolare la quantità di RO da utilizzare per ottenere un determinato abbassamento.

Per ALZARE il GH ci sono diverse strade:

  • Utilizzare acqua avente GH superiore a quello della vasca durante i cambi.
  • Utilizzare sali commerciali appositi (già bilanciati) in base alle proprie esigenze. Questa strada va seguita anche nel momento in cui si opta per una gestione con sola acqua di osmosi. Questa andrà ricostruita per ottenere i parametri di KH e GH desiderati (agendo singolarmente o su entrambi in contemporanea).
  • Utilizzare una soluzione a base di Solfato di Magnesio (o sale inglese – MgSO4) e Cloruro di Calcio (CaCl2) avendo cura di mantenere un rapporto Ca:Mg tra 3:1 e 4:1. Nella preparazione va necessariamente usata acqua RO.

Sconsiglio l’uso del Solfato di Calcio in quanto scarsamente solubile.

Se intendete utilizzare il rimedio casalingo dell’osso di seppia, tenete presente che si avrà una variazione anche sul KH.

Nota finale: Il valore di GH è molto importante infatti un valore eccessivamente alto/basso provoca problemi ai pesci e alle piante. Infatti, gli ioni Ca2+ e Mg2+ intervengono nei processi di trasferimento nutrienti e nei prodotti di rifiuto. Può anche interferire sulla fertilità, sulla crescita e sulle funzioni renali dei pesci.

In conclusione: About Gh è una guida scritta utilizzando un linguaggio semplice in modo da essere facilmente comprensibile e quindi trasmettere concetti relativi alla chimica dellacquario,altre guide come About Gh stanno per essere emesse sul nostro portale in modo da avere un punto di riferimento per consulti piu’rapidi.

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

About Gh impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

 

About Kh

About Kh

Nell’articolo relativo al GH (che puoi leggere cliccando QUI) è stato descritto il concetto di DUREZZA TOTALE. Abbiamo visto che quest’ultimo si compone di due diversi contributi: la durezza permanente e quella temporanea.

In questo articolo chiamato “About Kh” andremo ad analizzare un altro parametro molto importante per l’acquario correlato al concetto di durezza temporanea (ma non solo), ovvero il KH.

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La DUREZZA TEMPORANEA esprime la concentrazione degli ioni dei metalli alcalino terrosi presenti in acqua, principalmente considerando gli ioni di Calcio e Magnesio (Ca2+ e Mg2+– in nero) in combinazione con lo ione bicarbonato (detto anche idrogencarbonato – HCO3). Questo contributo alla durezza viene eliminato portando a ebollizione la soluzione, a causa della reazione:

Si forma ad esempio Carbonato di Calcio, che essendo poco solubile (a 25°C infatti la sua solubilità è di 13 mg in un litro di acqua!) precipita, formando un solido bianco.

Ma… tutto ciò come ha a che fare con il parametro del KH?

Il KH ci permette di misurare la DUREZZA CARBONATICA della soluzione. Cosa cambia rispetto alla durezza temporanea? Andiamo a considerare tutti i bicarbonati presenti in soluzione, non solo quelli legati a Calcio e Magnesio. Si considerano anche altri contributi, generalmente dati in maggior percentuale da Sodio e Potassio (Na+ e K+ – in blu). Per questa ragione in certe condizioni è possibile ottenere un valore di KH maggiore rispetto a quello del GH stesso.

La durezza carbonatica è correlata alla così detta ALCALINITA’ di una soluzione, ovvero la capacità di reagire con gli ioni H+, neutralizzandoli. Le principali reazioni che prendono parte a questo processo sono date:

  • Dallo ione idrogeno carbonato (HCO3):  HCO3+ H+ → H2CO3
  • Dallo ione carbonato (CO32-): CO32-+ 2H+ → H2CO3
  • Dallo ione idrossido (OH):  OH+H+ → H2O

Andando però a osservare le condizioni della nostra vasca il contributo principale (quindi il composto che partecipa maggiormente alla regolazione degli equilibri all’interno dell’acquario) è il primo, gli altri sono presenti in quantità poco apprezzabili. Formalmente però, la definizione di alcalinità totale comprende anche il contributo di alcuni anioni acidi deboli (come solfuri, bisolfuri), silicati, fosfati e ammoniaca; ma il loro contributo è minimo.

