Infuso di foglie e pignette

Infuso di foglie e pignette

 

Infuso di foglie e pignette.

In questa breve guida vedremo come fare un buon infuso a base di tannini per la nostra vasca.

Che cos’è l’infusione?
L’infusione non è altro che un metodo utilizzato per estrarre i principi attivi da piante officinali o da alimenti e si realizza immergendo tali piante o alimenti in un liquido per un tempo più o meno lungo. Il prodotto che si ricava viene chiamato infuso.

La presente guida tratterà di un infuso di foglie di castagno e pignette di ontano.

In realtà l’infuso di tannini lo si può ricavare da svariate foglie essiccate, per questo si rimanda alla guida Le foglie in acquario, presente sempre sul nostro sito per scoprirne altre.

Anche se non riportate nell’articolo menzionato pocanzi, le foglie di castagno, sono una buona alternativa ad altre foglie per essere inserite in vasca, poichè favoriscono anch’esse un soddisfacente rilascio di tannini.

Viene descritta questa tecnica di infusione con il connubio di foglie di castagno e pignette di ontano poiché al momento vi erano questi elementi a mia disposizione e altresì facilmente reperibili in natura tra boschetti e campagne.

Per avere un risultato ottimale sull’ambratura dell’acqua ho utilizzato 20 foglie medie di castagno e 12 pignette di ontano (tutto rigorosamente secco, naturalmente).

Andiamo adesso ad argomentare il procedimento.

Infuso di foglie e pignette

Sciacquiamo sotto l’acqua corrente le 20 foglie di castagno e le 12 pignette di ontano e riponiamole dentro una vecchia pentola e successivamente versiamo dentro 4 litri di acqua d’osmosi inversa.

 

Accendiamo il gas e lasciamo a fuoco lento e senza coperchio fino all’evaporazione di 2 litri di acqua, controllando di tanto in tanto lo sviluppo e affondando dentro l’infuso le foglie e le pignette che tenderanno a stare a galla per non farle asciugare. Per questo processo ci vorrà circa un’ora e mezza di tempo.

Una volta evaporati i 2 litri d’acqua, rimuoviamo la pentola dal fuoco e lasciamo riposare l’infuso senza coprire con il coperchio, fino a quando non si sarà completamente raffreddato e divenuto a temperatura ambiente (fatto nel pomeriggio, l’ho lasciato riposare per tutta la notte).

Infuso di foglie e pignette

Dopo essersi accertati che l’infuso è completamente freddo, iniziamo a rimuovere le foglie e le pignette. Prendiamo una bottiglia da due litri (quelle della Coca Cola o della Pepsi dopo averle accuratamente sciacquate vanno benissimo), un imbuto e un colino a maglie strette e iniziamo a versare filtrando l’infuso per rimuovere i residui staccatisi.

Otterremo pertanto il seguente risultato che ci basterà per diverso tempo.

Infuso di foglie e pignette

Per quanto riguarda la somministrazione, bisogna fare attenzione e tenere in considerazione i propri valori di PH e KH già presenti in vasca e versare l’infuso con parsimonia, effettuando i test (rigorosamente a reagente per ottenere dei risultati ottimali) prima e dopo la somministrazione, fino a trovare la giusta quantità da utilizzare e senza creare squilibri in vasca, che andrebbero a compromettere la salute degli inquilini. Tutto ciò perchè l’infuso di foglie e pignette è un sistema naturale molto lento che abbassa il PH.

A seguito della procedura vista precedentemente, ho voluto effettuare un personale esperimento che non reputo necessario da fare, tantomeno lo reputo da consigliare, quindi è da ritenersi del tutto di libero arbitrio ma, in ogni caso, l’ho voluto condividere perchè, contrariamente, potrebbe esserci qualche utente interessato.

Dopo aver rimosso le foglie e le pignette, invece di cestinarle, inseriamole in un altro contenitore con altri due litri d’acqua d’osmosi inversa, e senza fare alcunchè chiudiamolo e riponiamolo in un luogo a nostro piacimento. Noteremo che, come illustrato nella foto che segue, nonostante le foglie e le pignette siano esauste a causa della bollitura precedente, dopo circa una settimana rilasceranno ancora dei tannini e otterremo altri due litri di infuso molto più blando ma sempre utile.