[pullquote-left]Nota: Un’ulteriore precisazione è necessaria; infatti, quanto detto vale quando ci troviamo in assenza (o in presenza di quantità basse) di altre fonti di acidi deboli come acidi fulvici e umici. Essi sono abbondantemente presenti nei così detti acquari black water (o acque scure) o in vasche dove viene utilizzata torba. In questi casi la determinazione del KH, del pH per l’utilizzo delle tabelle per la regolazione della CO2 portano a dati “sfalsati” in quanto non si tiene conto del contributo dato da queste ultime fonti citate.[/pullquote-left]

A questo punto bisogna introdurre un nuovo concetto, ovvero quello di soluzione TAMPONE. L’alcalinità è indice della capacità tampone dell’acqua. Semplificando è la capacità di una soluzione di resistere a cambiamenti repentini del pH (entro certi limiti) causati dall’aggiunta di piccole quantità di sostanze acide o basiche, che potrebbero andare a modificarlo. Questo argomento viene trattato con maggiore dettaglio nell’articolo relativo al pH (trovate qui il link).

Tornando a quanto succede nelle nostre vasche, per ottenere un effetto tampone sufficiente (specialmente in presenza di erogazione di CO2) si consiglia di mantenere un valore del KH ≥3. Questo non implica che non esistano casi in cui si possa mantenere un KH inferiore (esistono vasche il cui valore di KH è 0, ma sono comunque stabili).

Nota: Bisogna porre attenzione sui terreni allofani. Questi terreni sono caratterizzati da un elevato CSC (acronimo di capacità di scambio cationico). Essi hanno la capacità di attirare e legare elettrostaticamente tutti i cationi (ioni a carica positiva) presenti in acqua. Quando le radici assorbono i cationi rilasciano ioni idrogeno (H+) che si fissano al terreno allofano, il quale, a sua volta, li libera in acqua per legare a se altri cationi. Gli ioni idrogeno liberati vanno ad abbassare il pH e questo spiega la capacità di questo fondo di acidificare l’acqua. Inoltre, gli ioni idrogeno liberati interagiscono con i bicarbonati presenti in acqua tramite la seguente reazione:
H++HCO3 → H2CO3

Che a sua volta dà la reazione:
H2CO3 → H2O+CO2

La CO2, in qualità di gas, tende ad abbandonare l‘acqua (esattamente il contrario di quello che succede quando usiamo la CO2).

Riassumendo… Alla fine di tutto ciò cosa succede? Il KH si abbassa e con esso anche il pH. Questo spiega la gestione più complessa dei fondi allofani soprattutto quelli più reattivi come quelli neri. Spesso in questo tipo di allestimenti si utilizzano rocce contenenti carbonati (come le Seiryu Stone), in modo da controbilanciare l’effetto del fondo stesso e ridurre l’abbassamento del KH stesso. In aggiunta solitamente durante il primo periodo vengono svolti piccoli cambi periodici per inserire nuovamente carbonati e chiaramente ciò comporta dei periodi di maturazione più lunghi. Ovviamente questo effetto non dura per sempre, ma termina una volta raggiunto il livello di saturazione. È difficile stimare la durata del fenomeno, in quanto è strettamente correlata al tipo di acqua che stiamo utilizzando e al valore del suo KH.About Kh

Un’altra cosa importante da considerare, quando stiamo allestendo o gestendo una vasca, è l’eventuale presenza di un addolcitore domestico. Questo genere di impianti permette di ridurre la durezza dell’acqua di rete scambiando gli ioni Ca2+ e Mg2+ (formano carbonati poco solubili che possono depositarsi all’interno dei tubi e negli elettrodomestici, compromettendone il funzionamento e riducendone di fatto la durata) con ioni Na+ (il sodio forma dei carbonati molto solubili riducendo il fenomeno prima descritto). Quantità eccessive di sodio, però, tendono a creare problemi alla fisiologia piante già a basse concentrazioni (dipendenti chiaramente dal tipo di pianta, ma in genere si considera come limite di riferimento 40 mg/L). Motivo per cui, l’acqua di rete in questo caso va assolutamente evitata.

Nota: Quando analizziamo le acque di rete e troviamo il KH maggiore del GH dobbiamo porre molta attenzione all’ uso di questa acqua perché quasi sempre è ricca di sodio. Il Mg deriva generalmente più dai solfati che dai carbonati/bicarbonati mentre i sali di potassio sono sempre scarsissimi o nulli nelle nostre acque per una questione di conformazione geologica.

 

Come possiamo misurare il KH?

La determinazione di questo parametro è piuttosto semplice; basta infatti munirsi di relativo test a reagente. Esso sfrutta una reazione chimica grazie alla quale si noterà un cambiamento cromatico dall’azzurro a giallo brillante all’interno della provetta stessa, una volta raggiunto il valore effettivo del KH. Contando semplicemente il numero delle gocce utilizzate otterremo quindi il valore numerico del KH.

Sconsiglio l’utilizzo di test a strisce in quanto danno un valore non puntuale, ma un’indicazione sul range, che personalmente trovo poco utile.

Ma… cosa ci dice il valore che abbiamo ottenuto?

Il valore ottenuto esprime la durezza in gradi tedeschi, ovvero:

formula1

In pratica andremo a trasformare tutti i contributi alla durezza considerandoli come dovuti solo dai composti a base di Calcio, più esattamente a base di CaO.

[pullquote-right]Nota: non è possibile ricavare tale valore da una misura di conduttività, in quanto quest’ultimo viene ottenuto sommando il contributo di tutti gli ioni disciolti in acqua. Ovviamente, però, la sua eventuale modifica porterà a una modifica nel valore di conduttività.[/pullquote-right]

Spesso si leggono richieste di chiarimento in merito a un aumento del KH (a volte accompagnato anche da un aumento di GH) tra un cambio di acqua e il successivo. In genere le cause principali vanno ricercate:

  • Nella modalità in cui vengono fatti i rabbocchi di acqua evaporata. L’utilizzo di acqua RO (di buona qualità) non crea modifiche né nel KH né nel GH quando viene usata nei rabbocchi, mentre l’uso di acqua di rubinetto o di acqua RO di bassa qualità, aggiungendo sali in vasca crea un aumento nei valori delle durezze (il dettaglio viene spiegato in un articolo apposito, il cui link si trova nel prossimo paragrafo).
  • Nella presenza di arredi o fondo calcareo, che soprattutto in presenza di pH debolmente acidi, tendono a rilasciare in vasca i carbonati che li compongono, alterando il KH. Per evitare di inserire materiali di questo tipo è sufficiente testarli con qualche goccia di viakal o acido muriatico; se si sviluppano delle bollicine (e “il materiale frigge”) siamo in presenza di materiale calcareo. Personalmente ne sconsiglio l’uso, salvo in particolari allestimenti come quelli dei grani laghi africani (Malawi e Tanganika).

 

Come possiamo modificare il KH?

Per prima cosa quando andiamo a modificare il valore del KH dobbiamo ricordarci che potremmo avere ripercussioni anche sul valore del pH. Per questo motivo bisogna agire lentamente su questo parametro evitando variazioni superiori a 2° dH, in quanto non è la variazione di KH in sè che può creare problematiche agli abitanti della vasca, ma l’oscillazione del pH ad essa associata (se eccessiva può anche risultare mortale).

Per ABBASSARE il KH possiamo quindi ricorrere all’uso di acqua di osmosi (RO = reverse osmosis). Essa infatti è caratterizzata da un valore di GH e KH pari a 0 (se di buona qualità) e grazie a piccoli cambi eventualmente ravvicinati, ci permetterà di ottenere il valore desiderato.  Si consigliano piccoli cambi di acqua RO, se usata pura (tra il 5-10%, ma non oltre il 20%) ogni 3-4 giorni, per evitare shock osmotici.