Infuso di foglie e pignete

Sperando che la guida possa essere di aiuto e di gradimento si augura un buon esperimento a tutti.

 

ATTENZIONE: 

Lo staff di acquariofili.com e l’autore dell’articolo non si ritengono responsabili dell’uso inappropriato delle suddette soluzioni ottenute dall’infusione.

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e dell’autore.

 

©www.acquariofili.com

 

Bonsai fai da te

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Per chi è appassionato di creazioni “homemade” del tutto uniche e particolari, che non richiamano il solito legno acquistabile in negozio, esistono tecniche di costruzione che è possibile mettere in pratica per avere qualcosa di unico e, soprattutto, originale.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

La tecnica che andremo a spiegare è utilizzata in particolar modo da Aquascapers indonesiani che hanno la fortuna di avere meravigliosi legni specifici ed adattabili.

Con un po’ di ingegno e dopo aver accuratamente scelto la giusta tipologia di legno che troviamo in natura e che può essere inserito in acquario (Legni per acquario raccolti in natura), questa tecnica si può mettere facilmente in pratica con l’ausilio di qualche piccolo attrezzo facilmente reperibile e di un Dremel munito di apposite punte.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Una volta scelto il legno e sanificato a dovere tramite ebollizione o infornatura a 180° per circa un’ora e mezza (dipende sempre dalla grandezza e spessore del legno, ma generalmente mai meno di un’ora per fare in modo che il tutto sia ben sterilizzato), procederemo con la scelta dei pezzi, sezionandolo in base alle nostre esigenze e a nostro piacimento.

Nel frattempo, con la parte del legno di scarto che stiamo lavorando, provvederemo a realizzare della segatura in polvere tramite attrezzo specifico con testina carteggiatrice, la stessa ci servirà poi per l’assemblaggio.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

A questo punto, tagliati i legni a dovere in base alla forma che dovremo dare al nostro arredo, andremo ad avvicinare le due estremità da incollare inserendo tra le stesse un pezzetto di carta da cucina tipo Scottex, che ci servirà a coprire eventuali punti vuoti, nonché a rafforzare la congiunzione.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Tenendo ben fermi i due legni con la carta nel mezzo, sopra la stessa andremo a buttare, aiutandoci con un cucchiaino, la segatura precedentemente ricavata e messa da parte. Dovremo abbondare in questa operazione, poiché sarà proprio questo passaggio il segreto della riuscita del lavoro.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Una volta ricoperto il pezzo di carta che fa da congiunzione con questa segatura, andremo a depositarvi sopra la colla Super Attak (quest’ultima va benissimo poiché composta da ciano acrilato che una volta ben asciutto, in vasca è assolutamente inerte) avendo l’accortezza di non starci sopra con occhi e naso poiché a quel punto, in un paio di secondi circa, si innescherà una reazione chimica con tanto di fumo scaturito dal contatto della colla con la segatura, che permetterà ai legni di incollarsi rapidamente con una presa perfetta e definitiva.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

A questo punto i nostri legni sono ben saldi e si potrà procedere con la stessa tecnica per tutti i punti che si vorranno congiungere per creare ciò che si preferisce.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Terminato il lavoro di Costruzione di bonsai e o arredi in roccia, per renderlo più naturale e meno spigoloso (perché in quei punti dove abbiamo fatto colare la colla, si crea una superficie molto solida con parti appuntite e pericolose per le pinne dei nostri pesci), è bene montare punte apposite sull’attrezzo da lavoro con le quali andremo a levigare e smussare i punti di congiunzione.

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Costruzione di bonsai e o arredi in roccia

Inserito in acqua, con questa tecnica, il nostro legno sembrerà reale, nei punti di congiunzione grazie alla segatura combinata con la colla il colore ottenuto si confonderà con quello del legno stesso, dando l’idea di un arredo del tutto naturale. Inoltre, la crescita del muschio che verrà applicato sopra, tenderà a nascondere le giunture e qualche eventuale piccola imperfezione.

Con la stessa tecnica è possibile realizzare componenti in roccia in stile hardscape, ovviamente con questo materiale non ci sarà bisogno di utilizzare punte specifiche o carteggiatrici in quanto le rocce non vanno lavorate, al massimo prima di iniziare potremmo romperle all’occorrenza per creare piccoli pezzi che poi andremo ad assemblare a nostro piacimento.

Costruzione di bonsai e o arredi in rocciaCostruzione di bonsai e o arredi in roccia

 

Si ringrazia Sonia Camilletti per la cortese collaborazione nella stesura della descrizione e per la concessione sull’utilizzo delle proprie foto.

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

©www.acquariofili.com

Riparo con noce di cocco

Riparo con noce di cocco

 

[dropcap]I[/dropcap]n questa guida verrà descritta, con qualche foto di alcuni passaggi, la tecnica studiata e messa in pratica dalla nostra amica Sonia Camilletti, per ottenere una tana o riparo con noce di cocco per pesci.

Sperando sia utile, si augura una buona lettura!

Per prima cosa munitevi di :

  • seghetto con denti fini (per intenderci quello che si usa per tagliare il ferro),
  • un martello con una estremità più stretta come quello in foto,
  • un cacciavite abbastanza grande con punta a “taglio” ed una spazzola di ferro

Riparo con noce di cocco

La realizzazione di un riparo con noce di cocco è un lavoro che va eseguito senza fretta e con molta pazienza poiché in questo modo riuscirete ad ottenere un risultato perfetto.

Posizionate la noce su un punto rigido ed iniziate a picchiare con la parte stretta del martello lungo una linea (volendo potete prima tracciarla con una matita) come se voleste spaccarla a metà nel mezzo.

[pullquote-right]Lungo tutta la circonferenza picchiate con colpi non troppo forti, ma decisi, questo passaggio serve per preparare ed indebolire la parte del cocco che volete che si rompa a cerchio perfetto.[/pullquote-right]

 

Poi prendete il seghetto e fate una linea di incisione lungo tutta la circonferenza sullo stesso punto in cui avete precedentemente battuto con il martello (bastano appena 2 millimetri di profondità, giusto che si veda un solco di riferimento).

Riparo con noce di cocco

Una volta terminata l’incisione, prendete il cacciavite a taglio, inseritelo in un punto a caso di questa incisione e date un colpo secco e deciso sopra con il martello. La noce di cocco si spaccherà seguendo la linea da voi precedentemente incisa con il seghetto e a quel punto non vi rimarrà che ripulire accuratamente le due parti dalla polpa staccandola pian piano con la punta di un coltello.

Riparo con noce di cocco

Spazzolate la parte esterna del cocco fino ad ottenere il legno ripulito e fatelo bollire per circa mezz’ora come si fa con qualsiasi legno prima di inserirlo in acquario.

Riparo con noce di cocco

 

 

La “porta” di ingresso la si può creare utilizzando un Dremel con le apposite punte-fresa.

 

 

 

Disegnate l’apertura a mano e iniziate a lavorarla con la punta specifica fino a staccare la parte superflua, e levigate i bordi con la punta carteggiatrice. Inoltre potrete creare sulla parte superiore o sul retro un altro piccolo foro per permettere il ricircolo dell’acqua all’interno della tana senza farla stagnare dentro.

A questo punto potete decidere se ricoprirlo incollando piccoli pezzetti di muschio che pian piano ricopriranno l’intera superficie, oppure piante epifite o semplicemente lasciarlo naturale.

Questo riparo o tana come la si vuole chiamare sicuramente sarà molto gradita dai nostri pinnuti non solo per ripararsi causa timidezza ma anche per nascondersi lontano da predatori ,inoltre son sicuro che la maggior parte utilizzerà questo rifugio per le loro riproduzioni visto che le uova saranno riparate dalla corrente ,dai predatori e facilmente controllabili .Mi riferisco ai locaridi e piccoli ciclidi.