Nota: l’acqua di osmosi RO ABBASSA TUTTI i valori, non solo il KH, perché noi andiamo ad effettuare una diluizione ovvero un abbassamento della concentrazione di tutti i sali disciolti in acqua per cui successivamente dovremo operare una correzione sull’ altro parametro che caratterizza la durezza, il GH. Cliccando sul seguente link si aprirà una scheda specifica su come operare i cambi parziali e come calcolare la quantità di RO da utilizzare per ottenere un determinato abbassamento.

Per ALZARE il KH ci sono diverse strade:

  • Utilizzare acqua avente KH superiore a quello della vasca durante i cambi.
  • Utilizzare sali commerciali appositi (già bilanciati) in base alle proprie esigenze. Questa strada va seguita anche nel momento in cui si opta per una gestione con sola acqua di osmosi. Questa andrà ricostruita per ottenere i parametri di KH e GH desiderati (agendo singolarmente o su entrambi in contemporanea).
  • Utilizzare una soluzione a base Bicarbonato di Potassio (KHCO3). Nella preparazione va necessariamente usata acqua RO. Sconsiglio l’uso del Bicarbonato di Sodio (Na2CO3), che benchè sia più economico, inserisce una quantità di Na+ non idonea per le vasche di acqua dolce.

Se intendete utilizzare il rimedio casalingo dell’osso di seppia, tenete presente che si avrà una variazione anche sul GH.

 

In conclusione: About Kh è una guida scritta utilizzando un linguaggio semplice in modo da essere facilmente comprensibile e quindi trasmettere concetti relativi alla chimica dell’ acquario, altre guide simili ad About Kh stanno per essere pubblicate sul nostro portale in modo da avere un punto di riferimento per consultazioni piu’ rapide.

 

 E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo About Ph e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

Guida About Kh impaginata da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com

Micropropagazione in casa

La micropropagazione è una alternativa ai metodi convenzionali di propagazione delle piante che consiste nella produzione di piante da piccole parti di esse, fatte crescere in contenitori dove vengono controllati l’ambiente e la nutrizione. Le piante che ne risultano sono identiche da un punto di vista genetico.

I vantaggi della propagazione in vitro sono: la possibilità di produrre un gran numero di piante da una singola pianta “madre” e in poco tempo (sempre relativo alla specie) e la possibilità di ottenere piante libere da virus. Quest’ultima caratteristica è molto importante per quanto riguarda le piante di interesse agricolo. Di contro però le piante che si ottengono sono geneticamente tutte uguali e quindi sono tutte suscettibili allo stesso modo all’ambiente e alle infezioni (se la pianta da cui si parte per caso ha una mutazione, porteremo questa mutazione a tutte le piante ottenute in vitro).

In questo articolo si spiegano le principali caratteristiche di questa metodica, in modo tale da poterla sviluppare in un ambiente non del tutto scientifico, tenendo conto che sicuramente i risultati non saranno minimamente paragonabili a quelli che si ottengono in un laboratorio. Pur essendo la metodica abbastanza semplice (forse maggiormente per chi ha lavorato in un laboratorio) il vero problema della micropropagazione in vitro è il mantenere tutto sterile, dalla porzione di pianta che si utilizza, ai terreni di coltura, alla strumentazione, all’ambiente. Inoltre per ogni specie di pianta che vogliamo propagare ci sono innumerevoli variabili a partire dalla composizione del mezzo di coltura, alla temperatura, all’illuminazione. Addirittura alcune piante hanno bisogno di buio completo per iniziare a formarsi. In realtà si possono ulteriormente semplificare i passaggi utilizzandi materiale e attrezzature fornite da ditte specializzate, ma naturalmente con dei costi non indifferenti.

 

Per creare un piccolo laboratorio, relativamente casalingo, occorre:

  • una camera sterile: si può usare anche un acquario non troppo alto. Le dimensioni dovrebbero essere: 50cm (lunghezza), 40 cm (altezza) e 40 cm (profondità)
  • Una pentola a pressione per sterilizzare i terreni, gli strumenti, l’acqua, la carta, etc;
  • Vasetti di vetro (ad esempio i vasetti degli omogeneizzati) e contenitori di vetro che possano essere messi nella pentola a pressione;
  • Forbicine, pinzette, ecc…;
  • Carta assorbente o fogli A4 per fotocopie che possono essere sterilizzati e utilizzati come base di taglio;
  • Una lampada a spirito per fiammeggiare gli strumenti;
  • Un contenitore spray contenente alcool al 70% (quello che si usa per i liquori va bene) per spruzzare la camera sterile e altre superfici;
  • Una soluzione di 1:4 di candeggina per disinfettare le superfici e il materiale vegetale;
  • Un disinfettate cutaneo;
  • Terreni di coltura.

Il terreno di coltura è un mezzo liquido, semiliquido o solido che permette alle cellule o a pezzi di tessuto di vivere in vitro; di solito contiene tutta una serie di sostanze specifiche per le cellule che utilizziamo.

Il terreno di coltura deve essere sostituito spesso perchè man mano che le cellule crescono e si riproducono lo impoveriscono delle sostanze nutrienti. Inoltre si possono aggiungere ormoni per favorire e velocizzare alcuni processi particolari, nel nostro caso ad esempio la radicazione delle plantule.

 

Per preparare un terreno di coltura adatto si possono utilizzare materiali che possono essere reperiti nei supermercati, rivenditori di prodotti chimici, etc.:

  •  due bicchieri di acqua piovana (o quella di osmosi);
  • un quarto di bicchiere di zucchero;
  • mezza tavoletta di fertilizzante che contenga in queste proporzioni 10:10:10 di N:P:K in 1 litro di acqua;
  • Mezza tavoletta di inositolo (500mg);
  • Mezza tavoletta di vitamine con tiamina (si può usare una compressa multivitaminica);
  • Agar

 

Nelle Tabelle 1 e 2 sono indicate le concentrazioni di un mezzo di coltura normalmente utilizzato in laboratorio. La seconda tabella si riferisce al terreno di coltura per la patata dolce americana (Batata), ma è utile per capire quali componenti comunque sono necessari: a seconda delle specie che ci interessa cambiano le concentrazioni ma le sostanze organiche sono sempre le stesse. In particolare, NAA e BAP sono degli ormoni stimolanti: NAA o acido 1-naftilacetico o alfa-naftalenacetico è uno stimolante della radicazione di talee, BAP è un fitostimolatore della fase vegetativa. Inoltre si può aggiungere IAA, o auxina, (0.1 mg/l)) che è un ormone regolatore della crescita delle piante nonchè della radicazione.

Tabella 1: Composizione della soluzione salina di base secondo Murashige and Skoog (1962)

 

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Tabella 2: Additivi organici in un mezzo di coltura per la patata dolce

 

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Quello preparato sopra è il terreno di base per iniziare a formare i calli cellulari.

Per la preparazione del terreno di moltiplicazione o il terreno di radicamento si aggiunge mezzo bicchiere di latte di cocco e mezza tavoletta di malto. Il latte di cocco può essere sostituito con mezzo bicchiere di polpa di pomodoro verde, o mezzo bicchiere di succo di arancia fresco.

Però ognuno di questi ingredienti può dare risposte diverse e deve essere verificato per il tipo di pianta che vogliamo fare crescere.

Il pH del terreno deve essere compreso fra 5 e 6; se diverso può essere rettificato con acido citrico o bicarbonato di sodio. Si mescolano gli ingredienti e si scaldano fino a sciogliere l’agar. Quando la soluzione si sta raffreddando ma l’agar è ancora in fase liquida si versa il terreno nei vasetti di vetro fino a formare uno spessore di circa 2 cm. Si chiude il tutto e si mette nella pentola a pressione. Quando la valvola della pentola fischia si lasciano nella pentola per 15 minuti.

Le forbicine, gli scalpellini, le pinzette, prima di iniziare il lavoro, devono essere lavati e risciacquati accuratamente per eliminare ogni residuo di detergente, infine devono essere sterilizzati nella pentola a pressione. Durante il lavoro possono essere sterilizzati con la soluzione di candeggina e fiammati. Per sterilizzare la carta si mette in un supporto non coperto dall’acqua nella pentola a pressione e si sterilizza sempre per 15 minuti.