Riparo con noce di cocco

I vostri pesci gradiranno sicuramente la loro nuova tana!.

 

Si ringrazia Sonia Camilletti per la cortese collaborazione nella stesura della descrizione e per aver concesso l’utilizzo delle foto

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

©www.acquariofili.com

Luci e riflessi

Luci e Riflessi

Luci e riflessi

Spesso leggo nel nostro gruppo facebook una domanda complessa e articolata:

Qual’è la lampada migliore o che ne dite della plafoniera XYZ?
Ognuno propone la sua esperienza. Naturalmente parliamo di Acquario Dolce piantumato.

Vorrei premettere che non sono un fisico, non sono un biologo, non sono un chimico, tantomeno una persona che per passati professionali abbia avuto modo di approfondire volente o nolente questi aspetti riguardante Luci e riflessi

Le mie conoscenze risalgono alla fisica e scienze naturali che ho studiato a scuola circa 50 anni fa.

Dunque, dopo svariate letture in giro, ma soprattutto nell’ambito del nostro gruppo, schede, consigli, pareri, suggerimenti/chiarimenti diretti con persone bellissime e disponibili, ho una vasca che mi sta soddisfacendo, era il regalo e sogno per la mia pensione.

Il tipo di lavoro che avevo non mi permetteva di gestire una vasca perché tutto quello che è vita “va gestito e seguito istante per istante”, sono del parere che la natura ti restituisce quello che gli dai e con gli interessi.

Risolto vari problemi, standardizzato e normalizzato la gestione, parametri chimici secondo protocollo, costanti, consumi costanti, pulizia accurata settimanale, acqua sempre limpida, i pesci non soffrono di malattie, vivono e si riproducono quelli che possono, ma ho le polverose poche ma fastidiose… e allora? … Ho focalizzato sulla luce (5300 lm/6500K) ?…  il mio sistema luminoso ha uno spettro troppo sbilanciato sul blu: ho un problema residuale da risolvere:  la giusta luce….devo cambiare, cosa metto, il meglio del meglio, quanto costa, ma cosa è il meglio del meglio?

Sin dall’inizio (4 anni fa) non capivo il nesso WATT elettrici/Litri: ma la luce non si misura in watt… dicevo tra me e me.

Notavo nei negozi di illuminazione che varie luci a parità di watt (riferiti alla corrente elettrica VxI per i cultori della fisica/matematica) mostravano diverse tonalità e luminosità: cioè l’illuminazione prodotta dipendeva dall’elemento utilizzato per trasformare l’energia elettrica in luminosa.

Comunque, nel mondo acquariofilia era in uso il rapporto watt/litri, e quindi, per quanto poco convinto, seguivo questo approccio.

L’argomento Luci e riflessi per me era ancora più confuso

Poi l’avvento sul mercato della tecnologia LED, certamente risparmio energetico, ha fatto inevitabilmente cambiare i parametri di riferimento  infatti si parlerà di Lumen, ecco mi son detto, finalmente una unità di misura che ha a che fare con la luce, sarà la volta buona … ma  ….

Riparto con la ricerca di informazioni e formazione, finalmente inizio a capire la differenza tra cosa vede l’occhio umano e cosa vedono le piante, ambedue abbiamo bisogno di luce, ma l’occhio umano vede una cosa, la pianta vede o ha bisogno di qualcosa leggermente differente.

Ho visitato siti che parlano di acquacultura (Investimenti produttivi per intenderci), visitato per turismo qualche giardino universitario in ambiente acquacultura (incluso EXPO di Milano). Ecco che la nebbia inizia a diradarsi: le luci diventano sulle tonalità del “viola”.

Mi informo e mi dicono che hanno accentuato i rossi e i blu e con l’aiuto di biologi e altre figure professionali hanno individuato il giusto equilibrio delle tonalità e intensità, perché la luce per essere fitostimolante deve avere uno spettro luminoso con un determinato equilibrio tra qualità dello spettro/intensità luminosa.

Bene riparte la ricerca, produttori led per acquariofilia….. ognuno propone il meglio, tutti parlano di Lumen e Kelvin, pochi di spettro e/o altre unità di misura.

Dopo un anno finalmente si iniziano a vedere anche gli spettri, forse grazie a noi acquariofili “pignoli e pedanti” che iniziamo a migliorare il nostro “Know How” e di conseguenza la nostra sete di conoscenza e quindi spingiamo i produttori ad una maggiore trasparenza circa le tecnologie utilizzate e la qualità intrinseca vera del prodotto offerto.

Riassumo qui di sotto qualche spettro luminoso, ho omesso marche e modelli, non sto facendo un discorso di marca e del meglio. Rappresentano un prodotto di una ditta europea, tre  prodotti di tre ditte italiane, un prodotto di una  ditta cinese.

Le ditte le ho selezionate dalle risposte che ho letto nel nostro gruppo. Se sul sito mancava l’informazione, ho scritto all’ufficio informazioni della ditta e mi hanno risposto.

Sono spettri riferiti a sistemi led offerti dai venditori per vasche sui 75 cm di lunghezza circa 100 litri lordi, i lumen variano da 5300 a 2700, Temperatura tutti 6500 K, i costi vanno da cifre umane (chips cinesi) a costi astronomici (chips OSRAM altamente performanti).

Luci e Riflessi Luci e Riflessi Luci e Riflessi
Luci e Riflessi Luci e Riflessi

E allora? Certo non chiederò anche io qual è la lampada migliore, a tale risposta tutti gli amici del nostro bel gruppo hanno detto la loro e vi garantisco che in tutti i casi la marca da loro suggerita è rappresentata qui di sopra.

La risposta vera è in quello che il caro amico Andrea Mantegna mi disse e che non colsi al volo (perdonami Andrea): il risultato dei tuoi sforzi dipende dal giusto equilibrio tra cosa hai in vasca e l’energia luminosa che fornisci e ricorda in vasca ti troverai sempre quello che ci metti.

Ci sono arrivato tardi, cosa ho in vasca? Tipi di piante? Piante che in natura vivono all’ombra o al sole, in qualche stagno europeo o in qualche risaia indonesiana o meglio ancora nell’ambiente amazzonico? La luce cambia sulla superficie della nostra amata terra in funzione della latitudine, dell’arco della giornata, delle stagioni, di conseguenza le piante si sono adattate ad parametri costanti e variazioni regolari nel tempo, oltre che di temperatura (ma non solo).

E allora cosa uso come illuminazione?  La risposta che ho trovato è sempre la stessa equilibrio, probabilmente meglio una lampada con spettro uniforme,  con un Lux che sia simile a quello che troveremmo nell’ambiente naturale in cui vivono le piante da noi scelte, se poi questo soddisfa anche il nostro occhio, ancora meglio. Non parlo di costi, nota dolente al quale ognuno di noi spero abbia il suo antidolorifico specifico.

Ma questo è il bello della nostra passione provare ogni giorno, provare spesso, rischiare anche, checchè se ne dica e quindi osservare la risposta della vasca condividendo risultati e delusioni. in conclusione perchè ho scelto il titolo luci e riflessi ?

 

La riflessione: la migliore luce è dentro di noi cioè avere ben chiaro cosa vogliamo,

Il miglior riflesso è quello che attraverso i nostri occhi ci rende felici per aver realizzato il nostro sogno.

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

 

Articolo scritto da Giovanni Vinci e impaginato da Marco Ferrara

 

©www.acquariofili.com

 

impianto osmosi

Acqua osmotica e impianto osmosi

Acqua osmotica e impianto osmosi


Acqua osmotica e impianto osmosi ,una buona acqua è la base per ogni acquario, qualsiasi sia la sua tipologia: di acqua marina o dolce, con piante o senza.

L’acqua osmotica, abbreviata anche RO (dall’inglese Reversed Osmosis) da cui prende il nome dal processo di filtrazione a cui viene sottoposta, è un elemento fondamentale che non deve mai mancare ad un acquariofilo.