Il materiale vegetale può essere sterilizzato in una soluzione diluita di candeggina: 1/4 di candeggina + 1/4 di acqua + una goccia di detergente che agisce da surfattante, cioè riduce la tensione superficiale e stabilizza la sospensione. Si mettono i pezzi di pianta in un vasetto contenente la soluzione per 10-20 minuti. Si agita e si butta la soluzione di candeggina. Si sciacquano i pezzi con acqua sterile.

Il punto essenziale della micropropagazione è che le colture devono essere libere da ogni contaminazione: batterica, virale e fungina. Ci sono perciò alcune regole da seguire, alcune possono sembrare banali, ma in realtà aiutano ad evitare anche contaminazioni accidentali.

  1. Tirare indietro i capelli e le maniche e rimuovere anelli e braccialetti. Lavarsi le mani con una soluzione disinfettante, altrimenti mettersi dei guanti da laboratorio usa e getta e pulirli con l’alcol al 70%.
  2. Sterilizzare la cabina sterile (l’acquario) con una soluzione al 70% di alcool e asciugare con tessuto sterile.
  3. Riporre tutta la strumentazione necessaria nella cabina sterile dopo averla sterilizzata.
  4. Il materiale vegetale non deve essere mai toccato con le mani ma sempre con le pinzette sterilizzate.
  5. Ogni volta che si utilizza uno strumento va sterilizzato con alcool o la soluzione di candeggina e fiammato se possibile.

I piccoli pezzi di pianta (Fig.1), di lunghezza di circa 2-3 cm, vengono tagliati e posti nel terreno di base già sterilizzato. I pezzi inseriti nel terreno devono stare a temperatura ambiente sotto la luce diretta e con il contenitore chiuso. I pezzi da prelevare possono derivare da apici del germoglio, pezzi di foglie, pezzi a ridosso degli internodi, pezzi di radice.

 

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Fig.1: piccole parti di foglia appena sezionate e pronte per essere messe nel mezzo di coltura

Non ci si deve certo aspettare che tutti i contenitori diano risultati soddisfacenti: alcuni pezzi di pianta possono essere uccisi o danneggiati dalla soluzione di candeggina, o uccisi dalle tossine prodotte dalle stesse piante, oppure possono contaminarsi con funghi e batteri (Fig.2). Queste colture danneggiate o infette vanno eliminate.

 

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Fig.2: colture vegetali contaminate

Una volta che il germoglio si è formato (fig.3), si può trasferire nel mezzo di coltura per il radicamento, quello contenente latte di cocco e malto (fig.4)

 

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Fig.3: accrescimento della piantina fino alla radicazione

 

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Fig.4: plantula radicata

Le radici di solito si formano in 2-4 settimane. Una volta che si sono formate le radici si passa all’acclimatazione. Si rimuovono le plantule radicate dall’agar con una forbicina e si lava via l’agar con acqua tiepida. Si invasano le plantule in terriccio misto (senza fertilizzanti) umido.

Dopo questa operazione si spruzzano le piante con acqua. I vasetti vanno posti in contenitori di vetro o plastica trasparente chiusi posti sotto il sole in modo da aumentare l’umidità interna. Quando le piante cominciano a crescere e sono acclimatate si possono utilizzare.

Questa metodica che può sembrare molto semplice in realtà comporta una buona manualità, non tanto per il trasferimento delle piante o parti di esse nei vari passaggi quanto per il mantenere tutto l’ambiente di lavoro (la camera sterile e gli strumenti) sempre puliti. I pezzi di pianta e i calli che si producono da essa sono infatti altamente suscettibili ad infezioni perchè non hanno alcun tipo di difesa e inoltre i terreni di coltura così ricchi di sostanze favoriscono la crescita di batteri e funghi. In realtà nei laboratori si aggiungono ai terreni alcuni antibiotici (streptomicina, penicillina) e l’amfotericina B per i funghi, per avere una maggiore probabilità di successo.

 

Guida redatta per acquariofili da Annalisa Barbera
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