Vediamola di seguito nello specifico.

 

In cosa differisce dall’acqua di rubinetto?

L’acqua che circola nei nostri impianti domestici è composta da H2O più svariati elementi disciolti in essa (Ca2+, Mg2+, Na+, K+, SiO2, NO3) e poiché deve poter essere potabile viene trattata con disinfettanti come l’ipoclorito di sodio. Tutti questi elementi, entro una quantità stabilita per legge (Dlgs 31/2001 e direttiva 98/83/CE), sono necessari per l’utilizzo umano e stabiliscono la conducibilità dell’acqua (o TDS, Total Dissolved Solids).

A differenza dell’acqua di rubinetto, questi elementi sono assenti ed avremo quindi una conducibilità teorica pari a 0µs/cm, sinonimo di ottima qualità della stessa.

 

Come si usa l’acqua osmotica in acquario?

L’acqua osmotica non deve essere mai utilizzata pura, fatta eccezione per due soli casi: rabbocchi e diluizioni.

Per essere introdotta nel nostro acquario l’acqua RO deve subire un processo di remineralizzazione ovvero dovremo aggiungere i sali (gli elementi chimici) che sono stati rimossi durante il processo di filtrazione per l’ottenimento della stessa.

Qui la domanda sorge spontanea: perché rimuoviamo questi sali se poi dobbiamo reintegrarli?

La risposta è semplicissima: con il processo di osmosi inversa si ha la rimozione dei sali disciolti ma anche della filtrazione di altri elementi potenzialmente tossici quali metalli pesanti, composti organici e pesticidi e con la successiva remineralizzazione si va ad aggiungere una miscela di sali bilanciati secondo le nostre esigenze per ottenere acqua di elevata qualità.

Questa operazione va eseguita durante la preparazione dell’acqua che servirà nei nostri cambi: rimuovo acqua con X valori ed aggiungo acqua con gli stessi per non alterare nulla, o con valori più alti per aumentare la concentrazione in acquario.

Come precedentemente accennato, andremo ad utilizzare l’acqua RO pura solo ed esclusivamente in due casi:

  • Rabbocchi: durante il processo di evaporazione diminuisce il volume all’interno del nostro acquario ma nel contempo aumenta la concentrazione salina, motivo per cui si noterà un innalzamento dei valori. Andando a rabboccare con acqua RO andremo a ripristinare il volume originario e la concentrazione di sali senza nessuna alterazione, diversamente se invece aggiungessimo acqua di rete, e quindi ricca di sali, andremmo ad aumentare la concentrazione.
  • Diluizione: se il nostro interesse è quello di ridurre la concentrazione dei sali disciolti nel nostro acquario, andremo ad effettuare un cambio rimuovendo parte del volume presente e sostituendola con acqua RO. Così facendo si avrà una riduzione di tutti i valori.

Questa operazione non sostituisce il normale processo per i cambi d’acqua.

Effettuare cambi con osmosi pura non significa introdurre acqua di qualità migliore: l’utilizzo di acqua RO riduce i carbonati KH (e GH in acquario dolce) presenti nel nostro acquario, i quali come noto influenzano anche il pH. Sbalzi eccessivi possono rivelarsi mortali, quindi non dovremo mai aumentare o diminuire il valore di KH di mezzo punto al giorno (massimo 2 punti in acquario dolce).

Dopo queste piccole premesse e dopo aver capito come e quando utilizzarla vediamo nello specifico il processo per la sua produzione.

 

In cosa consiste un impianto osmosi?

In un impianto per osmosi inversa l’acqua viene convogliata in una serie di prefiltri e successivamente ne viene forzato il passaggio in una membrana la quale, sfruttando la pressione indotta su di essa dal liquido, si libera di tutti i sali e/o sostanze organiche, batteri in essa contenuta e successivamente può essere ulteriormente convogliata in altri contenitori che mediante l’uso di apposite resine filtrano ulteriormente l’acqua.

 

Quante tipologie di impianto esistono?

Soltanto due. Esistono impianti in linea ed impianti a bicchieri la cui differenza consiste solo nella disposizione dei contenitori e delle prestazioni ma il procedimento di filtrazione è il medesimo.

impianto osmosi

 

 

Com’è costituito e come funziona un impianto osmosi?

Un impianto osmosi è un insieme totalmente personalizzabile ed ampliabile di diversi contenitori (detti stadi) dove sono contenuti materiali filtranti, membrana osmotica e resine post osmosi.

 

Vediamo di seguito nello specifico un impianto a bicchieri a 4 stadi:

  • Durante il primo step l’acqua scorre all’interno del filtro per i sedimenti dove viene trattenuto il particolato più grosso, solitamente questo filtro ha capacità filtrante di 10, 5, 3 o 1 µm.
  • Il secondo step avviene nel secondo stadio dove l’acqua viene filtrata in una cartuccia ai carboni attivi dove vengono adsorbiti ulteriori elementi. Fino a questo momento non si parla ancora di acqua osmotica poiché viene effettuata solo una sgrossatura delle scorie più grossolane
  • Il terzo step avviene nel vessel, ovvero il contenitore che ospita la membrana osmotica. Questa membrana è composta da un insieme di strati di pellicole che, sfruttando una determinata pressione di esercizio (solitamente compresa tra i 3,5bar minimi ai 10bar massimi), hanno il compito di filtrare ulteriormente l’acqua trattenendo scorie, pesticidi e metalli pesanti e lasciando passare solo l’acqua depurata. Da questo stadio l’acqua non depurata viene espulsa e scaricata dall’impianto, mentre la parte buona viene erogata o prosegue il processo di filtrazione.

Le membrane osmotiche non sono tutte uguali, oltre alle varie specifiche di esercizio e prestazioni dei vari costruttori, differiscono nella capacità produttiva. Le tipologie di membrana più diffuse per l’acquariofilia sono tre: 50, 70 o 100 GPD (Gallons Per Day) ovvero quanti litri di acqua osmotica riesce a produrre una membrana nell’arco delle 24h (1 gallone equivale a 3,785 litri).

  • Il quarto step avviene nelle resine post osmosi dove l’acqua filtrata dalla membrana subisce un ulteriore trattamento nelle resine prima di essere erogata. Le resine solitamente impiegate si dividono nelle seguenti tipologie:
    • Deionizzanti: attraverso l’uso di resine cationiche vengono prima scambiati ioni Ca2+ e Mg2+ presenti nell’acqua con gli ioni Na+ della resina e successivamente le resine anioniche per abbattere totalmente la salinità.
    • Antisilicati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i silicati (SiO2) presenti nell’acqua post filtrazione.
    • Antinitrati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i nitrati (NO3) presenti nell’acqua post filtrazione.
    • Antifosfati: solitamente installate quando le resine deionizzanti non riescono a rimuovere i fosfati (PO4) presenti nell’acqua post filtrazione.

Come abbiamo precedentemente detto, ogni impianto osmosi è totalmente personalizzabile, infatti è possibile aggiungere un numero infinito di stadi, filtri e prefiltri ed inoltre è possibile anche collegare più membrane in parallelo.

 

Quale impianto devo acquistare?

Prima di procedere all’acquisto di un impianto osmosi vanno valutati 3 aspetti: conducibilità in ingresso, pressione, richiesta d’acqua.

  • La conducibilità in ingresso della nostra acqua è l’elemento più importante da valutare poiché da questo fattore si determina il numero minimo di stadi che il nostro impianto dovrà avere. Questo dato è fornito per legge ed è possibile ritrovarlo nella bolletta della società incaricata della fornitura idrica o sul sito della stessa (di seguito un esempio) o del nostro comune di residenza.

  • Una volta in possesso di questo dato il calcolo è molto semplice:Omettendo i primi due stadi (sedimenti e carboni attivi) dove si effettua una prima filtrazione rimuovendo il particolato più grosso, la filtrazione vera e propria come detto precedentemente avviene nella membrana dove questa trattiene circa il 98% dei sali disciolti:

 

Esempio: Ipotizziamo di avere in ingresso acqua con una conducibilità di 520µs/cm (se il dato è fornito in come TDS, per la conversione basta dividere questo numero per 1,56 rispetto allo standard europeo, dividere per 2,00 per lo standard USA).

Come detto sopra, la membrana tratterrà circa il 98% del materiale disciolto (corrispondente in questo caso a 509,6µs/cm). Ciò significa che in uscita dalla membrana osmotica avremo una conducibilità pari a 10,4µs/cm.

Per l’uso in acqua dolce se il valore in uscita dalla membrana è compreso tra 0 e 20µs/cm avremo a disposizione acqua adatta per essere impiegata, mentre per valori superiori e per l’impiego per acqua marina dovremo procedere con la filtrazione aggiungendo stadi e resine post filtrazione.

Andremo quindi a calcolare almeno uno stadio caricato con resine deionizzanti tenendo conto che ogni stadio post filtrazione riesce ad abbattere valori massimi di 10/12µs/cm (valore che dipende dalla qualità e dalle specifiche delle resine).

Eventuali altri stadi vanno riempiti con resine mirate alle nostre esigenze: potrebbero essere sufficienti altre resine deionizzanti o potrebbe rivelarsi necessario l’impiego di antisilicati ad esempio.

    • La pressione è un altro dato fondamentale da valutare per il nostro impianto. Come accennato, le membrane hanno una pressione di esercizio che oscilla tra 3 ÷ 10 bar ed è fondamentale garantire questo valore poiché valori inferiori e/o superiori portano ad un danneggiamento della membrana da cui ne consegue una riduzione della qualità dell’acqua prodotta e ad una sensibile riduzione della sua vita, nel caso di pressione elevata anche ad esplosione della stessa.

 

Come comportarsi quando la pressione non è adeguata?

Se la pressione in ingresso non è sufficiente bisognerà installare una pompa booster collegandola dopo i prefiltri prima dell’ingresso nella membrana. Questa pompa si occuperà di garantire una pressione sufficiente per il nostro impianto e qualora la pressione fosse eccessiva, si procederà ad installare un pressostato di massima che limiterà la pressione evitando rotture.

  • La quantità di acqua a noi necessaria determina la membrana che dovremo andare ad installare nel nostro impianto tenendo conto che ad esempio una membrana da 100GPD produce più acqua di una 50GPD ma la conducibilità in uscita da quest’ultima sarà più bassa.

 

 

Quando devo sostituire i materiali filtranti?

Ogni casa produttrice di Acqua osmotica e impianto osmosi fornisce la durata media presunta dei propri materiali, in linea teorica solitamente filtro sedimenti, carboni attivi ed eventuali altri prefiltri hanno durata massima di 6 mesi, mentre la membrana osmotica ha un decadimento determinato dai litri prodotti (indicata dal produttore), mentre per le resine post osmosi è possibile verificarne l’usura mediante la misurazione con conduttivimetro direttamente sull’acqua prodotta oppure tramite il cambiamento cromatico qualora vengano impiegate resine a viraggio di colore.

È buona norma sostituire i materiali filtranti prima della loro completa usura al fine di avere sempre un’acqua di ottima qualità.

 

Come conservo il mio impianto quando non lo utilizzo?

Quando avremo terminato la nostra produzione andremo ad effettuare il lavaggio della membrana per qualche minuto aprendo l’apposita valvola e richiudendola una volta terminato il lavaggio. È importante svolgere questa operazione per preservare la nostra membrana ed è buona norma non lasciare MAI la membrana all’asciutto e ferma per più di due settimane poiché le sostanze contenute nell’acqua di rete potrebbero corroderla e quindi danneggiarla.

 

Per approfondimenti si consigliano anche i seguenti articoli:

 

 

 

E’ vietato copiare anche parzialmente questo articolo riguardante Acqua osmotica e impianto osmosi e relative immagini senza l’autorizzazione dello staff di acquariofili e del proprietario.

Articolo Acqua osmotica e impianto osmosi impaginato da Marco Ferrara

©www.acquariofili.com